La Tassonomia UE è un linguaggio comune per selezionare le attività economiche eco-sostenibili. I criteri sono pensati per guidare i finanziatori negli investimenti. Nella gestione dei rifiuti sono eleggibili la raccolta e il trasporto dei rifiuti separati alla fonte, la digestione anaerobica e il compostaggio di rifiuti organici, il recupero di materia dai rifiuti e la cattura del gas di discarica. Il recupero energetico al momento è il grande assente. Lo scoppio del conflitto russo-ucraino, con il forte aumento dei costi di approvvigionamento energetico e il desiderio di raggiungere una maggiore autonomia del nostro Paese, impongono una riflessione sul ruolo che il recupero di energia e la produzione di bio-carburanti dai rifiuti possono giocare nella transizione energetica.
Il Position Paper è stato ripreso su Staffetta Rifiuti, RiciclaTV, EconomiaCircolare.com.
Dal Green Deal alla Tassonomia UE
Se con l’accordo di Parigi del 2015 si sono individuati obiettivi ambiziosi di sviluppo sostenibile e lotta ai cambiamenti climatici, la Strategia europea del Green Deal del 2019 ha indicatole azioni per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050(si vedano i Position Paper n. 146 e 141), nella convinzione che sia possibile coniugare sostenibilità e sviluppo economico. Le iniziative riguardano ambiti fortemente interconnessi, come il clima, l’ambiente, l’energia, i trasporti, l’industria, l’agricoltura e la finanza sostenibile. Per ciascuno di questi ambiti, sono adottati piani e strumenti ad hoc. Uno di questi è la cosiddetta Tassonomia UE, entrata in vigore con il Regolamento UE 2020/852, che individua i criteri per stabilire quando un’attività economica può essere considerata eco-sostenibile.Si tratta di un sistema comune di classificazione delle iniziative, delle infrastrutture e delle attività idonee a promuovere gli obiettivi ambientali europei basato su tre macro-requisiti.
Il primo è che un’attività deve contribuire in maniera sostanziale ad almeno uno dei 6 obiettivi ambientali individuati: mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento al cambiamento climatico; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; transizione verso l’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; protezione della biodiversità, della salute e degli ecosistemi.
Il secondo è che un’iniziativa o un’attività non deve arrecare danni significativi (DNSH – Do No Significant Harm) ad altri obiettivi ambientali e, il terzo impone il rispetto delle garanzie sociali minime indicate dagli standard internazionali.

Economia circolare e settore dei rifiuti
È ormai noto come la transizione verso un’economia circolare sia una straordinaria opportunità per trasformare le nostre economie, contribuire agli obiettivi climatici, preservare le risorse del pianeta, creare occupazione e generare vantaggi competitivi. L’Europa comunitaria sta operando in questo senso da diversi anni anche attraverso iniziative come il “Piano d’azione per l’economia circolare”, uno dei pilastri del Green Deal o la Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE), recentemente modificata dalla Direttiva 2018/851/UE. Quest’ultima stabilisce normative e indirizzi per il trattamento dei rifiuti nell’Unione Europea, al fine di contenere gli impatti sull’ambiente e la salute umana evitando o riducendo la produzione di rifiuti, attenuando il consumo di risorse. La Direttiva introduce il concetto di “gerarchia dei rifiuti”, che individua una scala di priorità da perseguire per ciò che costituisce la migliore opzione ambientale nella loro gestione.
La Tassonomia UE, quindi,considera le strategie e le attività individuate dalla gerarchia dei rifiuti come gli strumenti per traguardare la transizione verso l’economia circolare.L’Articolo 13 del Regolamento UE 2020/852 precisa, infatti, che un’attività economica offre un contributo sostanziale alla transizione verso un’economia circolare se utilizza in modo più efficiente le risorse naturali, attraverso la riduzione dell’uso di materie prime o aumenta la durabilità, la riparabilità, la riutilizzabilità dei prodotti, allungandone la vita utile. Se va verso la riciclabilità, la riduzione delle sostanze pericolose, il riciclaggio e il riutilizzo o se, ancora, potenzia le infrastrutture di gestione dei rifiuti necessarie per la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio. Senza dimenticare di ridurre al minimo l’incenerimento dei rifiuti e di evitarne lo smaltimento in discarica e, in generale, la dispersione.
Pertanto, la prevenzione ed il riutilizzo risultano essere elementi intrinsechi delle attività che vogliono essere considerate eco-sostenibili ai sensi della Tassonomia UE per la transizione verso un’economia circolare.
Nel momento in cui, invece, un oggetto o una sostanza è classificata come rifiuto, allora, è necessario prediligere la preparazione al riutilizzo ed il riciclaggio. Una volta attuate tutte le attività utili per promuovere un’adeguata prevenzione alla produzione di rifiuti, e provate tutte le soluzioni possibili per sostenere il riutilizzo e/o il riciclaggio, l’ultima opzione attuabile è quella di promuovere un “recupero di altro tipo”, alternativo allo smaltimento.
Uno degli aspetti più rilevanti afferenti al framework delineato dalla Tassonomia UE è valutare il rispetto, o meno, del principio DNSH, quale macro-requisito per poter definire eco-sostenibile un’attività. Anche relativamente alla gerarchia dei rifiuti.
Tassonomia e gestione dei rifiuti: le attività “eleggibili”
Nel Climate Delegated Act, pubblicato in Gazzetta Ufficiale come Regolamento UE 2021/2139, sono fissati i criteri di vaglio tecnico che consentono di determinare a quali condizioni un’attività economica contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento ai cambiamenti climatici, senza arrecare un danno significativo ad un altro obiettivo ambientale. Ma, nell’ambito della gestione dei rifiuti, quali sono le attività conformi alla Tassonomia?
Per quanto riguarda il primo obiettivo ambientale, innanzitutto, vi sono quelle relative alla “raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi in frazioni separate alla fonte”. In esse rientrano le attività di raccolta differenziata e di trasporto di rifiuti non pericolosi in frazioni singole o miscellanee destinate alla preparazione per il riutilizzo e riciclaggio. Le attività di preparazione al riutilizzo, legate al concetto di End of Waste, e di riciclo dei materiali, si legano alle priorità di intervento alla seconda macrocategoria della gerarchia dei rifiuti.
Poi vi è la “digestione anaerobica di rifiuti organici”. Essa comprende tutte le attività di costruzione e gestione degli impianti per il trattamento di rifiuti organici raccolti in maniera differenziata, mediante digestione anaerobica e produzione di biogas, digestato e/o prodotti chimici.
Rientrano poi nell’attività “compostaggio di rifiuti organici”, tutte le attività dedicate alla costruzione e alla gestione di impianti per il trattamento di rifiuti organici raccolti in maniera differenziata mediante compostaggio (digestione aerobica), con conseguente produzione e utilizzo di compost.
Con riferimento alla preparazione al riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, sono considerate eco-sostenibili anche tutte quelle attività finalizzate alla costruzione e gestione di impianti per la cernita e la trasformazione dei rifiuti non pericolosi raccolti in maniera differenziata in materie prime secondarie e che comportano un ritrattamento meccanico. Tali attività sono ricomprese nel “recupero di materiali dai rifiuti non pericolosi”.
Infine, con riferimento all’attività “cattura e utilizzo del gas di discarica”, sono considerate eco-sostenibili quelle che permettono la cattura e l’utilizzo di gas da discarica in discariche o celle di discarica chiuse in modo permanente, utilizzando attrezzature e impianti tecnici dedicati nuovi o supplementari. L’obiettivo è quello di ridurre l’impatto ambientale delle discariche esaurite, senza incentivarne la realizzazione di nuove.
Le stesse attività sopra menzionate vengono considerate eleggibili anche con riferimento al secondo obiettivo ambientale, ovvero l’adattamento ai cambiamenti climatici, con alcune differenze nei criteri di vaglio tecnico e nei criteri di DNSH.
In generale, si può affermare che, con riferimento ai primi due obiettivi ambientali, le attività riguardanti il trattamento dei rifiuti ripercorrono la gerarchia dalle fasi propedeutiche al riutilizzo e al recupero fino al riciclaggio e al recupero energetico delle frazioni biodegradabili, escludendo il recupero energetico dei rifiuti secchi (la termovalorizzazione) e l’ultimo gradino delle attività di smaltimento.
Le proposte sui rimanenti quattro obiettivi ambientali
A marzo 2022, è stato pubblicato dalla Platform on Sustainable Finance (PSF) una bozza sulla lista di attività e i relativi criteri di vaglio tecnico per i rimanenti quattro obiettivi ambientali. Si tratta di un documento non ufficiale – redatto dall’organismo di esperti che supporta la Commissione Europea nello sviluppo di politiche sulla finanza sostenibile e della Tassonomia – con lo scopo di raccogliere suggerimenti e rendere i criteri più solidi e fruibili. Un intero capitolo è dedicato alla gestione dei rifiuti e in quest’ambito vengono elencate sette attività eleggibili.
Quelle ritenute idonee ad offrire un contributo sostanziale alla transizione verso un’economia circolare (Obiettivo n.4) sono le seguenti: “raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi come mezzo per il recupero dei materiali”; “trattamento dei rifiuti pericolosi come mezzo per le operazioni di recupero dei materiali”; “recupero di rifiuti organici mediante digestione anaerobica e/o compostaggio”; “disinquinamento e smantellamento dei prodotti a fine vita”; “smistamento e recupero materiale dei rifiuti non pericolosi”.
Quelle, invece, considerate prioritarie per il contributo che possono offrire alla prevenzione e al controllo dell’inquinamento (Obiettivo n. 5) sono: “raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi”; “trattamento dei rifiuti pericolosi come mezzo per la prevenzione ed il controllo dell’inquinamento”; “bonifica di discariche legalmente non conformi e discariche abbandonate o abusive”.
Rispetto alle attività legate alla gestione dei rifiuti individuate nel “Climate Delegated Act”, si ritrovano nuovamente “la raccolta e il trasporto” con un focus anche sui rifiuti pericolosi e “il recupero di rifiuti organici” quali attività che possono offrire un contributo sostanziale anche all’obiettivo “transizione verso un’economia circolare”. Nella bozza ad oggi presentata, non sono associate attività relative al ciclo dei rifiuti per l’obiettivo ambientale n. 3 “Uso sostenibile e protezione dell’acqua e delle risorse marine” e n. 6 “Ripristino della biodiversità e degli eco-sistemi”.
Anche nel caso degli obiettivi di “transizione verso l’economia circolare” e di “prevenzione e controllo dell’inquinamento”, le attività eleggibili possono essere analizzate utilizzando nuovamente la gerarchia dei rifiuti come chiave di lettura.
Rifiuti e recupero energetico
Il grande assente, almeno in questa fase preliminare, sembra essere il recupero energetico dei rifiuti urbani residui, nonostante a più riprese anche da parte delle Istituzioni comunitarie sia stato sottolineato il ruolo che, al ricorrere di alcune condizioni, può rivestire nella riduzione degli impatti climatici e ambientali. Esso si pone quale alternativa preferibile allo smaltimento in discarica per il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati e degli scarti non riciclabili, a complemento del recupero di materia.
Il contributo delle tecnologie di recupero energetico alla transizione verso l’economia circolare è assimilabile a quello del gas e del nucleare nella transizione energetica. Queste due ultime attività sono state di recente ricomprese nella Tassonomia UE, riconoscendone il ruolo nel ridurre l’impiego di fonti più impattanti. Un ruolo transitorio ma, al contempo, complementare alle energie rinnovabili nel cammino di decarbonizzazione.
Al pari del caso del gas naturale e del nucleare, la Tassonomia UE dovrebbe prevedere limiti stringenti alle emissioni dei termovalorizzatori affinché questi ultimi possano avere i requisiti giusti per essere considerati investimenti green, ma parimenti non negare al recupero energetico il ruolo di tecnologia di transizione, a fronte della necessità di ridurre il ben più impattante smaltimento in discarica.
In tal senso, un eventuale inserimento della termovalorizzazione dei rifiuti (urbani) all’interno dell’EU-ETS rischia di rallentare ulteriormente il processo di affrancamento dallo smaltimento in discarica e di non consentire di cogliere appieno il contributo potenziale che tale modalità può offrire sia alla gestione dei rifiuti sia alla produzione di energia elettrica e termica. Peraltro, in un contesto nazionale nel quale le indicazioni del Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti e le recenti decisioni di avviare impianti di termovalorizzazione a Roma e in Sicilia sembrano andare finalmente verso una soluzione al problema delle “emergenze rifiuti”.
L’impatto della Tassonomia Europea non si ferma all’anello finale della catena, la gestione dei rifiuti, ma investe in modo trasversale anche i modelli di produzione, allo scopo di ripensare i beni affinché siano riutilizzabili, riciclabili, con una maggiore durabilità e la possibilità di essere riparati. Dunque, una rivoluzione circolare che orienterà gli investimenti verso una maggiore efficienza nell’impiego delle risorse, in un contesto di forte criticità degli approvvigionamenti di materie prime, combustibili ed energia in primis, esacerbato dalle vicende geopolitiche degli ultimi mesi.
Lo scoppio del conflitto russo-ucraino, con il forte aumento dei costi di approvvigionamento di gas naturale e petrolio e il desiderio di raggiungere una maggiore autonomia energetica nel nostro Paese, impongono poi una riflessione organica circa il ruolo che il recupero di energia e la produzione di bio-carburanti dai rifiuti potranno giocare nell’ambito della transizione energetica. Un ruolo ad oggi ancora non pienamente compreso e valorizzato.