In attesa dell’aggiornamento del nuovo Metodo Tariffario (MTI-3 agg), la fotografia scattata sul comparto idrico mostra un settore in piena trasformazione, che oscilla tra un forte fabbisogno di investimenti e il contenimento dei costi operativi in una logica di efficienza. In questo senso, il tema della sostenibilità introdotto con l’ultimo metodo tariffario entra a gamba tesa nella gestione, contribuendo in maniera determinante allo sviluppo del servizio.

Efficienza gestionale al sostegno degli investimenti, controllo sulla realizzazione delle opere, volontà di superare il cosiddetto Water Service Divide che separa Nord e Sud Italia, ma anche forte impulso nell’adozione di politiche sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale in una logica sempre più “circolare”. Queste le direttrici della deliberazione 580/2019/R/idr o nuovo metodo tariffario (MTI-3) che l’ARERA ha stabilito per il settore idrico, nel quadriennio 2020-2023 (si veda Paper n. 134).

Oggi, arrivati a quasi metà del periodo regolatorio è possibile tracciare un bilancio degli obiettivi raggiunti, quelli ancora da centrare e di quanto è stato modificato in corso d’opera per fare fronte a circostanze non prevedibili come quelle derivanti dalla pandemia da Covid-19.

Sulla base dei dati disponibili, noi del Laboratorio SPL abbiamo analizzato i numeri riguardanti 81 gestioni, rappresentative del 59% della popolazione italiana totale e da cui sono emerse interessanti indicazioni.

La prima riguarda l’elevato fabbisogno di investimenti del sistema idrico. Ciò significa una predominanza di gestioni collocabili nei quadranti tariffari caratterizzati da un livello di investimenti programmati superiori al 50% all’attuale valore della cosiddetta Regulary Asset Base o RAB. Un segnale che dimostra la “sete” di investimenti del settore e la crescente attenzione dei gestori (e  dei regolatori locali tramite la pianificazione) al miglioramento della qualità del servizio.

Una seconda interessante evidenza riguarda la spinta alla razionalizzazione e alla creazione di operatori industriali di significative dimensioni che sembra essere finalmente in atto, dal momento che un buon numero di gestioni (31) e buona parte della popolazione (40%) è interessata da fenomeni di aggregazione territoriale e da variazioni di processo. Anche in questo caso il risvolto tariffario è un vincolo meno stringente alla variazione annuale della tariffa, proprio per favorire i processi di industrializzazione che potrà essere incoraggiata e addirittura accelerata dalle risorse derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).  Un’occasione per “saldare” alcuni conti in sospeso quali: la necessità di velocizzare i tempi di realizzazione delle opere idriche, di attuare interventi infrastrutturali significativi e di digitalizzare il settore.

A quanto appena raccontato si aggiunge un’altra importante fetta di gestioni (31) e di popolazione (35%) che registrano un livello pro capite dei costi, esaminati globalmente in una logica che considera tutti i costi del servizio, compresi quelli di capitale (TOTEX), superiore al valore standard, fissato da ARERA a 149 euro/abitante. Ciò si presta a una duplice interpretazione: se da un lato suggerisce la necessità di un efficientamento dei costi operativi, dall’altro è segnale di realtà mature in cui il contributo alla crescita della tariffa sarà sempre più riconducibile ai costi di capitale.

Inoltre, terzo, concentrando l’attenzione sul tema degli investimenti programmati, il dettaglio annuale mostra un valore più contenuto nel 2020, effetto anche della pandemia che ha inevitabilmente rallentato l’attività di cantierizzazione degli interventi, e un salto al valore di 68 euro/pro capite confermato anche negli anni successivi che determina un incremento significativo rispetto al secondo periodo regolatorio, quando la media si era attestata a circa 54 euro pro capite (Paper n. 117).

Un risultato questo di portata storica e che sancisce i benefici di una regolazione indipendente e stabile nel tempo. Basti pensare che nel 2011 – periodo precedente alla presa in carico da parte dell’Authority –   il valore era di 29 euro per abitante, per una crescita del 128% del livello degli investimenti programmati, che porta il sistema ad esprimere in media 3,75 miliardi di euro all’anno contro i nemmeno 2 miliardi dal 2010.

Se poi si osserva il costo del servizio idrico, rappresentato dal Vincolo ai Ricavi del Gestore (VRG), questi si assesta ad un livello medio nel quadriennio di 167 euro/abitante. Si tratta di un valore superiore a quanto registrato nel periodo regolatorio precedente (157), con un andamento crescente nel quadriennio di riferimento: pari al 3% annuo, che genera un sostegno virtuoso al rialzo della tariffa idrica, rafforzando la tendenza del settore idrico di rendersi sempre più in grado di autofinanziare i nuovi investimenti.

Se nella prima metà del quadriennio l’analisirestituisce una situazione in cui la maggior parte dei costi è ancora di natura operativa (Opex), le previsioni per la seconda raccontano invece di uno spostamento verso quelli di capitale (Capex). Un cambiamento che contiene un importante messaggio: nel corso del quadriennio regolatorio, gli investimenti sono indirizzati sempre di più verso interventi finalizzati al ristoro della risorsa ambientale e alla valorizzazione del capitale naturale. Un segnale che inserisce i gestori idrici sul sentiero virtuoso della sostenibilità.

Gli interventi di ARERA si dirigono anche sul versante efficientamento, tanto per quei costi operativi “endogeni” che “esogeni”.

I primi (Opexend) rappresentano l’evoluzione del costo “storico” (al 2011) calcolato in sede di avvio della regolazione e aggiornato annualmente sulla base del tasso di inflazione. Per sua natura rappresenta quindi un costo tendenzialmente stabile. Con il MTI-3, ARERA ha introdotto un meccanismo di efficientamento dei costi operativi, che consiste nel verificare gli spazi di marginalità operativa guadagnati dal gestore rispetto ad un determinato anno base fissato dal regolatore (posto pari al 2016 in relazione alla predisposizione tariffaria 2020-2023). Nel caso di differenziale positivo, i costi operativi endogeni subiscono una decurtazione pari a tale margine. Questo differenziale prende il nome diΔOpex. Si tratta di un passo importante, che va nella giusta direzione di chiedere alle gestioni più efficienti la restituzione in tariffa di una quota, variabile in funzione della distanza dalla curva dei costi ritenuti efficienti, dei margini stimati: un meccanismo non eccessivamente invasivo, in quanto tende a correggere l’eventuale differenziale emergente tra costo effettivo e costo standard, e non, al contrario, imponendo al gestore obiettivi di riallineamento tout court a quella che dovrebbe essere considerata la frontiera di costo efficiente. Su un sotto-campione di 59 gestori[1], dei quali è disponibile il dettaglio della componente di efficientamento, per 31[2] risulta valorizzata positivamente, con un peso medio sui costi operativi endogeni pari all’1,41%. In pratica, gli efficientamenti dei gestori valgono un centesimo per ogni euro di costo endogeno riconosciuto.

Invece, i costi operativi aggiornabili (o esogeni), sono spese sulle quali il gestore non ha diretto controllo, ma rappresentano, per certi versi, dei costi che gli operatori devono sostenere in maniera obbligata (come quelli legati all’uso di energia elettrica). Inoltre, il meccanismo di riconoscimento in tariffa differisce da quello messo in pratica con gli Opexend, in quanto vengono presi i costi da bilancio dell’anno a-2 e successivamente conguagliati nei due anni successivi sulla base di quanto effettivamente speso rispetto a quanto programmato.

I costi operativi esogeni hanno un’incidenza sul totale dei costi operativi pari a circa il 38%. Il maggior peso è dato dai costi dellenergia elettrica (CoEE) sostenuti dai gestori.  ARERA ha introdotto una componente di premialità, ovvero del riconoscimento in tariffa di una quota, pari al 25%, dell’eventuale risparmio sul costo di fornitura dell’energia, riconosciuta a quei gestori che, grazie agli interventi di efficienza energetica, siano capaci di ridurre i consumi (in kWh) della fornitura rispetto al valore medio annuale dei 4 anni precedenti.

Si è certamente di fronte a un buon inizio. Tuttavia, questo meccanismo di premialità oggi appare uno strumento ancora debole, anche per la criticità implicita all’algoritmo di calcolo che non tiene conto di eventuali ampliamenti del perimetro del servizio e possibili eventi avversi esogeni (fuori dal controllo del gestore). Sempre in materia di risparmio energetico, risulta imprescindibile il coordinamento tra regolazione e Tassonomia UE, quest’ultima con lo scopo di rendere maggiormente trasparenti e facilmente riconoscibili le attività realmente sostenibili da un punto di vista ambientale, sociale e di governance. Opinione comune è che la Tassonomia, ed in particolare il rispetto dei 6 obiettivi ambientali, prenderanno sempre più spazio all’interno del settore e costituiranno la base decisionale per la pianificazione degli interventi. ARERA potrebbe, in questo senso, adoperare una categorizzazione dei progetti, oltre che per macro-indicatore RQTI, anche in chiave tassonomica.

Interessante è capire quanto la pandemia ha impattato sulla gestione operativa nel settore idrico. Un confronto può avvenire con i cosiddetti Opextel, abbreviazione di “Opex teleologici”, e cioè per finalità specifiche. Considerati una leva tariffaria molto importante per la copertura di determinati costi del servizio, non sono già ricompresi nei canonici costi operativi endogeni.

Quindi, nel 2020, la componente OpCOVID sul totale Opextel, è stata pari ad appena il 6% del totale degli Opextel. Un risultato che conferma come lo shock provocato dall’emergenza Covid non abbia destabilizzato l’equilibrio economico-finanziario dei gestori del servizio. Sembrerebbe quindi che, attraverso il mantenimento di una gestione ordinaria, si sia potuto evitare il ricorso alle misure straordinarie. D’altro canto, le ragioni per cui l’incidenza degli OpCOVID sul totale dei costi operativi sia così bassa può dipendere anche da una loro mancata valorizzazione. L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, infatti, ha portato i gestori a dover fronteggiare un evento eccezionale e ad adottare adeguate misure di contrasto. È dunque probabile che le extra-spese sostenute non siano state rendicontate in via previsionale (sempre che siano state valorizzate in qualche misura a fini tariffari). In questo senso, la scelta di come allocare le risorse per fronteggiare la pandemia rimane in capo al gestore. Oltretutto, essendo tali costi interamente conguagliabili, è probabile che possano essere completamente recuperati a consuntivo (sempre che, ovviamente, siano stati effettivamente sostenuti), in mancanza di una loro valorizzazione nella fase di pianificazione.

In conclusione, si può affermare che la fotografia scattata sul comparto idrico dopo il primo turno di predisposizioni tariffarie col nuovo MTI-3 conferma alcuni sentieri di sviluppo del settore da una parte e dall’altra fa emergere spunti di riflessione.

Obiettivo di ARERA con l’introduzione del nuovo metodo è quello di traghettare l’idrico verso una sempre maggiore sostenibilità ambientale e sociale. Crescono infatti in modo significativo gli investimenti programmati rispetto al periodo regolatorio precedente e migliora la “qualità” dell’allocazione del denaro, sempre più indirizzati alla tutela dell’ambiente e più in generale al ripristino della risorsa idrica. Il sistema mostra una costante crescita della componente riferita ai costi di capitale (Capex), proprio grazie agli interventi associabili agli ERC (cioè i costi ambientali della risorsa), a cui si affianca una sostanziale stabilità dei costi operativi, in virtù anche di un primo meccanismo di efficientamento introdotto da ARERA con il quale una parte dei gestori è stato chiamato a restituire all’utenza una quota parte dei margini operativi ottenuti negli ultimi anni. Se, dunque, appare evidente che la direzione intrapresa sia quella giusta, tocca tuttavia ai gestori e agli Enti di Gestione d’Ambito o EGA l’onere e l’onore di mettere in campo la giusta sinergia per cogliere questi auspici nell’attività di pianificazione.


[1] I 59 gestori coprono il 65% degli abitanti del campione e il 39% della popolazione italiana totale

[2] 31 gestori corrispondenti in termini di abitanti al 48% del sotto-campione e al 28% della popolazione italiana totale