L’emergenza coronavirus ha portato sconti sulle utenze non domestiche, mentre molti Comuni stanno facendo slittare i pagamenti – Se però la crisi dovesse ulteriormente aggravarsi potrebbe venire meno la continuità del servizio – Serve un’alleanza tra Enti locali e operatori e tra operatori e Governo.
In molti hanno visto il confinamento casalingo e il temporaneo fermo di una consistente parte di attività produttive come l’occasione di rivincita della natura sull’uomo. E l’idea di una Terra meno sottomessa all’azione umana ha solleticato la nostra fantasia.
Tuttavia, al di là della sostanziale ma molto temporanea riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, la realtà è un’altra. E ciò riguarda i rifiuti che, anche nella fase di lockdown più stretto non hanno smesso di essere prodotti e dunque gestiti, raccolti, riciclati, smaltiti o portati in discarica. Tra l’altro mantenendo, un po’ ovunque nel nostro Paese, un buon livello di efficacia, con nessun caso di spazzatura accumulatasi ai bordi delle strade e sui marciapiedi, come sovente accade in tempi di cosiddetta “normalità”.
Il waste management, dunque, non ha chiuso per pandemia e con esso i costi del servizio che gravano su famiglie e imprese già in difficoltà per lo stop delle attività. E come è accaduto per l’energia, anche per i rifiuti si stanno studiando riduzioni e soluzioni di pagamento dei tributi che non vadano a complicare ulteriormente la già delicata condizione economica di questi soggetti. A metà del mese di maggio, l’Authority, ARERA, è intervenuta a favore dei nuclei famigliari più poveri e di quelle aziende che hanno dovuto temporaneamente fermare le attività.