L’atteso riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ha riportato all’attenzione il dibattito sull’equilibrio tra concorrenza, politiche industriali e regole. Il Testo Unico ha il pregio di aver in parte sistematizzato le disorganiche e stratificate previsioni normative e di avere enucleato i princìpi sui quali orientare le azioni in materia: il necessario punto di partenza sul quale innestare nuovi percorsi per sostenere lo sviluppo dei servizi pubblici locali. I servizi pubblici a rete necessitano di una governance chiara e di una iniezione di competenze e managerialità: un approccio industriale per stare al passo con le sfide dell’economia circolare e della transizione energetica. Per tradurre efficacemente i princìpi occorre capire come concretamente verranno esercitate le funzioni da parte dei diversi soggetti coinvolti.
Un testo di riordino a lungo atteso
Con il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 – “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” – è entrato in vigore il tanto atteso intervento in materia di servizi pubblici locali. Questo decreto ha riportato all’attenzione il dibattito sull’equilibrio tra concorrenza e regole, soddisfacendo una necessità che viene da lontano. Già nel 2015, la cosiddetta “Riforma Madia” aveva messo a fuoco l’esigenza di riportare razionalità nella materia, prevedendo una delega al Governo per il riordino della disciplina. Il mancato completamento dell’iter legislativo fece sì che il decreto non entrasse mai in vigore.
Successivamente, nel 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato segnalò l’esigenza di un riordino normativo ed anche ampi spazi di miglioramento della qualità e della produttività dei servizi pubblici locali attraverso iniezioni di concorrenza. Sempre nel 2021, La Legge annuale per il mercato e la concorrenza ha nuovamente conferito al Governo la delega per riorganizzare i servizi pubblici. Si tratta di un provvedimento che nasce dalle raccomandazioni da parte della Commissione Europea, visto che la razionalizzazione dei servizi pubblici locali è codificata tra le riforme abilitanti che la UE ha consegnato all’Italia quale milestone del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In ogni caso, il riordino del quadro normativo e la chiara enucleazione dei princìpi che dovranno ispirare le azioni in materia, rappresentano il primo e fondamentale passo per permettere lo sviluppo di servizi di qualità in grado di soddisfare i bisogni degli utenti.
In questo contesto il Testo Unico ha senza dubbio il pregio di aver sistematizzato in unico corpus normativo le numerose disposizioni in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica che si sono stratificate nel tempo, anche nelle rispettive discipline settoriali. Esso rappresenta il consolidamento di un insieme di provvedimenti e previsioni che già erano presenti all’interno del nostro ordinamento giuridico riportando all’attenzione anche impegni e obblighi che seppur già codificati sono rimasti spesso inattuati e, in molti casi, persino dimenticati dalle stesse amministrazioni locali.
Ad una prima lettura il decreto-legge può apparire come una serie di enunciazioni di princìpi e regole già codificate dalla portata innovativa limitata. Bisogna però ricordare che il Testo Unico è una legge di riordino normativo e non già una riforma dei servizi. Il compito del provvedimento è quindi quello di limitarsi a razionalizzare e sistematizzare una serie di regole e princìpi con i quali è necessario approcciare la materia ed entro i quali le azioni riguardanti la materia dovranno nel futuro essere incardinate.
Esso, infine, introduce anche alcune novità, con particolare riferimento ai servizi pubblici a rete; passiamo, dunque, in rassegna le principali (per una trattazione dettagliata, si rimanda alla versione estesa del Position Paper).
La revisione degli ambiti territoriali ottimali
La prima novità riguarda il tema della revisione degli ambiti territoriali ottimali. Essa prevede di fatto una spinta all’aggregazione o ridefinizione verso dimensioni maggiori rispetto a quelle attuali che permettano economie di scala o di scopo massimizzando l’efficienza del servizio. In particolare, le Regioni, cui compete la perimetrazione dell’ambito su cui vengono organizzati e gestiti i servizi, sono incentivate a rivedere l’organizzazione degli ambiti territoriali ottimali prediligendo la scala regionale. Si prevede inoltre che le Città metropolitane possano esercitare per conto dei Comuni le funzioni e viene attribuito alle Province un ruolo di supporto tecnico-amministrativo e di coordinamento, non chiarendo tuttavia come tali funzioni, incardinate sul livello provinciale, si sposino con il ruolo di EGA operanti su ambiti di dimensioni maggiori e quale sia il disegno della governance delineato a regime.
Un passo in avanti, ma che probabilmente non è sufficiente a risolvere i problemi. Riguardo al Servizio Idrico Integrato si è infatti solo di recente giunti ad una quasi completa definizione di EGA pienamente operativi dopo anni di ritardi e inerzie. Si registrano tuttora in Campania e Sicilia casi di mancato affidamento del servizio ad un gestore unico d’ambito. Numerosi sono ancora i casi di gestioni del SII da parte di soggetti che difettano di un titolo giuridico valido, cessati ex lege, e di gestioni comunali dirette che si oppongono alla consegna delle reti e degli impianti. Va segnalato che di recente il riassetto della governance ha visto una forte accelerazione grazie alle spinte giunte dal PNRR.
Nel caso del servizio di gestione dei rifiuti urbani ancor più la situazione è caratterizzata da inerzia e inefficienze. La governance del servizio risulta tuttora frammentata e il processo di organizzazione territoriale del servizio ancora incompleto. Sono soltanto 12 le Regioni nelle quali gli EGA risultano pienamente operativi, 5 nelle quali gli EGA sono stati individuati ma non sono ancora pienamente operativi (Trentino-Alto Adige, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia) e 2 Regioni (Sardegna e Molise) non hanno tuttora proceduto ad individuare gli EGA.
Alcuni EGA presentano ancora situazioni di parziale operatività o totale inoperatività, l’assetto delle gestioni è tuttora caratterizzato da un’elevata frammentazione sia orizzontale che verticale e pochi operatori sono in grado di rendere al territorio un servizio efficiente, efficace ed industrializzato.
Il Testo Unico affida, poi, ad ARERA il compito di presentare alle Camere una relazione semestrale sul rispetto della normativa per la definizione del perimetro degli ambiti territoriali e per la costituzione degli enti di governo dell’ambito.
Ricordiamo che l’Autorità ha in più occasioni sottolineato i ritardi in tema di riordino della governance del servizio di gestione dei rifiuti sostenendone l’attuazione anche all’interno del Quadro Strategico 2022-2025 e prevedendo tra l’altro una specifica attività di monitoraggio della riorganizzazione degli assetti istituzionali locali. Dall’altro lato l’introduzione di incentivi e meccanismi di premialità che favoriscano l’aggregazione è un aspetto già presente nella regolazione e che potrebbe ulteriormente essere rafforzato.
La separazione delle funzioni di regolazione e di gestione
Seppur già presente nell’ordinamento, un tema particolarmente rilevante che il Testo Unico ha esplicitamente codificato è la separazione tra le funzioni di regolazione e controllo dalla gestione dei servizi pubblici locali. Il decreto prevede a tal fine la previsione di nuove ipotesi di incompatibilità e inconferibilità delle cariche. Ciò avviene attraverso la previsione che gli EGA e le autorità per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possano detenere partecipazioni nei gestori, che siano esse dirette o indirette. Il principio già consolidato non ha finora trovato piena applicazione: residua, infatti, in molte realtà un corto circuito a livello locale tra soggetti regolatori e soggetti regolati.
È del tutto evidente che il Paese ha bisogno di una rete locale di regolatori indipendenti. Inoltre, è nella mancanza di chiarezza sui ruoli che si annidano scelte e valutazioni non orientate all’efficienza del servizio. In questo quadro, le deroghe previste al principio generale e che sembrano salvaguardare le situazioni di fatto (cfr. articolo 33, comma 1 e 2 del Testo Unico) paiono incoerenti con lo spirito del provvedimento.
Equilibrio tra concorrenza e regole
La regolazione multilivello ad oggi richiede che gli EGA siano “la cinghia di trasmissione” tra gli obblighi fissati dalla regolazione nazionale di ARERA e il territorio: le attività che sono chiamati a svolgere necessitano di competenze tecniche, economiche e normative caratterizzate da un’altissima specializzazione. C’è quindi sempre più bisogno di un rafforzamento delle strutture tecniche sia in termini di organico sia di qualifiche e competenze. E che possano ambire a porsi quale emanazione territoriale di ARERA, anche con uno status giuridico riconosciuto e indipendente.
Un ruolo importante delle Regioni è codificato anche in tema di concorrenza prevedendo la possibilità di formulare e deliberare protocolli, che garantiscano lo sviluppo dell’efficienza e del confronto concorrenziale ed azioni di efficientamento per sostenere l’industrializzazione dei servizi pubblici locali e il contenimento dei relativi costi. Le Regioni sono dunque individuate come il soggetto istituzionale a cui è demandata la promozione del confronto concorrenziale. Concorrenza e regolazione che dovrebbero diventare gli strumenti utilizzati per realizzare gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dei servizi, nell’interesse degli utenti.
Un ruolo di arbitro che appare parzialmente in conflitto con le competenze assegnate dalla Costituzione che, come noto, vede nella materia della concorrenza una competenza di esclusiva prerogativa statale. Come si può comprendere si tratta, più che di un impegno cogente incardinato nelle Regioni, di una sorta di “moral suasion” con impegni e azioni che nella pratica restano perlopiù indeterminati e che dovrebbero trovare strumenti e indicazioni puntuali, oltre che percorsi codificati (a proposito di riferisce di un coordinamento ad opera della Conferenza Unificata che però non è chiaro in che modo si esplica).
In questo contesto, con riferimento alla gestione dei rifiuti urbani, è poi necessario richiamare il tema del delicato equilibrio tra regolazione e mercato, ovvero tra concorrenza e gestione in prossimità che in questi giorni sta accendendo un serrato dibattito nel quadro della più ampia diatriba nata con gli interventi dell’AGCM e dei TAR Emilia-Romagna e Lombardia in materia di impianti minimi e tariffe al cancello.
Le forme di affidamento e l’obbligo di istruttoria
Quanto alle forme di gestione, il decreto legislativo sostanzialmente ribadisce e rafforza le modalità classiche di affidamento già previste dalla normativa vigente, riconoscendo però degli elementi distintivi e dei vincoli per ciascuno di essi. Vengono in particolare introdotte alcune novità per l’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica prevedendo che debba preferibilmente avvenire mediante il ricorso alla concessione piuttosto che all’appalto garantendo così l’effettivo trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore economico. Riguardo agli affidamenti a società mista il decreto prevede che l’ente locale possa cedere in tutto o in parte la propria partecipazione mediante procedure a evidenza pubblica senza che ciò abbia effetti sulla durata degli affidamenti in essere.
Alcune novità riguardano anche gli affidamenti in house per i quali viene rafforzato l’obbligo di motivazione che deve essere “qualificata”: l’Ente locale è tenuto cioè a specificare le ragioni del mancato ricorso al mercato, illustrando i benefici per la collettività della gestione in house con riguardo agli investimenti, alla qualità e ai costi dei servizi, nonché agli obiettivi di universalità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi, anche in relazione ai risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni in house.
Per i servizi a rete, la delibera di affidamento in house deve inoltre contenere un piano economico-finanziario asseverato che indichi la previsione dei costi e dei ricavi per l’intero periodo dell’affidamento, il dettaglio degli investimenti, nonché la valutazione dell’assetto economico patrimoniale della società da aggiornare ogni triennio.
Le scelte sulle modalità di affidamento rimangono quindi in buona misura discrezionali ma non possono essere palesemente illogiche o irrazionali e devono essere solidamente motivate, come peraltro più volte ribadito anche dalla giustizia amministrativa. La responsabilità delle scelte è posta in capo agli Enti locali le cui motivazioni devono essere sostenute da solide e concrete valutazioni di carattere sostanziale ed economico e orientate all’individuazione del modello più efficiente ed economico. Un dovere delle amministrazioni locali nei confronti delle collettività che fino ad ora è stato talvolta disatteso.
Gestione delle reti e degli impianti separata dal servizio?
Una delle novità introdotte dal Testo Unico riguarda una nuova possibilità che viene esplicitamente codificata ovvero la facoltà riservata agli Enti locali di affidare separatamente la gestione delle reti dalla gestione del servizio. Il legislatore sembra suggerire, in alternativa al modello dell’autoproduzione, una sorta di nuova strada intermedia con cui far coesistere il bene pubblico in piena compatibilità con il mercato. La strada suggerita prevede infatti che gli enti locali rimangano titolari delle reti e degli impianti occupandosi della loro gestione e manutenzione, mentre la gestione del servizio è demandata al mercato. Il legislatore sembra dunque prefigurare un nuovo possibile equilibrio, alternativo a quello della completa integrazione verticale di reti impianti e gestione del servizio, come peraltro già avviene in altri servizi regolati quali quello dell’energia elettrica. Non è chiaro, però, se questo modello sarà applicabile a tutti i settori o solo a quelli nei quali non vige già una normativa specifica.
In conclusione
L’atteso riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ha riportato all’attenzione il dibattito sull’equilibrio tra concorrenza e regole. Il Testo Unico ha il pregio di aver finalmente sistematizzato le disorganiche e stratificate previsioni normative e di avere enucleato i princìpi sui quali orientare le azioni in materia: il necessario punto di partenza sul quale innestare nuovi percorsi per sostenere lo sviluppo dei servizi pubblici locali. I servizi pubblici a rete necessitano di un disegno di governance e industriale al passo con le sfide dell’economia circolare e della transizione energetica. Per tradurre efficacemente i princìpi occorre capire come concretamente verranno esercitate le funzioni da parte dei diversi soggetti coinvolti.