Tassonomia europea e settore idrico. A che punto siamo?
Come è noto, la Tassonomia europea (o Regolamento 2020/852) classifica le attività economiche secondo il loro grado di eco-sostenibilità sulla base della loro coerenza con i sei obiettivi ambientali che riflettono gli indirizzi del Green Deal europeo. In questo senso, si pone come lo strumento capace di orientare la scelta degli investitori verso un progetto piuttosto che un altro. Nei due anni successivi alla sua entrata in vigore – luglio 2020 – sono stati emanati dei Regolamenti delegati volti a codificare le attività e i relativi criteri di eco-sostenibilità, oltre agli obblighi di rendicontazione (Disclosure Delegated Act), per 2 dei 6 obiettivi, ovvero la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate Delegated Act e Complementary Climate Delegated Act).
Il quadro è in fase di completamento e di non poco conto sono le ultime novità. Più precisamente, nel giugno scorso, la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di linee guida e misure per rafforzare la disciplina in materia di finanza sostenibile. Tra le misure adottate, vi è il Regolamento delegato contenente le attività e i criteri riguardanti gli ulteriori quattro obiettivi ambientali (uso sostenibile e tutela della risorsa idrica, transizione verso una economia circolare, prevenzione e riduzione dell’inquinamento, protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi). A questo si aggiungono un lavoro di integrazione e revisione del Climate Delegated Act e un aggiornamento del Disclosure Delegated Act. La prossima tappa? È l’approvazione anche da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo entro la fine dell’anno.
Oggi, l’Atto Delegato Ambientale comprende 35 attività riguardanti 8 categorie di settori economici: spaziando da attività ricettive ad attività di ripristino ambientale e gestione del rischio di catastrofi, dall’edilizia e immobiliare ad attività manifatturiere, di servizi e di informazione e comunicazione fino alla fornitura di acqua, reti fognarie, trattamento dei rifiuti e decontaminazione. Un numero decisamente inferiore rispetto alle attività ricomprese nell’Atto Delegato sul Clima, che per gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ai cambiamenti climatici individua, rispettivamente, 9 categorie con 88 attività e 13 categorie con 95 attività ammissibili ai fini della valutazione di eco-sostenibilità.
Dunque, rispetto alle 51 inizialmente identificate dalla Platform on Sustainable Finance (PSF) – gruppo di esperti che aiuta e consiglia la Commissione europea – le attività economiche riportate nell’atto delegato adottato dalla Commissione sono state ridotte di un terzo. In particolare, ne vengono escluse alcune quali soprattutto quelle relative al settore agricolo, gli allevamenti, la produzione di sostanze chimiche e il settore tessile e manifatturiero.A fronte dei sempre più frequenti fenomeni siccitosi e dell’innalzamento delle temperature che stanno interessando l’Europa, è singolare che non siano state identificati per la tutela dell’acqua criteri di utilizzo efficiente della risorsa per le attività industriali, soprattutto quelle più idro-esigenti, e per le attività agricole. Un segnale che ancora una volta sembra ricondurre la tutela della risorsa idrica solo ed esclusivamente alla sfera di responsabilità del consumo civile (famiglie e utilizzi assimilabili ad esse nei centri urbani, come negozi, ristoranti, hotel, etc.), ignorando il ruolo e il potenziale contributo agli obiettivi che potrebbe essere offerto degli utilizzatori di acqua industriali e dall’agricoltura.
Guardando al solo settore idrico italiano, la rendicontazione in questi primi anni di applicazione ha riguardato 12 utilities già soggette all’obbligo di dichiarazione non finanziaria. Dal 2026, con l’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive o CSRD gran parte delle aziende idriche sarà chiamata a confrontarsi con gli obblighi di rendicontazione: un percorso che impegnerà tutti gli operatori industriali presenti sul territorio nazionale (si vedano i Position Paper n. 194, 211 e 231).
Relativamente alle nuove attività introdotte, sono comunque 5 le attività che possono interessare direttamente l’operatività dei gestori del servizio idrico integrato. Questi ultimi, infatti, possono contribuire all’obiettivo di uso sostenibile e protezione delle acque attraverso le attività “2.1. Fornitura di acqua”, “2.2. Trattamento delle acque reflue urbane”, “2.3. gestione dei sistemi di drenaggio urbano sostenibile”, e all’obiettivo di transizione verso un’economia circolare attraverso le attività “2.1. recupero del fosforo” e “2.2. produzione di risorse idriche alternative per scopi diversi dal consumo umano”. A queste si aggiungono, con riferimento all’obiettivo di tutela della risorsa idrica, 2 attività che riguardano la filiera di fornitura a monte dei gestori ovvero le tecnologie volte ad abilitare la riduzione delle perdite di rete.
Le Conseguenze per la prossima rendicontazione
Come già accennato, con l’adozione da parte della Commissione europea del Regolamento delegato, è stato emanato anche un atto che introduce alcune modifiche sulle modalità di divulgazione al pubblico delle informazioni sulla Tassonomia UE.
Le modifiche concernono l’integrazione delle nuove attività individuate per gli ulteriori 4 obiettivi ambientali nel calcolo dei KPI del fatturato, delle spese in conto capitale e dei costi operativi ammissibili e allineati alla Tassonomia e ha fissato le loro tempistiche di pubblicazione: dal 2024 su dati 2023 l’ammissibilità per gli ulteriori 4 obiettivi ambientali e dal 2025 su dati 2024 l’informativa completa sull’allineamento. Di conseguenza, sono stati rivisti anche gli schemi di rendicontazione di dettaglio.
Da queste modifiche sono scaturiti alcuni dubbi e perplessità, ovvero la scelta della Commissione di utilizzare una codifica delle attività ambientali non coerente con quella delle attività legate al clima: si riscontrano difficoltà nel raccordo per la presenza di alcune attività con identico perimetro ma con codici distinti a seconda dell’obiettivo perseguito (es. “5.3. Costruzione, espansione e gestione di sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue” relativa ai due obiettivi climatici e “2.2. Trattamento delle acque reflue urbane” relativa all’obiettivo sull’uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine), e altre che sembrano coincidere ma con definizioni e perimetri non pienamente omogenei (es. “5.1. Costruzione, espansione e gestione di sistemi di raccolta, trattamento e fornitura di acqua” relativa ai due obiettivi climatici e “2.1. Fornitura di acqua” relativa all’obiettivo sull’uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine).
A questo aspetto si aggiunge la presenza di attività con sotto-attività (sistemi esistenti, costruzione, ristrutturazione) a cui si applicano criteri di screening tecnico diversi (“2.1. Fornitura di acqua” relativa all’obiettivo sull’uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine).
Si tratta di aspetti che rendono l’elaborazione degli indicatori di performance particolarmente complessa e con il rischio di creare confusione nella lettura degli schemi sintetici. Dovendo associare le attività identiche o simili a tutti gli obiettivi a cui possono dare un contributo sostanziale, e al contempo richiedendo di evitare il double-counting negli indicatori sintetici, il calcolo diventa più complicato e difficile da interpretare anche da parte degli stakeholder destinatari dell’informativa.
Cosa accade ora e cosa si può ancora modificare (in meglio)
In sintesi, si può affermare che il numero ristretto di attività in grado di offrire un contributo sostanziale ai 4 ulteriori obiettivi ambientali evidenzia unacerta timidezzada parte della Commissione. La presenza di un numero maggiore di attività già identificate in precedenza per gli obiettivi climatici sembra porre più enfasi sul loro conseguimento, ma rischia al contempo di sbilanciaregli sforzi per quelli che dovrebbero avere eguale importanza. Allo stesso tempo, l’attenzione posta sugli obiettivi climatici traspare anche dall’identificazione di 12 nuove e ulteriori attività ad essi associate e dalla presenza di alcuni criteri tecnici per la tutela della risorsa idrica e marina che si basano su valutazioni di intensità energetica netta.
Sebbene, le attività core del servizio idrico integrato rientrino a pieno titolo tra quelle che possono dare un contributo sostanziale alla tutela della risorsa idrica, occorre sottolineare che per essere efficace la Tassonomia dovrebbe coprire l’intera gestione e uso dell’acqua. Si pensi alle attività di protezione dei bacini idrografici, di gestione delle risorse a livello di bacino e ai settori agricoli e industriali che costituiscono i maggiori consumatori di acqua: tutti ambiti di intervento che al momento rimangono esclusi.
Con l’ampliamento delle attività sarebbe, invece, possibile definire più correttamente i criteri tecnici di contributo sostanziale, attribuendo più precisamente le specifiche responsabilità. Questo permetterebbe di evitare che criteri di vaglio tecnico riferiti ad attività gestite da operatori idrici a valle della filiera richiedano il rispetto di requisiti di competenza di soggetti collocati a monte della stessa. Inoltre, la presenza di attività specifiche relative alla protezione dei bacini idrografici e alla gestione delle loro risorse idriche darebbe un impulso maggiore alle autorità competenti, rispetto ad una spinta indiretta dal basso rivolta ai gestori idrici per rispettare i criteri tecnici delle proprie attività, a fronte di inerzie e inadempienze da parte di altri attori e che ne inficiano la eco-sostenibilità.
Evidenti limiti alla Tassonomia riguardano anche la definizione e criteri di vaglio delle attività previste. Con riferimento al primo aspetto, le attività legate ai sistemi urbani di drenaggio sostenibile e alla prevenzione degli allagamenti e delle siccità hanno criteri pensati per le autorità pubbliche che sovraintendono la gestione della risorsa idrica, e risultano poco idonee a valutare gli interventi dei gestori idrici. Inoltre, manca una visione più ampia sulla possibile valorizzazione dei fanghi, considerando che il fosforo rappresenta solo una delle possibili materie recuperabili.
La presenza di indicatori e soglie non adeguati e/o troppo sfidanti non permette di valorizzare correttamente gli sforzi delle gestioni idriche nella riduzione delle perdite di rete. Il rischio di fissare soglie irragionevoli dal punto di vista tecnico ed economico può condurre a scelte di investimento distorte che penalizzano attività in grado di contribuire agli obiettivi ambientali. Anche a seguito delle numerose osservazioni rimaste inascoltate dalla Commissione, sarebbe opportuno rivalutare tali criteri, definendo nel periodo di transizione al 2028 indicatori ulteriori rispetto all’ILI (e cioè l’Infrastructure Leakage Index) e soglie che tengano conto dei diversi livelli di trasparenza delle gestioni, valorizzando le esperienze di regolazione nazionali. Una mancata revisione in tal senso può portare al paradosso che le attività di fornitura di acqua possano essere qualificate come allineate per l’obiettivo di mitigazione ai cambiamenti climatici e non per la tutela della risorsa idrica, nonostante gli sforzi compiuti dagli operatori in termini di riduzione delle perdite di rete.
Vi sono numerosi altri punti di attenzione emersi dalla consultazione: necessità di maggiori chiarimenti sulla valutazione di criteri attualmente espressi in termini qualitativi e generici e soggetti ad interpretabilità; esclusione di alcuni criteri per mancanza di responsabilità e competenza dei soggetti gestori; esclusione di richiami a normative in fase di revisione e non ancora adottate, tenendo conto a valle della loro adozione dei tempi di implementazione necessari alle gestioni per soddisfarne le prescrizioni; esclusione momentanea di criteri per cui emergono incongruenze normative, fino alla loro risoluzione.
Si tratta di osservazioni che nella maggior parte dei casi sono state ignorate dalla Commissione europea.
Ulteriori preoccupazioni sorgono riguardo alla crescente complessità che si è generata per la fase di verifica dei criteri e rendicontazione. Evidenziando una scelta di codifiche e perimetrazioni delle attività poco funzionale. Il rischio principale è che non si riesca ad avviare e sostenere un processo di miglioramento a causa di criteri e oneri documentali eccessivamente gravosi e irragionevoli, inibendo il potenziale che la finanza sostenibile può avere nel supportare i gestori idrici. Tuttavia, si è ancora in tempo per intervenire e la questione è ora nelle mani del Parlamento e del Consiglio dell’Unione.