L’innovazione costituisce il fattore chiave per sostenere soluzioni tecniche e gestionali utili al conseguimento di obiettivi di qualità del servizio e di sostenibilità: qualità tecnica e contrattuale, decarbonizzazione, sviluppo dell’economia circolare, capacità degli ecosistemi acquatici di autorigenerarsi e adattamento ai rischi connessi al cambiamento climatico sono alcuni di essi. Nel settore idrico la regolazione può svolgere un ruolo importante di stimolo.

Ripreso da Staffetta Acqua

L’innovazione del settore idrico? Una spinta può arrivare dalla Regolazione

Senza innovazione non ci resterebbe che la riproposizione di quanto già noto, un’eterna routine al riparo dal cambiamento con scarsa possibilità di creare progresso o ricchezza. È grazie all’innovazione che si sviluppano quelle nuove tecnologie e quei nuovi modelli organizzativi che permettono di accrescere la produttività, generando efficienza, ottimizzando l’allocazione delle risorse, applicando quanto già si conosce a contesti differenti.

Non è un caso che un economista come Joseph Schumpeter considerasse l’imprenditore “la variabile che scuote il sistema economico e mette in moto l’innovazione” o che, ancora oggi, tra gli indicatori dello stato di salute di un sistema produttivo vi sia anche la propensione all’innovazione delle aziende. Con una netta differenza tra passato e presente: oggi è impensabile immaginare che i vantaggi generati dall’innovazione prescindano dagli obiettivi di sostenibilità ambientale. Una riflessione ancor più vera quando si prende in considerazione un ambito come quello del servizio idrico, chiamato a tenersi in equilibrio tra il compito di fornire una risorsa – l’acqua – indispensabile per ogni attività umana e la tutela della stessa, già resa scarsa e spesso inquinata a causa dei cambiamenti climatici e dell’azione umana.

Eppure i dati statistici[1] raccontano una realtà differente. Tra le aziende meno propense a innovare vi sono proprio quelle del servizio idrico, insieme alle imprese di gestione rifiuti, del comparto energy e di quello estrattivo.

Le ragioni o – come si dice – le “barriere” che causano questa bassa spinta all’innovazione possono essere riassunte in cinque punti, alcuni dei quali in comune con altri ambiti produttivi, altri più specifici. Un potente freno è, senza dubbio, la tendenza a replicare quello che già si fa, preferendo il comfort del già noto piuttosto che il rischio che si corre sperimentando qualcosa di nuovo. Una seconda causa va ricercata nella mancanza di incentivi ad innovare, magari – siamo alla terza – generata da un management restio all’innovazione. Il quarto motivo sta nell’assenza di chiarezza sugli obiettivi e il quinto nell’incapacità di capire e applicare le nuove tecnologie, che dell’innovazione sono le concrete espressioni. 

A ogni “barriera” corrisponde, tuttavia, un fattore abilitante che, se messo in pratica, consente di superare gli ostacoli. Per esempio, è utile promuovere la sperimentazione e l’assunzione di rischi controllati, favorire accordi e processi tesi a stimolare la collaborazione nel lavoro, spingere per una cultura dell’apprendimento, avere un’industria che sappia generare capacità tecniche e disporre di fondi che finanzino la formazione.

Un altro fattore abilitante, fortemente specifico per il settore idrico, riguarda il ruolo del Regolatore. Se da un lato la regolazione può costituire una barriera all’innovazione, soprattutto se eccessivamente gravosa o lenta ad adattarsi all’evoluzione del settore, dall’altra può ricoprire un ruolo attivo nella “spinta”. E l’Authority italiana ha spesso ribadito l’importanza dell’innovazione nel settore idrico, vincolando il progresso dello stesso “con gli obiettivi di sviluppo dell’economia circolare, di mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità, indizio di una crisi climatica globale ormai incombente” (ARERA, DCO 139-19).

In questo senso, gli incentivi all’innovazione da parte del regolatore, in un contesto caratterizzato da molte sfide e in presenza di conoscenze e capacità tecnologiche ed organizzative evolute, diventano un obiettivo per orientare il settore regolato al soddisfacimento delle aspettative degli utenti.

Per Fondazione Nesta, sono tre gli approcci che la regolazione può adottare e che si differenziano in base agli obiettivi che si desidera raggiungere ed al coinvolgimento degli stakeholder. Primo, consultivo: il regolatore informa, guida ed agevola gli operatori nell’adozione di nuovi prodotti o servizi all’interno del settore a regolazione esistente. È proprio delle cosiddette innovation hub che rappresentano un luogo di incontro istituzionale senza un coinvolgimento diretto nello sviluppo della tecnologia.

Secondo, adattivo: il regolatore è anche coinvolto nello sviluppo e nel test dell’innovazione prospettata spingendosi anche a valutarne il valore/interesse pubblico. Riguarda più gli incubators, luoghi in cui le autorità di regolazione sono direttamente coinvolte nello sviluppo e nella sperimentazione del progetto, anche tramite forme di partnership e cofinanziamenti.

Terzo, proattivo: un approccio volto ad approfondire gli impatti delle tecnologie emergenti ed esaminare le connesse necessità di adeguamento della regolazione. In questo approccio il regolatore è coinvolto anche con una propria attività diretta di ricerca.

All’approccio adattivo e proattivo appartengono le due fattispecie di regolazione dell’innovazione denominate Sandbox e Testbed. Soffermiamoci su queste ultime. La sandbox regulation si può definire come una sorta di “area protetta” all’interno della regolazione esistente in cui testare idee innovative (prodotti, servizi, modelli di business) all’interno di priorità e bisogni già definiti. Essa si caratterizza per la presenza di deroghe alla regolazione per un limitato periodo di tempo e la contestuale definizione di attività di monitoraggio. Solitamente nasce da un percorso di tipo bottom-up, per cui l’idea da testare viene proposta dall’attuatore. Tra i vantaggi che la sandbox offre alle aziende che ne fanno parte c’è la possibilità di ridurre i costi di compliance connesse alla possibilità di godere di deroghe alla regolazione e di ottenere consigli e orientamenti dal regolatore in merito alle modalità di applicazione del quadro regolatorio attuale.

Dal punto di vista dei regolatori le sandbox consentono di analizzare più da vicino il progetto innovativo e raccogliere informazioni utili per un successivo ampliamento nella disciplina della regolazione nel caso si verifichino le condizioni per una estensione all’intero settore. Per tutelare i consumatori e la stabilità del settore, le sandboxes sono soggette a restrizioni sia sul numero e tipo dei soggetti da coinvolgere sia sulla durata della fase di sperimentazione.

I testbeds si configurano più come “programmi” speciali per accedere ad ambienti reali o virtuali in cui è prevista anche l’assegnazione di fondi di finanziamento. Per la gestione dei testbeds vengono spesso costituite agenzie dedicate.

In Italia, esistono già applicazioni delle regulatory sandboxes sia nel settore bancario per la promozione del Fintech[2] che nel settore della distribuzione di energia elettrica per la continuità del servizio.

Come, dunque, si sta muovendo l’Autorità? Nel settore dell’energia elettrica, ARERA ha già istituito un meccanismo di esperimenti regolatori[3] con un approccio di tipo adattivo che si richiama, per l’appunto, a quello delle sandbox.

La regolazione per esperimenti nella distribuzione di energia elettrica è mirata al raggiungimento di un preciso obiettivo che è quello del miglioramento della continuità del servizio in aree critiche favorendo lo sviluppo di soluzioni innovative, sia dal punto di vista tecnologico che da quello regolatorio.

Attraverso l’introduzione della regolazione per esperimenti, l’Autorità si è data l’ulteriore obiettivo di affrontare e superare possibili criticità nell’applicazione del framework regolatorio “ordinario”, basato su un meccanismo di premi e penalità, il quale potrebbe non stimolare sufficientemente le imprese distributrici al miglioramento degli indicatori di continuità. Alle imprese è chiesto quindi di presentare anche proposte di sperimentazione di nuove forme di regolazione.

La partecipazione agli esperimenti regolatori avviene su base volontaria attraverso la presentazione da parte dell’impresa distributrice di una richiesta di partecipazione contenente informazioni sul perimetro della sperimentazione. Quest’ultimo è costituito dal perimetro “principale” della sperimentazione e da un eventuale perimetro “secondario”. Il primo è individuato come l’ambito territoriale (o un aggregato di ambiti territoriali) avente numero di interruzioni e durata delle interruzioni superiori ai livelli obiettivo applicabili dalla regolazione ARERA. L’impresa distributrice ha inoltre la facoltà di includere nell’esperimento regolatorio anche ulteriori ambiti territoriali con livelli inferiori a quello obiettivo (il cosiddetto “perimetro secondario della sperimentazione”) purché dimostri che tali ambiti possono effettivamente beneficiare delle soluzioni che verranno sperimentate e che la loro inclusione risulti funzionale alla buona riuscita dell’esperimento stesso (per approfondire rimandiamo al nostro ultimo Position Paper La Regolazione per esperimenti: il varco per l’innovazione nel settore idrico, n. 181, giugno 2021).

Se invece si vuole avere un’esperienza incentrata sull’idrico bisogna andare Oltremanica e osservare quanto fatto da un soggetto piuttosto dinamico come OFWAT, regolatore per Inghilterra e Galles. Nella più recente revisione tariffaria (PR19), esso ha previsto strumenti di promozione dell’innovazione (ad esempio fissando obiettivi sfidanti come emissioni zero entro il 2030, e promuovendo lo sviluppo di mercati per le bio-risorse) che ha recentemente accompagnato con due ulteriori misure. Quella della costituzione di un fondo specifico per l’innovazione e quella della costituzione di uno sportello unico all’interno di OFWAT (one-stop-shop) che fornisce informazioni e suggerimenti ai soggetti interessati ad introdurre innovazione nel settore. Relativamente al fondo, dal 2021 sono stati previsti due bandi a cui possono partecipare i gestori idrici in collaborazione con altri soggetti.

Con il primo bando, “Innovation in Water Challenge (IWC)”, aperto per un periodo di sei settimane, è stato stanziato un fondo di 2 milioni di sterline (circa 2,3 milioni di euro). Ogni singola offerta poteva ambire ad un importo tra le 50 mila e le 250 mila sterline allo scopo di arrivare ad assegnare circa 10-15 quote di ammontare variabile in funzione dell’importanza del progetto. Le offerte sono state esaminate da una commissione giudicante indipendente costituita da OFWAT e composta da esperti del settore idrico e dell’innovazione.

OFWAT ha, inoltre, previsto un ulteriore fondo chiamato “Main Competition”, avviato ad inizio maggio 2021 con la competizione denominata “The Water Breakthrough Challenge”.  A differenza del primo, il “Main Competition” avrà in dotazione ben 40 milioni di sterline con il quale il regolatore prevede di finanziare singoli progetti dal valore minimo di 1 milione ad uno massimo di 10 milioni di sterline. Rispetto all’Innovation in Water Challenge, si tratta di progetti su larga scala che possano fornire un impatto significativo e tangibile verso una o più esigenze per gli utenti, le comunità e l’ambiente.

Torniamo ora alle nostre latitudini e guardiamo ancora ad ARERA. Benché la regolazione abbia promosso una evoluzione del settore idrico verso assetti industriali, è la stessa Autorità a segnalare “l’esigenza di indirizzare con maggiore efficacia le risorse disponibili (sia private – provenienti dalla tariffa – che pubbliche) verso il superamento delle carenze infrastrutturali che maggiormente ostacolano l’efficiente erogazione del servizio” (DCO ARERA 139-19). Nel Quadro strategico 2019-2021, l’Authority ha indicato il sostegno “all’innovazione con sperimentazioni e ricerca” quale obiettivo strategico da raggiungere attraverso l’individuazione di meccanismi di “stimolo” alle innovazioni di processo e di tecnologia.

Alla luce dell’esperienza inglese e di quella già presente per il caso della distribuzione elettrica, per il settore idrico si potrebbe valutare l’adozione di una regolazione per esperimenti accompagnata dall’assegnazione di un fondo di finanziamento all’innovazione, inserita all’interno di un progetto più ampio di riassetto della struttura degli incentivi al raggiungimento degli obiettivi.

Attualmente, nel quadro della regolazione del Servizio Idrico Integrato, tre sono i framework portanti per la pianificazione degli investimenti e il miglioramento della qualità del servizio: la regolazione della qualità tecnica (RQTI), la regolazione della qualità contrattuale (RQSII) e la regolazione relativa agli aggiornamenti tariffari (MTI3). L’impianto regolatorio contiene già alcuni incentivi indiretti all’innovazione, per esempio attraverso l’adozione di soluzioni gestionali e tecnologiche che vadano nella direzione di:

  • conseguire una riduzione dei consumi di energia elettrica potendo trattenere una parte del risparmio effettivo di costo della fornitura;
  • raggiungere gli standard di qualità tecnica e contrattuale in un’ottica output based, con un meccanismo di premi e penalità (abbiamo approfondito il tema qui);
  • sviluppare attività legate ad obiettivi di sostenibilità energetica ed ambientale senza l’assunzione di rischi legati alla copertura finanziaria dell’investimento, trattenendo gran parte della marginalità derivante da tali attività (75% del primo margine).

Tuttavia, dove le principali “barriere” all’innovazione sono l’inadeguatezza degli indicatori della qualità del servizio e la scarsa chiarezza dei benefici conseguibili dalle gestioni, la regolazione potrebbe andare verso la predisposizione di un “menu regolatorio” che integri gli attuali obiettivi di qualità del servizio con altri indicatori di performance legati a strategie di economia circolare. Si pensi alla recente introduzione del “recupero di energia – elettrica e termica – e di materie prime mediante impianti o specifici trattamenti integrati nelle infrastrutture idriche, nonché la diffusione di energia da fonti rinnovabili per l’alimentazione degli impianti del servizio idrico integrato”. In questo senso, si potrebbe suggerire un elenco di interventi qualificanti che dovrebbero ricadere in questa tipologia, in modo da eliminare ogni incertezza sulle azioni da intraprendere, in particolare in sede di programmazione degli investimenti.

La regolazione, quindi, deve porsi l’obiettivo di abbattere le barriere che limitano la ricerca, lo sviluppo e la diffusione di progetti innovativi, creando un contesto fertile affinché essi emergano, se ne discuta, si sperimentino e si diffondano. La promozione dell’innovazione può essere sostenuta ricorrendo a strumenti quali la ricognizione delle tecniche esistenti e la diffusione delle informazioni, l’introduzione di esperimenti regolatori, l’assegnazione di fondi a supporto degli investimenti innovativi e la previsione di standard mirati sull’economica circolare in modo da indirizzare le innovazioni tecnologiche, in particolare, alla mitigazione degli impatti ambientali.

In questo quadro, la regolazione per esperimenti può rappresentare un trampolino per coinvolgere tutti gli stakeholder interessati a contribuire al progresso del settore.

Un paradigma che non si sostituisce all’attuale quadro regolatorio ma va ad integrarlo, in un’ottica di complementarità. ARERA assume un ruolo attivo, con il supporto degli EGA, rivolto a promuovere il testing dell’innovazione per valutarne l’efficienza ed incentivarne la diffusione.

A fronte di una lista di opzioni regolatorie, gli operatori che innovano potrebbero godere di un temporaneo ammorbidimento degli obiettivi del regime ordinario a fronte dell’impegno a portare a termine il progetto di innovazione assicurando i benefici promessi. La regolazione per esperimenti potrebbe permettere l’adozione di un percorso di miglioramento di obiettivi di qualità del servizio, identificabili non solo tra gli indicatori attuali della qualità tecnica e contrattuale ma anche in nuovi obiettivi complementari, che tengano conto delle specificità del contesto in cui i gestori operano. In questo senso, si potrebbe pensare anche alla promozione di cluster territoriali di innovazione con caratteristiche omogenee (es. densità abitativa, orografia, eccetera).

Non solo. Una regolazione così concepita potrebbe incentivare anche nuovi modelli di collaborazione tra gestori e fornitori di tecnologie, al fine di testare non solo la viabilità dell’innovazione di prodotto/servizio in sé ma anche il ruolo degli attori lungo la catena del valore. Un aspetto questo che, qualora opportunamente sostenuto da un coerente quadro legislativo, sosterrebbe il consolidamento di una filiera nazionale di fornitura strutturata e robusta.


[1] ISTAT, Annuario Statistico Italiano 2020, Capitolo 21, “Ricerca, innovazione e tecnologia dell’informazione”.

[2] L’art.36 della legge n. 58/2019, il legislatore ha previsto il regulatory sandbox e istituito il Comitato Fintech

[3] L’art. 27 bis del “Testo integrato della regolazione output-based dei servizi di distribuzione e misura dell’energia elettrica – Periodo di regolazione 2016-2023” TIQE reso operativo con la determina DIEU 27 marzo 2020, n. 6/2020 e in vigore dal 1° gennaio 2020.