La tracciabilità come criterio guida di misurazione e valutazione dell’efficienza e della trasparenza delle filiere di gestione dei rifiuti. Criterio imprescindibile, per dirla in altro modo, per mettere al centro del campo d’osservazione la realtà così com’è, nuda e cruda, non una sua rappresentazione faziosa e/o di comodo. La lotta al climate change passa anche dalla capacità di saper distinguere i fatti dalle opinioni, soprattutto quando sono opinioni disinformate e strumentali e i conflitti sempre dietro l’angolo.
Tra i temi ambientali, quello della gestione dei rifiuti e della sua circolarità è sicuramente tra i più spinosi. Essendo troppe le variabili in campo e gli interessi in gioco, è sempre stato facile, per ciascuno degli attori in campo, tirare acqua al proprio mulino, a prescindere dall’interesse pubblico, vero faro di ogni modello di gestione. Ecco che diventa indispensabile poter contare su un approccio metodologico serio, rigoroso e affidabile che permetta di guardare ai rifiuti nella loro vera essenza, senza filtri, distorsioni e pregiudizi.
La tracciabilità dei rifiuti è dunque la via maestra per evitare gli errori del passato e guardare al futuro in maniera più consapevole. In questo modo ogni singolo passaggio di selezione, trattamento, recupero, riciclaggio o smaltimento viene analizzato, censito e messo a sistema. Tracciato, appunto. Un approccio che coniuga conoscenza e efficienza e spinge a migliorare i processi lungo tutta filiera. E in questo senso, la tracciabilità delle filiere consente agli operatori di disporre di tutte le informazioni utili per migliorare le proprie performance e anche per comunicarle in maniera puntuale. Inoltre, si pone come strumento di governo dell’intero quadro dei trattamenti, a cominciare dalla qualità delle raccolte differenziate, quindi dei rifiuti in ingresso, spingendosi fino a misurare ogni singolo processo. Una metodica per monitorare e rendicontare le performance dei singoli flussi, intercettando criticità e inefficienze, persino falle nei modelli di governance, in una logica tipicamente da economia circolare che facilita sinergie e miglioramenti continui, sia all’interno che all’esterno del sistema.
Grazie alla tracciabilità, il rifiuto viene seguito e monitorato attraverso la documentazione prevista dalla legge e definita all’interno del singolo disciplinare prodotto in accordo con tutti gli attori della filiera o dei sistemi di gestione aziendali: dal momento del conferimento fino all’effettivo recupero o allo smaltimento.
Da non sottovalutare è anche il sostegno a quella che definiamo “simbiosi industriale”, e cioè quella relazione che si crea tra il mondo dei rifiuti e le attività produttive (che impiegano sottoprodotti e materie prime seconde derivate dal trattamento). Conoscendo meglio i flussi è possibile integrarli al meglio con i segmenti produttivi che li utilizzano, eliminando le strozzature. Tracciare significa dunque abbracciare una logica dove nulla viene lasciato al caso, anzi dove tutto è messo a sistema.
I benefici economici e ambientali di questo approccio sono evidenti. Solo grazie alla tracciabilità è possibile comprendere il vero valore economico dei rifiuti trattati e la loro reale impronta ecologica, quindi il percorso di valorizzazione più conveniente, in linea con la gerarchia dei rifiuti. Insomma, solo in questo modo le decisioni possono contare sull’intero spettro delle informazioni basate sul ciclo di vita e sulle dinamiche di mercato.