Col nuovo documento di consultazione ARERA anticipa i principali cambiamenti previsti all’interno del prossimo Metodo Tariffario (MTI-3 agg): PNRR all’interno del Piano degli interventi, modifica della regolazione della Qualità Tecnica in un’ottica di incentivo alla digitalizzazione, costi per l’installazione e la lettura dei contatori divisionali, recepimento di alcune sentenze del Consiglio di Stato. Un metodo in continuità con gli anni precedenti e che lascia ancora alcune questioni in sospeso.
- I fondi del PNRR per migliorare il settore idrico italiano
All’inizio del passato mese di novembre, ARERA ha avviato la consultazione per l’aggiornamento dei criteri tariffari per il biennio 2022-2023 (DCO 489/2021/R/idr). Un’iniziativa importante anche per il momento storico in cui prende forma, viste le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze sociali della passata e, purtroppo per certi versi, ancora persistente emergenza sanitaria.
L’intervento dell’Autorità mostra la volontà di “sinergizzare” la regolazione con gli strumenti del Next Generation EU, che nella sua declinazione nazionale prevede anche le risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU), con la promozione di interventi finalizzati al miglioramento del settore idrico italiano. Il PNRR, com’è noto, si sviluppa su tre assi strategici condivisi: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Di questi, i primi due sono quelli che più direttamente investono il servizio idrico, caratterizzato ancora oggi da una “impronta” tecnologica e da una propensione all’innovazione limitate.
Nello specifico, le risorse che il PNRR assegna al servizio idrico, sono inquadrate nella Missione 2, rivoluzione verde e transizione ecologica, e ammontano a 4,38 miliardi di euro, destinati a:
- migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti (2 miliardi di euro);
- ridurre le perdite idriche attraverso distrettualizzazione e digitalizzazione delle reti (0,9 miliardi);
- adeguare le reti di fognatura e depurazione (0,6 miliardi);
- investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche (0,88 miliardi).
Sono interventi che dovranno trovare necessariamente trovare spazio all’interno dell’aggiornamento del Programmi degli Interventi e del Piano delle Opere Strategiche e che si tradurranno in un volume di investimenti aggiuntivi diretti al contenimento delle perdite, alla mappatura dei flussi, alla realizzazione di sistemi di georeferenziazione delle reti di acquedotto e degli allacci, con interventi massicci di digitalizzazione delle reti. Alcuni operatori del servizio idrico potrebbero dunque rivedere al rialzo gli investimenti pianificati, modificando il loro posizionamento nella matrice degli Schemi Regolatori.
2. Gli effetti della giustizia amministrativa
Sono passati dieci anni dall’affidamento del mandato ad ARERA per la regolazione del servizio idrico integrato. Attraverso i diversi metodi tariffari intercorsi in questo arco temporale, la regolazione nazionale ha vissuto una progressiva evoluzione e un “aggiustamento”, in ragione del mutamento del contesto di riferimento sia delle pronunce della giustizia amministrativa. Nell’ultimo biennio numerosi sono stati gli interventi del Consiglio di Stato che si è espresso su alcuni aspetti del metodo tariffario e che dunque necessitano di un correttivo, e del riconoscimento ex post di alcune partite di costo, con conseguenti conguagli. Lasciando ogni approfondimento al Position Paper n. 199, vi sono stati aspetti che, più di altri, sono stati maggiormente interessati da sentenze della giustizia amministrativa. Tra questi vi sono:
- la remunerazione del capitale circolante netto (CCN) nell’ambito della determinazione del costo del capitale
- il riconoscimento in tariffa degli oneri fiscali a valere sul Fondo nuovi investimenti (FoNI)
- il trattamento dei costi per variazioni sistemiche ed eventi eccezionali che nel MTT venivano riconosciuti nei limiti della differenza tra i costi operativi riscontrati nel bilancio di esercizio e la componente tariffaria Opex
- i conguagli e nello specifico sulla componente relativa ai volumi
- il calcolo della remunerazione del capitale da restituire agli utenti a seguito degli esiti referendari del giugno 2011.
Dalla proposta di ARERA emerge un aspetto di delicatezza riguardo alle conseguenze di tali sentenze nel momento in cui introduce la facoltà e non l’obbligo in capo agli EGA di procedere alla quantificazione delle partite di conguaglio. Alla luce delle sentenze dei giudici, infatti, gli EGA non dovrebbero disporre di alcun tipo di discrezionalità in merito, ma adeguarsi riconoscendo queste componenti di costo in tariffa così come indicato da ARERA.
3. I costi operativi e la questione “energia”
ARERA conferma anche l’impianto dei costi endogeni (Opexend) previsto all’interno del MTI-3, anche rispetto al meccanismo di efficientamento secondo cui una parte dei risparmi di costo registrati dal gestore è “restituita” al sistema (si veda Position Paper n. 188). Il Documento di consultazione non esplicita il nuovo anno di riferimento per il calcolo delle misure di efficientamento, ma stabilisce la destinazione delle risorse eventualmente recuperate. L’eventuale decurtazione dei costi operativi endogeni è solo apparentemente “restituita” all’utenza, in quanto a fronte di una tariffa che cresce meno, è prevista la valorizzazione di una componente perequativa che andrà ad alimentare un “Fondo per la promozione dell’innovazione nel servizio idrico integrato”, da istituire sempre presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA).
Si tratta di un passaggio innovativo per la regolazione del servizio idrico, in quanto tale meccanismo rappresenta il primo strumento introdotto da ARERA per promuovere l’innovazione tecnologica nel settore, sancendo un legame diretto tra innovazione ed efficienza.
La definizione dei criteri di utilizzo e le modalità di gestione del Fondo sono rinviati al successivo MTI-4, nell’ambito del quale è attesa l’introduzione di una regolazione per esperimenti (si veda Position Paper n. 181).
Per quanto riguarda i costi esogeni, merita infine una riflessione il tema dell’energia elettrica e dell’impatto sul costo medio di settore almeno per il prossimo anno. Ci si aspetta dunque che nel 2022 si apra una “forbice” tra i costi riconosciuti in tariffa 2022, valorizzati a partire dai dati di bilancio 2020, e i costi effettivi che i gestori si troveranno a sostenere. Uno scostamento significativo che si stima in circa 385 milioni di euro a livello di sistema idrico e che rischia di abbattersi sulla redditività delle gestioni, comprimendone la generazione di cassa. Vista l’eccezionalità e al tempo stesso la portata del fenomeno, che andrebbe a pesare verosimilmente in misura maggiore sulle gestioni minori, sembra auspicabile l’introduzione di meccanismi di “gradualità”: ad esempio, concedendo la possibilità per gli EGA di anticipare i conguagli 2024, seppur sulla base di stime, andando a compensare almeno in parte i conguagli negativi del 2022.
L’aumento dei prezzi dell’energia che si è registrato riporta dunque l’attenzione sull’importanza dell’efficientamento energetico, da un lato, e sulla gestione del “rischio prezzo”, dall’altro.
4. I possibili interventi sui costi di capitale
Una delle misure più attese nell’ambito dell’aggiornamento è quello relativo alla valorizzazione dei parametri necessari al calcolo degli oneri finanziari e fiscali, fermo restando il meccanismo già “collaudato” sin dall’inizio della regolazione, che prevede di riconoscere in tariffa i costi di capitale con un ritardo temporale di due anni.
Nell’aggiornamento dei parametri, il regolatore ha dovuto tenere conto della crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria, che ha causato una contrazione della liquidità per via dei mancati incassi, e un conseguente maggiore ricorso al debito. L’intervallo minimo-massimoposto da ARERA in consultazione per alcuni parametri cerca di compenetrare sia il maggiore rischio legato alla fase di incertezza non ancora conclusa sia il desiderio di non abbattere eccessivamente il costo del capitale reperito da terzi, in un’ottica di mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione.
In sintesi, si osserva una chiara tendenza alla riduzione dei costi di capitale riconosciuti rispetto al primo biennio 2020-2021 in quanto i valori correnti sono vicini al valore massimo dell’intervallo posto in consultazione per il secondo semi-periodo: considerando che con ogni probabilità la scelta ricadrà sui valori medi dell’intervallo in consultazione, è assai probabile un ridimensionamento di quasi mezzo punto percentuale della componente di oneri finanziari e fiscali.
Più nello specifico, i valori che dovrebbero subire un ridimensionamento sono quelli del Water Risk Premium (WRP), che riflette il rischio specifico del settore, che scenderebbe dall’1,70% all’1,60% (valore medio), e del parametro Kd che misura il rendimento di riferimento delle immobilizzazioni, che registrerebbe una contrazione all’1,97% (valore medio) dal 2,77% del biennio 2020-2021.
5. Misurare i consumi d’acqua
Tra gli aspetti di novità proposti da ARERA vi sono i costi per interventi volti all’individualizzazione della misura dei consumi di acqua. Un intervento che si inserirebbe nel solco dei recenti provvedimenti a livello comunitario, come la Direttiva Europea 2020/2184/UE, che spingono gli Stati membri a migliorare la trasparenza del rapporto tra utente e gestore e a rendere i consumatori più consapevoli rispetto al consumo di acqua, e quindi a contribuire attivamente alla conservazione e al risparmio della risorsa.
La misurazione dei consumi rappresenta dunque uno strumento indispensabile, peraltro già da tempo previsto e promosso dal Codice dell’Ambiente che richiamava l’importanza di prevedere “contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano”.
A distanza di anni, il tema della misura si conferma un problema irrisolto. Se infatti è sancito dal DPCM del 4 marzo 1996 che la misurazione dei volumi consegnati all’utente deve effettuarsi al punto di consegna, mediante contatori rispondenti ai requisiti imposti dalla normativa statale, aspetti di maggiore delicatezza emergono nella misurazione dei consumi condominiali (si veda Position Paper n. 125). Laddove non esistano strumenti di individualizzazione della fornitura, i consumi delle utenze condominiali sono suddivisi “a valle del misuratore”, generalmente grazie a ripartitori divisionali, privi di valenza fiscale e in quanto tali non utilizzabili ai fini della fatturazione. Nella generalità dei casi la ripartizione della bolletta condominiale avviene sulla base del numero di componenti i nuclei familiari o semplicemente dei millesimi, criteri chiaramente non in linea con il principio “chi inquina paga”.
Il tema della misurazione delle utenze condominiali è finalmente entrato a pieno titolo nell’agenda del regolatore che nel Quadro Strategico 2022-2025 ha previsto l’adozione di nuove misure destinate alla semplificazione e razionalizzazione delle strutture dei corrispettivi, in funzione delle modalità con cui verranno misurati i consumi delle singole unità immobiliari sottese alle utenze condominiali.
Il Documento propone di estendere il campo di azione della componente Opmis, alla copertura dei costi per l’individualizzazione delle forniture o l’istallazione di contatori divisionali e agli incentivi all’utenza.
6. L’annoso tema delle perdite idriche
La regolazione è chiamata a rivedere anche la definizione di un indicatore di performance relativo alle perdite idriche, e nello specifico l’algoritmo di calcolo dell’indicatore M1a che nell’attuale impostazione misura le perdite idriche giornaliere per chilometro di rete, e che non tiene conto dell’estensione degli allacci all’utenza (ovvero del cosiddetto “ultimo miglio”). Una modalità di calcolo criticata da diversi operatori del settore in quanto tende a sovrastimare il reale valore delle perdite lineari, in particolare nei contesti territoriali ad elevata presenza di allacci esterni al perimetro del servizio idrico, ovvero esterni alla competenza del gestore.
Sulle criticità relative a questo indicatore si è recentemente espresso il Consiglio di Stato in esito al ricorso di un operatore: dunque l’aggiornamento della metodologia tariffaria per il secondo semi-periodo 2022-2023 offre l’occasione per rivederne il calcolo. La proposta di ARERA va nella direzione di correggere l’indicatore con una formula parametrica che tiene conto anche dell’estensione dell’ultimo miglio, in proporzione alla lunghezza della rete di distribuzione principale.
Un elemento questo che renderà indispensabile per i gestori disporre di misurazioni puntuali e georeferenziate delle condotte di adduzione per una corretta valorizzazione dell’indicatore rafforzando la propensione dei gestori ad investire in interventi finalizzati a migliorare qualità e quantità delle misurazioni disponibili.
7. Gli effetti della pandemia
Da non dimenticare, infine, gli effetti sociali della pandemia da COVID-19, con i gestori a fare i conti con un crescente livello di morosità da parte degli utenti, legato alla ridotta capacità di spesa di molte fasce della popolazione che hanno perso il lavoro o hanno usufruito dei sussidi statali; in più, i gestori si sono trovati alle prese con maggiori oneri derivanti dall’approvvigionamento di materiale sanitario, come disinfettanti e mascherine, e l’implementazione di alcuni servizi, come l’igienizzazione degli ambienti di lavoro. Le problematiche sono state gestite dall’Autorità all’interno della delibera 235/2020/R/idr con l’introduzione di alcuni strumenti regolatori validi nella tariffa 2020 (la componente Codil e quella OpCOVID).
La novità prevista nel Documento, seppur per certi versi prevedibile, riguarda la possibilità di rendicontare a consuntivo costi relativi all’emergenza sanitaria sostenuti nel 2021 che saranno riconosciuti sulla tariffa 2023 tramite la voce di conguaglio relativa alle variazioni sistemiche. Oltre a ciò, ARERA si è interrogata ed ha quindi posto in consultazione un quesito sull’opportunità di prevedere un innalzamento del tasso di morosità standard riconosciuto in tariffa.
Quale conclusione, dunque? Come ci si attendeva, le proposte di aggiornamento del MTI-3 fornite dal regolatore non vanno a stravolgere l’impianto originario ma si limitano a recepire alcuni fattori esogeni, lasciando intravedere lo spazio per interventi ben più incisivi in vista del MTI-4.
Per approfondire
Il biennio 2022-2023 per il servizio idrico: verso l’aggiornamento del metodo tariffario, Position Paper n. 199 – Laboratorio REF, dicembre 2021