Il 2017 ha regalato una spiacevole sorpresa ai proprietari di seconde case: la bolletta elettrica è aumentata.

Le nuove tariffe per i non residenti vedono l’introduzione di una quota fissa più elevata. Scende però la spesa per tutte le famiglie a elevato consumo. La riforma delle tariffe elettriche è pensata per promuovere un utilizzo più diffuso dell’energia elettrica e sostenere la cosiddetta ”elettrificazione dei consumi”.

L’energia elettrica, dopo la lunga cura fatta di incentivi alla produzione da fonti rinnovabili, è oggi più pulita. Ridurre i consumi di combustibili fossili può aiutare a ridurre l’inquinamento e l’impatto sull’ambiente. Questa riforma dovrebbe riallineare i consumi di energia elettrica a quelli dell’Europa, dove il vettore elettrico è da sempre preferenziale.

Il regolatore ha voluto sterilizzare i “sussidi incrociati”: tariffe crescenti all’aumentare del consumo facevano sì che le famiglie con consumi elevati sostenessero un costo unitario largamente superiore a quello delle utenze a basso consumo. Un disegno tariffario che scoraggiava l’utilizzo di energia elettrica, in particolare nella produzione di acqua calda sanitaria e l’installazione di pompe di calore nelle abitazioni, a beneficio del più economico gas naturale.

Con questa riforma il finanziamento degli oneri impropri abbraccia logiche patrimoniali: la scelta di promuovere la produzione di energia verde deve essere finanziata da tutti i contribuenti, piuttosto che gravare sui soli consumatori. E allora quale base imponibile migliore del possesso della casa?