La demagogia paga per chi la predica e costa per chi se la beve. Come l’acqua a Frosinone, dove per anni gli amministratori locali hanno tenuto le tariffe idriche congelate nonostante l’impegno con il gestore ad aumentarle in concomitanza con i suoi investimenti. Poi è arrivato il conto. Con tanto di arretrati e interessi, ovviamente. E adesso gli abitanti della provincia ciociara pagano ad Acea il doppio di quanto pagano i romani per via dell’odioso conguaglio prima deciso da un commissario nominato dal Tar e poi ratificato dal Consiglio di Stato. Nel frattempo gli amministratori responsabili di questa bomba a scoppio ritardato sono passati a fare altro.
Politici e amministratori nazionali non sono stati migliori di quelli ciociari. Ben più indigesta del conguaglio per il frusinate sarà infatti la multa che l’Italia dovrà pagare se la Corte di Giustizia europea dovesse dare ragione alla Commissione nella procedura relativa all’inadeguato trattamento delle acque reflue in 758 agglomerati urbani di 18 Regioni. Oltre a una sanzione forfettaria di 63 milioni, la Commissione chiede 126 milioni all’anno da pagare fino alla messa a norma degli impianti. Poiché difficilmente si riusciranno a completare in meno di otto anni gli interventi rimediali che in 13 anni di contenzioso non sono mai stati realizzati, oltre a investire quello che avrebbe dovuto, l’Italia si potrebbe trovare a pagare un conto aggiuntivo di oltre un miliardo. Parliamo di una cifra di 250 milioni superiore a quella degli investimenti che l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, o Aeegsi, ha denunciato come “mancanti” nella sua ultima relazione.