Le aziende del servizio idrico sono oggi abilitatori della transizione ecologica: dall’adattamento al cambiamento climatico all’uso sostenibile dalle risorse idriche, dal controllo dell’inquinamento alla protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi. Senza operatori industriali in grado di attrarre risorse, realizzare le opere ed esercirle, non c’è transizione ecologica.

Ripreso su Staffetta Acqua

Gestioni industriali e solide per un servizio idrico efficiente in grado di contribuire alla transizione ecologica

Elettricità e illuminazione, riscaldamento e fornitura di acqua potabile. Negli ultimi 130 anni, le aziende di pubblica utilità hanno dato un forte contributo alla modernizzazione della vita degli individui, partendo dalle città per proseguire in tutto il territorio. In quanto erogatori di servizi pubblici universali, le utility hanno fatto sì che il progresso entrasse, di fatto, nella quotidianità dei cittadini. Ciò le ha rese, più o meno consapevolmente, driver del cambiamento. Un ruolo che, pur nel mutare delle situazioni e con forme e modalità diverse, hanno continuato a ricoprire.

Oggi, di fronte agli effetti del climate change e alla necessità di scelte sostenibili, i gestori del servizio idrico appaiono promettenti abilitatori della transizione ecologica: dall’adattamento al cambiamento climatico all’uso sostenibile dalla risorsa, dal controllo dell’inquinamento alla protezione della biodiversità e della salute degli ecosistemi. Per assumere un ruolo così decisivo è necessario però un approccio industriale, fatto di piani strategici, investimenti ragionati, innovazione tecnologica, programmazione, abbandonando pianificazioni non sorrette da dati e analisi dei rischil, inefficienze passate e, in parte, presenti. Senza operatori industriali in grado di attrarre risorse, realizzare le opere e gestirle in maniera efficienteed efficace, non c’è transizione ecologica. In special modo oggi, che la politica del Green Deal e l’Action Plan dell’Unione europea hanno posto le basi per convogliare le risorse finanziarie verso investimenti e attività “ecosostenibili”, sulla base di principi e criteri delineati dalla Tassonomia UE.

Benché, come noto, in Italia vi sia una forte cesura tra territori in base alla qualità del servizio (water service divide),anche nel 2020 il sistema industriale ha confermato il percorso di consolidamento verso la “gestione unica d’ambito” voluta dal decreto “Sblocca Italia” del 2014. Un percorso volto a ridurre la frammentazione e e ad affermare la presenza di operatori a vocazione industriale, capaci di rispondere ai bisogni dei territori, dotati di capacità di finanziare e di realizzazione degli investimenti, oltre all’ erogazione di un servizio di qualità ed efficiente. Secondo l’ultima relazione di ARERA al Parlamento, nel periodo 2016-2020, a fronte di un aumento seppur contenuto del numero di gestori unici d’ambito (passati da 57 a 59), si è registrata una riduzione del numero di gestioni salvaguardate o conformi alla normativa (28 in meno) e una diminuzione del numero di gestioni non conformi, passate da 1.074 a 842.

Le regioni nelle quali gli effetti di questo percorso sono più evidenti sono Lombardia, Lazio e Piemonte, mentre in altre si assiste al consolidamento di soggetti industriali di dimensioni rilevanti. È questo il caso del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, ove le fusioni tra operatori sono tese al raggiungimento di una massa critica necessaria a rafforzare la struttura patrimoniale, efficientare i costi e raggiungere gli obiettivi di miglioramento della qualità indicati dalla regolazione ARERA.

Le note dolenti arrivano invece da alcune aree del Paese nelle quali, in diversi anni, non si è riusciti nemmeno a individuare il gestore unico d’ambito: Calabria e Molise restano le uniche due Regioni in cui il servizio idrico rimane affidato a gestioni in economia prive di una organizzazione industriale. Sicilia e Campania scontano invece una governance ancora non pienamente operativa. In queste aree il monitoraggio si limita ai territori in cui sono presenti i pochi operatori industriali; per la restante parte, la mancanza di EGA operativi non consente nemmeno di conoscere lo stato della gestione idrica.

Il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) riconosce queste fragilità e dedica un punto specifico tra le riforme alle “Misure per garantire piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati” (Riforma 4.3), segnalando un’iniziativa centrale dedicata di sostegno all’industrializzazione del settore, per favorire la costituzione di operatori idrici integrati, pubblici o privati, e ridurre i divari di efficienza e qualità del servizio. 

Per avere una fotografia più nitida della situazione economico-finanziaria dei gestori, noi del Laboratorio REF Ricerche, in collaborazione con CRIF Ratings, abbiamo sviluppato un’analisi delle performance dei primi 100 operatori industriali del Paese. Uno studio avviato per la prima volta nel 2016 e che restituisce un quadro delle gestioni industriali in termini di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale. L’analisi delle performance verte sull’evoluzione di alcuni dei principali indicatori economico-finanziari utilizzati nella valutazione del merito creditizio da parte delle società di rating, quali la redditività della gestione operativa (EBITDA MARGIN), la capacità finanziaria (PFN/EBITDA) e la solidità patrimoniale (PFN/PN). Infine, sulla base delle dimensioni (sopra o sotto 250.000 abitanti serviti) e delle performance economico-finanziarie, sono stati identificati cinque “cluster” di gestioni.

Che cosa ne emerge? Innanzitutto, che nel quinquennio 2015-2019 è aumentato il numero di gestori che presenta le caratteristiche per essere un “Aggregatore”, ovvero operatori che godono di un’ottima posizione economico-finanziaria, in grado di rafforzare la capacità di investimento nei territori oggetto di potenziali aggregazioni. Verso questa categoria sono passati 9 gestori, a fronte di una riduzione dei “Potenziali aggregatori”, caratterizzati da una buona posizione economico-finanziaria ma meno solida e con meno margini di attivazione di potenziali ulteriori investimenti.  Ciò a segnalare come le migliorate condizioni di contesto e delle regole hanno favorito un travaso dai secondi ai primi. È poi aumentato il numero di operatori qualificabili come “Stand alone” – da 18 a 24 – categoria che racchiude quei gestori dalla posizione economico-finanziaria sostenibile ma meno efficienti dei primi due tipi, oppure da una solida posizione economico-finanziaria ma con un bacino d’utenza troppo ristretto per beneficiare di economie di scala finanziarie.

Diminuiscono le gestioni “Piccole appetibili” (poco efficienti da un punto di vista economico-finanziario ma che possono beneficiare da eventuali aggregazioni) e “Non appetibili” (per nulla efficienti e a rischio isolamento).  Il numero di queste ultime rimane sostanzialmente invariato, a segnalare che in questi casi non sono maturate né le condizioni per un processo di crescita dimensionale né per un rilevante miglioramento degli indicatori economici-finanziari.

A fine 2019, tra i principali operatori industriali del Servizio Idrico Integrato, circa 60 aziende su 100 detengono un’ottima posizione economico finanziaria, con una buona capacità di attivare la leva del debito a sostegno degli investimenti. L’evoluzione degli indicatori tra il 2018 e il 2019 mostra un assestamento delle performance e dei raggruppamenti. Se “Aggregatori” e “Potenziali aggregatori” si mantengono piuttosto stabili, circa metà del campione si concentra nelle categorie degli operatori “Stand alone”[1] e dei “Piccoli appetibili”. Rispetto al 2018, la categoria degli “Stand alone” annovera 4 operatori in più in uscita dalla categoria dei “Piccoli appetibili”, grazie a miglioramenti in efficienza operativa e profilo di indebitamento. Al contrario 6 operatori retrocedono dallo status di “Stand alone” a quello di “Piccoli appetibili”, in seguito ad una contrazione dell’EBITDA Margin e al conseguente aumento della tensione finanziaria. Il gruppo dei “Piccoli appetibili” raccoglie le “retrocesse” tra i non appetibili e perde le 4 “promosse” rispetto al 2018.

Osservando l’evoluzione nel quinquennio 2015-2019 delle performance economico-finanziarie dei diversi raggruppamenti di gestioni, si segnala il rafforzamento degli indicatori caratteristici, con un moderato incremento della redditività media a fronte di un significativo miglioramento del profilo finanziario, come ben evidenziato dalla forte contrazione dell’incidenza dell’indebitamento netto (PFN) su patrimonio e redditività delle gestioni.

Inoltre, se si considera che nel periodo osservato è cresciuto il volume degli investimenti, il rafforzamento degli indicatori finanziari nei raggruppamenti più virtuosi evidenzia un miglioramento nella capacità di generare flussi di cassa e nella patrimonializzazione (a sostegno dell’autofinanziamento).

Peraltro, il progresso degli indici appena descritto è anche esito delle azioni intraprese dalla regolazione ARERA. Sin dal 2012, infatti, l’intervento dell’Autorità è stato teso a porre le condizioni per rendere possibili gli investimenti. Un percorso volto ad allineare le tariffe ai costi efficienti del servizio e ad assicurare il miglioramento della qualità.

In ogni caso, il principale traino al consolidamento rimane quello legato all’individuazione dei futuri gestori unici d’ambito e al loro rafforzamento sul territorio di elezione, grazie al subentro alle gestioni cessate ex-lege e, a scadenza, alle gestioni salvaguardate. Sono 91 le gestioni uniche a cui il sistema dovrebbe tendere, alle quali potrebbero affiancarsi le piccole gestioni in economia che soddisfano i requisiti dell’art. 147 comma 2bis del Decreto Legislativo 152/2006 (Collegato ambientale).

Su queste basi, le regioni interessate da operazioni di consolidamento sono Sicilia, Campania, Umbria, Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte, ove insistono ancora gestioni ricadenti nel raggruppamento dei “Piccoli operatori”, appetibili e non appetibili. I primi pur presentando buone performance economico finanziarie, soffrono di un limite dimensionale che ostacola il raggiungimento di economie di scala di natura finanziaria; i secondi avrebbero la necessità di riequilibrare i conti aziendali agevolando l’ingresso di “Aggregatori” o “Potenziali aggregatori”.

Non si può escludere, ed è anzi auspicabile, l’eventualità di un ulteriore consolidamento tra soggetti che già sono “Aggregatori”, “Potenziali aggregatori” o “Stand alone”: un percorso coerente con quanto osservato in Veneto, regione protagonista negli anni recenti di operazioni di fusione tra soggetti già collocabili nel raggruppamento degli operatori di maggiori dimensioni e finanziariamente robusti.

Altro elemento di industrializzazione del settore è l’accesso al credito. Sulla base degli indicatori finanziari delle prime 100 gestioni industriali del Paese, è possibile quantificare in 5,2 miliardi di euro il potenziale di indebitamento attivabile, coerente con il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario. Tale potenziale è attivabile da 87 delle 100 gestioni considerate. Ciò conduce a un altro tema, che è quello della “bancabilità” del settore idrico. Negli ultimi anni sono aumentati i finanziamenti per gli investimenti nel servizio idrico da parte di istituti bancari nazionali ed europei e le provviste reperite direttamente sul mercato dei capitali.  Una crescita sorretta dalla crescente stabilità regolatoria introdotta da ARERA, che ha reso bancabili i finanziamenti, dagli impulsi dati dalla revisione dei programmi degli interventi 2018-2019 e dalla pianificazione degli investimenti 2020-2023, che hanno incorporato gli obiettivi di qualità tecnica. Se nel 2015 i finanziamenti concessi al settore idrico non superavano i 400 milioni di euro, nel 2018 il sistema è arrivato a beneficiare di circa 1,5 miliardi di euro di credito, livello che si è confermato nel 2019, per poi scendere appena sotto al miliardo nel 2020.

Una tendenza strutturale che testimonia una ritrovata fiducia da parte del sistema creditizio.In particolare, si osserva il sostegno offerto dagli investitori istituzionali come la Banca Europea degli Investimenti (BEI) che ha raggiunto nel 2020 i 350 milioni di euro (più di un terzo del totale del credito concesso al settore). Due sono state le operazioni di finanziamento con tagli da 50 milioni di euro di cui hanno beneficiato Lario Reti Holding e SMAT; vi sono quindi 250 milioni di euro erogati ad ACEA ATO2. A questi si aggiunge, sempre nel 2020, la sottoscrizione da parte di BEI di titoli ABS (Asset backed securities), emessi da una società veicolo (Special Purpose Vehicle) per 124 milioni di euro, nell’ambito del terzo Hydrobond Viveracqua.

Un’operazione, l’ultima di Viveracqua, che rispetto a quelle già maturate nel 2014 e nel 2016 ha avuto come importante novità la sottoscrizione di titoli anche da parte di investitori quali Kommunalkredit AG, primaria banca austriaca, segnalando l’interesse che il settore idrico italiano sta maturando anche in ambito internazionale. Un’evidenza che trova confermanel finanziamento del tipo Public Finance Facility (PFF) di 80 milioni di euro concesso nel maggio 2020 da parte della Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa ad IREN.

Per quanto riguarda le emissioni sui mercati di capitali, nel 2020 si registra, oltre al terzo Hydrobond Viveracqua da 248 milioni, anche l’emissione di un sustainability linked bond per 100 milioni di euro da parte di Veritas. Si tratta di un’emissione obbligazionaria legata al raggiungimento e al mantenimento di specifici standard di sostenibilità ESG (Environmental, Social, Governance) che ha generato un forte interesse da parte di investitori istituzionali italiani (55%) e internazionali (45%).

Infine, a inizio 2021 è stato collocato il primo green bond emesso dal gruppo ACEA per 800 milioni di euro, operazione che si affianca alle emissioni “green” condotte da operatori quotati in borsa negli ultimi anni.

Di rilievo anche l’operazione bancaria di finanziamento da 134,5 milioni di euro chiusa nel 2021 tra Padania Acque e un pool di 8 banche italiane. Il finanziamento di durata ventennale, volto a finanziare parte del piano d’investimenti da 500 milioni di euro fino al 2043, senza garanzia dei soci è un esempio che dimostra – data l’entità, la durata e le caratteristiche dell’operazione – la fiducia e la credibilità che un soggetto industriale di dimensioni medio-piccole può costruire nel settore idrico grazie alle competenze manageriali, alla crescita della capacità operative e di realizzazione degli investimenti e alla stretta sinergia con il territorio.

Dall’analisi delle ultime operazioni di finanziamento relative agli anni 2020 e 2021 sembrano emergere dunque due aspetti di assoluto rilievo: 1) l’interesse crescente per il settore idrico da parte degli investitori internazionali e 2) un crescente riconoscimento degli investimenti nel servizio idrico come ambito elettivo di ricadute ESG, ovvero dal chiaro beneficio ambientale e orientati alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

Concludendo, possiamo affermare che nel prossimo decennio le aziende idriche saranno chiamate a coniugare sviluppo e sostenibilità. Un percorso del quale operatori industriali capaci di attrarre risorse, realizzare opere e gestirle, sono la necessaria precondizione. Ciò considerando che, sebbene sia complesso anticiparne compiutamente gli effetti, l’emergenza da COVID-19 non dovrebbe avere conseguenze durature trattandosi di un settore regolato e resiliente a fattori esogeni. I gestori hanno reagito fin da subito ripensando le logiche operative adottate, studiando nuovi approcci per tutelare tutti i portatori di interesse (dipendenti, clienti e fornitori) e garantire la continuità e qualità del servizio.


[1] La categoria “Stand Alone” nel 2019 è composta da operatori con buoni indicatori economico-finanziari ma dimensioni non ancora coerenti con il pieno sfruttamento delle economie di scala di natura gestionale e finanziaria.