Gli impatti delle attività economiche sull’ecosistema di relazioni in cui sono inserite vanno ben al di là dell’attenzione all’ambiente, e si estendono alle persone e ai territori: lavoratori, cittadini e comunità locali sono gli stakeholder individuati dalla Platform on Sustainable Finance della Commissione Europea quali primi destinatari dei criteri e delle iniziative che misurano l’impegno sociale delle aziende. Accanto a quella che identifica le attività eco-sostenibili, le istituzioni europee si preparano a scrivere anche una Tassonomia delle attività attente al sociale.

1.    Tassonomia? Si guarda anche agli aspetti sociali

Dopo un lungo periodo di preparazione, confronti e mediazioni, la Tassonomia UE o Regolamento 2020/852 è entrata finalmente in vigore. Ponendosi come metro per stabilire i criteri secondo i quali un’attività può definirsi “ecosostenibile”, essa sarà alla base di importanti ricadute sul piano economico-finanziario. Finanziabilità e fattibilità dei futuri progetti in ambito UE dovranno, infatti, soddisfare quanto si trova scritto in essa sia in materia di sostenibilità ambientale che sociale. Se l’ambiente è una questione di primaria rilevanza, non si può dire che l’epoca che stiamo vivendo non abbia reso ancora più necessari gli investimenti in campo sociale. Le Nazioni Unite hanno calcolato che servirebbero dai 3,3 ai 4,5 trilioni di dollari all’anno per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030; in Italia, sono salite a 5,6 milioni le persone in condizioni di povertà assoluta, ossia le persone che mensilmente sostengono una spesa inferiore ad una certa soglia per beni e servizi considerati essenziali (Istat 2021). A tutto ciò vanno aggiunti gli effetti di una pandemia che non sembra finita e gli sconvolgimenti interni che riguardano molte nazioni.

A che punto siamo? Il 28 febbraio 2022 è stato pubblicato il rapporto finale sulla Tassonomia sociale della Platform on sustainable finance o PSF, incaricata dalla Commissione Europea con il fine di includere anche gli aspetti sociali, fino ad ora rimasti ai margini del dibattito.

La struttura della Tassonomia sociale dovrebbe essere sviluppata in modo simile a quella ambientale, individuando obiettivi sociali, definendo il “contributo sostanziale” per raggiungere tali obiettivi, e stabilendo criteri DNSH (Do No Significant Harm) e garanzie minime.

Gli obiettivi proposti sono tre, ciascuno legato a una diversa dimensione delle ricadute sociali e ad un differente portatore di interessi, ovvero garantire:

  1. condizioni di lavoro dignitose ai lavoratori
  2. adeguati standard di vita e di benessere per i cittadini
  3. una società inclusiva e sostenibile per le comunità locali.

La proposta poggia su tre modalità attraverso cui un’attività può dare un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi sopra identificati:

  1. eliminare e indirizzare gli impatti negativi
  2. rafforzare gli impatti positivi intrinsechi in alcune attività economiche, in particolare nei servizi e prodotti base (educazione, salute, abitazione) e nelle infrastrutture base per il diritto a un adeguato standard di vita (infrastruttura digitale, trasporto e telecomunicazioni)
  3. abilitare altre attività: si applica alle attività che hanno il potenziale di ridurre sostanzialmente i rischi sociali in altri settori.

Frutto di un lungo lavoro di confronto con esperti e società, il rapporto finale sulla Tassonomia sociale avrà conseguenze, in primo luogo, su quelle imprese incluse nella proposta di direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità (CSRD), per le quali vi è l’obbligo di integrare nei piani di diffusione tra le informazioni di carattere non finanziario anche la disclosure di allineamento alla Tassonomia UE (si veda il Position Paper n. 194). Le proposte contenute nel report sono volte ad integrare in modo coerente il crescente quadro legislativo europeo in materia di sostenibilità, che per ora conta principalmente sulla Tassonomia Europea (si veda Position Paper n. 195), sulla proposta di direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità (CSRD), sul Regolamento sulla trasparenza delle informazioni sulla finanza sostenibile (Regolamento 2019/2088 – SFDR), sull’iniziativa relativa al governo societario sostenibile (SCG) e, infine, sulla proposta di direttiva riguardante la ESG Due Diligence. In particolare, le proposte ricalcano tre gruppi di stakeholder (lavoratori, cittadini, comunità locali) che interessano anche la proposta di direttiva CSRD e suggeriscono una struttura per la Tassonomia sociale che replichi quella ambientale, nei limiti delle differenze che caratterizzano ciascun ambito.

La prima differenza di approccio è data dalla filosofia sottostante la Tassonomia ambientale, che poggia sull’assunto che la maggioranza delle attività economiche genera un impatto negativo sull’ambiente. Al contrario, la Tassonomia sociale assume che le attività economiche implicano sempre alcuni impatti positivi sociali, come la creazione di nuovi posti di lavoro, la contribuzione alla formazione del personale, la disponibilità di nuovi prodotti o servizi. Lo sforzo nella costruzione della Tassonomia sociale risiede quindi nel differenziare tra i benefici sociali insiti nell’attività economica e i benefici aggiuntivi che contribuiscono al rispetto dei diritti umani.

La Tassonomia ambientale è poi stata implementata sulla base di risultati di ricerche scientificamente validate, mentre nel caso della Tassonomia sociale, la PSF ha raccomandato che le fondamenta poggino sui principi e gli accordi internazionali e dell’Unione Europea in materia sociale. Si tratta delle linee guida dell’OCSE per le multinazionali, dei Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGPs), dei principi e diritti stabiliti nelle 8 convenzioni fondamentali identificate dalla Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali del lavoro dell’ILO, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del Pilastro Europeo sui diritti sociali (EU Pillar of Social Rights) e della Carta sociale europea.

Come per la Tassonomia ambientale, sono necessari criteri condivisi che sopperiscano alla mancanza di una definizione comune di “sostenibilità sociale”. Gli investitori hanno difficoltà a quantificare l’impatto degli aspetti sociali sulle strategie di investimento a causa di giudizi e rating ESG spesso poco coerenti nelle valutazioni delle ricadute sociali; di conseguenza, l’allocazione di portafoglio da parte degli investitori finanziari continua ad essere influenzata dalla scelta delle agenzie di rating ESG (si rimanda al Position Paper n. 169).

Inoltre, sotto il profilo sociale le aziende attualmente tendono a comunicare e rendicontare solo gli obiettivi più facili da comprendere e anche da raggiungere, trascurando quelli a maggiore impatto, limitando la possibilità che le risorse finanziarie vengano convogliate verso attività ad alto potenziale sociale.

Tutto ciò senza dimenticare che la transizione digitale in atto determinerà una rapida evoluzione del mondo del lavoro, con una ricaduta sui lavoratori dei settori più inquinanti, le cui competenze dovranno nel tempo essere aggiornate, incrementate o trasformate per la migrazione in nuovi settori.

Se da un lato vi è il bisogno di rispondere in modo adeguato a queste criticità sociali, dall’altro si aprono nuove opportunità date dal fatto che il mercato finanziario è alla ricerca di investimenti ad elevato impatto sociale positivo (accesso ai servizi sanitari e abitativi, inclusione finanziaria, sicurezza alimentare e occupazione). L’ultimo decennio ha segnato una crescita significativa dell’interesse degli investitori verso la sfera ESG, e segnatamente della dimensione sociale, considerando le sempre più frequenti e consistenti emissioni di social bond (l’UE ha emesso il primo nel 2020) e l’applicazione di criteri sociali per la selezione degli investimenti. Inoltre, con il PNRR vengono promossi investimenti in 6 grandi aree di intervento che si focalizzano in maniera esplicita su aspetti sociali.  

In questo senso, gli investitori sono obbligati a considerare i fattori sociali nelle politiche di allocazione dei fondi al fine di ridurre i rischi di natura reputazionale, di mercato, di credito, oltre che regolatori.

2. Tassonomia sociale. Come si pone il settore idrico

Per capire su quali aspetti il settore idrico possa ritenersi coinvolto, come Laboratorio REF Ricerche abbiamo valutato le informazioni pubblicate all’interno delle dichiarazioni non finanziarie (DNF) pubblicate dai singoli gestori del servizio idrico. Dall’analisi emerge una consapevolezza in crescita, proiettata nel futuro rispetto a talune tematiche, ma non ancora pienamente matura se si prendono in considerazione la totalità degli aspetti.

Siamo partiti da una ricognizione sulla consapevolezza di 13 multiutility riguardo ai principi e gli accordi internazionali ed europei in materia sociale che costituiranno le fonti per l’elaborazione dei criteri della Tassonomia sociale. È stata poi indagata l’adesione ai dieci principi del Global Compact delle Nazioni Unite – su diritti umani, lavoro, ambiente e lotta alla corruzione -che derivano, tra gli altri, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dalla Dichiarazione ILO, due delle principali fonti per la creazione dei criteri della Tassonomia sociale. Ma vediamo qual è la situazione partendo dai tre obiettivi fissati mentre per una trattazione dettagliata rimandiamo al Position Paper n. 218 nella sua forma estesa.

Lavoro dignitoso

Nell’ambito dell’obiettivo Lavoro dignitoso, si ritiene che il settore idrico sarà coinvolto con specifico riferimento ai rapporti di lavoro afferenti alla realizzazione di impianti ed infrastrutture idriche, fognarie e depurative. La Tassonomia sociale richiede che le aziende diano particolare attenzione ai propri impatti lungo la catena del valore: una responsabilità e un impegno che si estendono alla scelta dei fornitori e ai lavoratori che non sono diretti dipendenti. Molte aziende del settore idrico stanno già oggi implementando il monitoraggio degli infortuni occorsi sui lavoratori esterni, la cui prestazione lavorativa è soggetta al controllo da parte dell’organizzazione che affida i lavori. Visto il centrale coinvolgimento del settore dell’edilizia nella realizzazione degli interventi del settore idrico, risulta fondamentale monitorare e prevedere azioni correttive per prevenire eventi infortunistici.

Un caso particolare nell’ambito del primo obiettivo riguarda la promozione della non discriminazione e della diversità sui luoghi di lavoro, aspetto che la PSF ha indicato come potenzialmente impattante per tutti i settori.  Nel 2019, le DNF rendicontate nel settore Energy e Utilities dichiaravano la presenza di politiche in materia di diversità solo per il 57%. Una percentuale che risulta comunque in crescita rispetto al 2018, anno in cui il dato si fermava al 25%. Considerando un panel più ampio, comprensivo di tutti i settori, si riscontra che nel 2020 il dato risulta essere del 43%.

La Tassonomia sociale insiste anche sulla necessità di creare posti di lavoro dignitosi, incluse misure speciali per attrarre le donne nella forza lavoro e contrastare le differenze di genere. Su dati 2020 si segnala che nel settore delle utility la presenza delle donne sul totale dei dipendenti è pari al 45%, mentre considerando solo il settore idrico la percentuale scende al 25% (Database Osservatorio DNF).

Riguardo alla promozione della disabilità in azienda soltanto 4 aziende sulle 13 indagate hanno attivato progetti specifici per una promozione che vada al di là di quanto richiesto a livello normativo.

Un altro aspetto su cui si richiederà un coinvolgimento di tutti i settori è quello dei diritti umani e dei lavoratori, lungo la catena del valore. Nelle aziende indagate i diritti umani rappresentano un tema materiale solo in 3 casi. Sono, tuttavia, 8 le aziende che hanno adottato strumenti propri di due diligence per il rispetto dei diritti umani dei lavoratori o implementato politiche sui diritti umani. Tra gli strumenti di monitoraggio lungo la catena di fornitura si annoverano sistemi di gestione, audit, analisi dei fornitori, richiesta della presenza di politiche sul rispetto dei diritti umani. Un altro strumento utilizzato dalle aziende per monitorare e prevenire eventuali abusi riguarda il sistema di gestione SA 8000 riconosciuto a livello internazionale, focalizzato sulla tutela di tutto il personale ricadente sotto il controllo dell’azienda: il sistema è presente in 3 aziende su 13.

Adeguati standard di vita e di benessere per i cittadini

Il secondo obiettivo Adeguati standard di vita e di benessere per i cittadinisi focalizza sulle persone e sul loro ruolo di utenti di determinati prodotti e servizi che potrebbero comportare un rischio per la loro salute o rappresentare un’opportunità per la fruizione di beni e servizi di prima necessità.

Di particolare interesse per il settore idrico vi è il sotto-obiettivo dedicato al miglioramento dell’accesso ad acqua potabile di buona qualità. Poiché il settore idrico rientra tra quelli che intrinsecamente generano benefici sociali, i gestori saranno ritenuti allineati alla Tassonomia Sociale se e solo se potranno garantire:

  • disponibilità del servizio in quantità adeguata;
  • accessibilità all’acqua, sia economica che fisica, in modo che tutti possano usufruirne senza discriminazioni, con un elevato grado di consapevolezza;
  • accettabilità del servizio sotto il profilo etico e culturale, rispettando anche le necessità delle minoranze e dei gruppi vulnerabili;
  • qualità del servizio, che deve essere sicuro e garantire standard riconosciuti a livello internazionale

Nel contributo sostanziale all’accesso ai servizi base, la PSF ha incluso anche la gestione delle acque reflue e l’adeguatezza del sistema fognario.

Riguardo la qualità della risorsa, data la natura del servizio fornito, il settore si trova ad uno stadio avanzato nel monitoraggio. Dall’analisi svolta, emerge che tutte le multiutility considerate hanno previsto o concluso investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua, per esempio attraverso l’innovazione degli impianti di trattamento o attraverso l’affinamento delle pratiche di controllo nei laboratori di analisi delle acque potabili.

Infine, il settore idrico potrebbe essere coinvolto attraverso i criteri DNSH nel rispetto degli altri sotto-obiettivi, tra cui assicurare la fornitura di prodotti e servizi salubri e sicuri, garantire la sicurezza informatica e la protezione dei dati personali e della privacy, implementare pratiche di marketing responsabile, fornendo tutte le informazioni pertinenti al fine di garantire un servizio sicuro, trasparente, efficiente e di qualità.

In ogni caso, l’Autorità ARERA, attraverso la regolazione della qualità tecnica (RQTI), ha già introdotto simili criteri nel sistema idrico nazionale.  

Comunità e società inclusive e sostenibili

Il terzo obiettivo è volto a costruireComunità e società inclusive e sostenibili,e si focalizzerà sul rispetto e il supporto dei diritti umani, in particolare ponendo attenzione agli impatti sulle comunità e al miglioramento dell’accesso a prodotti, servizi e infrastrutture di base. In questo senso viene quindi ad essere centrale il ruolo delle imprese che forniscono beni di base, come nel caso dei gestori idrici.  Il rispetto dei diritti umani nel caso delle comunità locali si declina in un’attenzione ad operare secondo il principio del consenso libero, preventivo e informato delle comunità; significa, inoltre, condurre anche in questo caso una due diligence basata sul rischio e dialogare con associazioni che operano a difesa dei diritti umani; nei casi in cui siano coinvolti gli interessi degli agricoltori, rappresenta la necessità di rispettare i diritti sui terreni.

In tal senso vi è un forte incentivo al coinvolgimento delle comunità locali, e in generale degli stakeholder, nei processi decisionali – aspetto dal quale il settore idrico potrebbe essere interessato. Infatti, anche se caratterizzato dalla realizzazione di opere medie e piccole, il mondo dei servizi pubblici locali è spesso soggetto alla sindrome NIMBY (Not In My Backyard – Non nel mio cortile), ossia l’opposizione della comunità locale ad un’opera pubblica da costruirsi in un’area considerata di particolare rilevanza dalla comunità.

Per prevenire tali fenomeni è necessario coinvolgere maggiormente i portatori di interesse attraverso procedure di stakeholder engagement. Uno degli strumenti possibili è quello del dibattito pubblico, istituto mutuato dall’ordinamento giuridico francese e recentemente recepito con legge in Italia. Si tratta di uno spazio di incontro e confronto tra stakeholder interessati dalla realizzazione di un’opera pubblica, dove lo scambio di domande e richieste, da entrambe le parti, permette ai cittadini di maturare una più approfondita valutazione sulla base di dati oggettivi, allontanandosi da pregiudizi o bias culturali. L’obiettivo è quello di permettere ai cittadini di co-progettare l’opera per renderla più aderente alle esigenze dei propri territori.


Per approfondire

Cittadini, lavoratori e comunità locali: la prossima frontiera della Tassonomia UE

Position Paper n. 218, Laboratorio Ref Ricerche – luglio 2022