Il riuso delle acque reflue trattate è una risposta efficace allo stress idrico a cui il Paese è esposto. Il Regolamento europeo sul riutilizzo dell’acqua in agricoltura recentemente approvato può sostenere questo percorso, assicurando regole uniformi, credibilità e certezza ai progetti di riutilizzo. I contributi pubblici a fondo perduto del Recovery Fund europeo sono una opportunità da non perdere per la realizzazione degli impianti necessari.

Il riuso delle acque depurate per fronteggiare una domanda crescente

Benché si continui a ripetere che l’acqua è un diritto universale e un bene di tutti, oggi 2,2 miliardi di persone non ne hanno alcun tipo di accesso, 4,2 miliardi sono sprovviste di sistemi di purificazione sicuri e, nel complesso, 3 miliardi non sono in grado di compiere un gesto semplice come lavarsi le mani. Solitamente questi numeri preoccupanti balzano agli onori della cronaca nella Giornata mondiale dell’acqua, il 22 marzo di ogni anno, per poi scomparire per altri 364 giorni. È forse venuto il momento di non attendere altri dodici mesi prima di riproporre la questione, perché il futuro che si prospetta è tutt’altro che roseo.

La quantità di acqua dolce e potabile è destinata a ridursi notevolmente nei prossimi 30 anni se non cambiamo i nostri comportamenti. Il climate change che stravolge il nostro ecosistema e la crescita demografica che ne aumenta i consumi in maniera vertiginosa (sestuplicati in un secolo) stanno seriamente intaccando le riserve d’acqua del Pianeta.

Nell’ultimo World Water Development Report, le Nazioni Unite stimano che nel 2050, il 52% della popolazione mondiale subirà gli effetti di una periodica penuria d’acqua. Le ripercussioni saranno molteplici. Una su tutte sullagricoltura, ad oggi, il principale  settore utilizzatore di risorse idriche, con il 69% sul totale dei consumi.

Come per altre questioni ambientali, è urgente adottare una o più soluzioni in grado di porre rimedio a un problema dai giganteschi impatti negativi. Oltre alle doverose misure per ridurre gli effetti del cambiamento climatico in generale, un contributo rilevante è offerto dal riuso in agricoltura delle acque reflue, una volta processate e depurate. Un vero cambio di paradigma rispetto all’oggi con benefici ambientali previsti sia a monte sia a valle del ciclo idrico.

Innanzitutto, il riutilizzo permette di limitare il prelievo dai corpi idrici, in particolare da quelli sotterranei, riducendo la pressione antropica sugli ecosistemi, mitigando i conflitti sull’utilizzo della risorsa e consentendo di destinare una maggiore quantità della stessa a fini potabili, con un saldo netto positivo in termini di risparmio d’energia rispetto al prelievo. Inoltre, il riuso prolunga il ciclo di vita dellacqua fornendo una risorsa idrica aggiuntiva e meno sensibile alla stagionalità dei fenomeni meteorologici, garantendo così al settore agricolo la disponibilità di acqua anche in situazioni di siccità.

Inoltre, una minore reimmissione in natura delle acque reflue serve anche a tutelare la qualità dei corpi idrici (laghi, fiumi e mare) che generalmente le accolgono. Infatti, la presenza di azoto e fosforo – conseguenze della depurazione – è responsabile di processi di eutrofizzazione (cioè dello sviluppo di vegetazione acquatica). Al contempo, le acque trattate possono apportare benefici alle proprietà fisiche del suolo, veicolando una giusta dose di nutrienti (principalmente azoto, fosforo e potassio) e altri elementi migliorativi della fertilità del terreno, permettendo di ridurre l’uso di fertilizzanti minerali, con vantaggi ambientali ed economici per le aziende agricole.

Infine, lo scarico di acque depurate può fungere da importante stabilizzatore qualitativo e quantitativo di corsi d’acqua in zone aride e zone umide da ripristinare.

Politiche comunitarie per evitare un’Europa sempre più assetata

Se si considera il Water Exploitation Index (WEI) dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), che indica il rapporto tra la quantità di acqua utilizzata (prelievo – restituzione) e il totale delle risorse di acqua dolce disponibili, si nota come i Paesi del Mediterraneo vivano in una situazione definibile di stress idrico. Per esempio, a Cipro e in Grecia, dove si sono verificati episodi di grave siccità, il consumo delle risorse rinnovabili risulta pari o superiore al 40%, manifestando uno stress idrico grave e un uso insostenibile delle risorse disponibili.  

LItalia si colloca tra i Paesi europei con il maggior grado di sfruttamento idrico, pur non raggiungendo la soglia del 20% che convenzionalmente connota una situazione di stress. Tuttavia, nel periodo estivo l’indice supera questa percentuale in gran parte della Penisola, con situazioni critiche non solo nelle regioni del Centro e del Sud Italia, ma anche del Nord-Ovest.

Guardando all’evoluzione dei prelievi idrici europei negli ultimi decenni e alle destinazioni d’uso, si nota che i Paesi del Mediterraneo si caratterizzano per i maggiori prelievi idrici in termini assoluti, una tendenza in crescita e una forte incidenza dei prelievi destinati al settore agricolo (oltre il 60%, 91 milioni di m3 nel 2017, rappresentando il 92% dei prelievi per uso agricolo europei). Le regioni del Mediterraneo, e tra queste il nostro Paese, sono dunque le aree che possono maggiormente beneficiare di una diffusione del riuso delle acque reflue in agricoltura.

Inoltre, l’approvvigionamento da diverse fonti di acqua per differenti utilizzi ed utenti (“multiple waters for multiple purposes and uses” [1]) dovrà essere alla base delle strategie europee dei prossimi decenni. Il riuso sostenibile e “fit-for-purpose” trova piena corrispondenza con il concetto di economia circolare; in questo senso, questa pratica è stata più volte indicata nella politica sulle acque dell’Unione europea[2] come fonte idrica alternativa in regioni con scarsità di acqua. Molto di recente – il 13 maggio 2020 – è stato adottato dal Parlamento e dal Consiglio Europeo un Regolamento[3] con le prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua in agricoltura (in vigore da giugno 2023)[4].

Oggi, la limitata diffusione del riutilizzo dell’acqua è principalmente dovuta alla mancanza di norme ambientali e sanitarie comuni[5], in ragione dei potenziali rischi per la salute e per l’ambiente e degli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti agricoli irrigati con acque trattate. Si aggiungono poi, quelli economico-operativi, quali l’elevato costo del riutilizzo delle acque reflue in relazione ai bassi costi della risorsa convenzionalmente pagati per l’uso irriguo e agli investimenti necessari per ammodernare gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, oltre alla mancanza di reali incentivi al riutilizzo.

Siamo di fronte a un importante passo in avanti. Il Regolamento definisce per la prima volta a livello europeo un quadro di prescrizioni minime applicabili al riutilizzo delle acque reflue destinate a scopi irrigui in agricoltura volto a garantire un loro utilizzo sicuro. Esso stabilisce i parametri minimi di qualità dell’acqua che devono essere rispettati, prevedendo che possano essere integrati nei permessi di riutilizzo da eventuali condizioni supplementari stabilite dalle autorità competenti e da ogni altra condizione necessaria per eliminare rischi per l’ambiente e per la salute.

L’introduzione del regolamento pone le basi per lo sviluppo della filiera del riutilizzo, chiarendo e armonizzando la normativa a livello europeo. Un quadro chiaro di regole uniformi che permette di testimoniare la credibilità e la sicurezza dei progetti di riutilizzo di fronte all’opinione pubblica e di fornire certezze ai potenziali investitori.

L’armonizzazione delle prescrizioni per la qualità e il monitoraggio dell’acqua contribuirà anche all’efficiente funzionamento del mercato interno dei prodotti agricoli irrigati con acque trattate e permetterà di applicare norme sanitarie uniformi in materia di igiene alimentare.

Il riutilizzo dell’acqua: un mercato in crescita

Secondo Water Reuse Europe[6], il mercato globale delle soluzioni di riutilizzo dell’acqua è cresciuto in modo significativo dai primi anni Novanta: da meno di 1 milione di m³/giorno di nuova capacità installata, si è passati ai 7 milioni di m³/giorno nel 2017. Un trend destinato a superare i 10 milioni di m³/giorno entro il 2022. L’uso industriale, seguito dall’irrigazione, trainano la domanda globale. Sebbene l’Europa stia vivendo una crescente scarsità d’acqua, essa rappresenta solo una piccola percentuale del mercato globale del riutilizzo, in ritardo rispetto alle Americhe e all’Area del Pacifico nell’implementazione di soluzioni di riutilizzo. Nonostante il riuso delle acque reflue sia un tema di cui si discute da tempo, mancano ancora dati affidabili nei Paesi dell’Unione europea (i dati più completi risalgono al 2006).

Tuttavia, è possibile notare due elementi. Primo, le misure di riuso sono state sviluppate soprattutto nelle nazioni interessate da fenomeni di scarsità idrica (Cipro, Spagna, Italia, Malta). Secondo, seppur non recenti, i dati lasciano intendere che il potenziale del riuso a livello Europeo non è ancora stato sfruttato adeguatamente e che gli investimenti possono essere una soluzione a portata di mano per ridurre la pressione sulle riserve di acqua dolce.

Tra i principali ostacoli che si frappongono a un pieno utilizzo vi è l’insufficiente divario di prezzo tra l’acqua riutilizzabile e quella prelevata dall’ambiente. Esso ha limitato da sempre l’attrattività economica di questi interventi, in combinazione con l’assenza di chiari incentivi finanziari che sostengano il riuso; del resto, se manca il segnale di prezzo relativo ai reali costi ambientali e di tutela della risorsa idrica quando questa viene prelevata e consumata, difficilmente questa partica potrà trovare spazio di sviluppo anche in futuro.

Inoltre, l’assenza di standard comuni sulla qualità delle acque ha fatto sì che ogni Stato costituisse delle proprie regole. Considerando il caso dell’irrigazione di colture con acqua riutilizzata, la disomogeneità degli standard si riflette sull’onerosità dei costi tecnologici e di monitoraggio sostenuti e sull’accettabilità di prodotti agricoli provenienti da Paesi con standard più o meno stringenti, non permettendo lo sviluppo di un mercato comune per questi beni agricoli.

La fattibilità del riutilizzo poggia, inoltre, sulla presenza di adeguate infrastrutture per la distribuzione della risorsa ai soggetti beneficiari e, in caso di riutilizzo irriguo, sulla compatibilità tra la composizione delle acque, i suoli e le colture ricettrici.

Infine, sebbene le tecnologie siano note, permangono alcune questioni in sospeso per quanto riguarda l’ambito tecnico-scientifico, quali l’identificazione e ottimizzazione della tecnologia appropriata ai diversi utilizzi, la rimozione dei microinquinanti e il disegno di efficaci controlli e monitoraggi che garantiscano una valutazione attendibile e una continua gestione dei rischi tossicologici per la salute umana, animale e ambientale.

La questione rimane urgente. La soluzione esiste. La disponibilità di contributi pubblici provenienti dai programmi comunitari recentemente approvati, quali il Recovery fund europeo, può fungere da innesco, sostenendo i costi per la realizzazione degli impianti necessari.


[1] Per un approfondimento si veda il documento “The Value of Water”, Water Europe, 2017 https://watereurope.eu/wp-content/uploads/2020/04/WE-Water-Vision-english_online.pdf

[2] https://ec.europa.eu/environment/water/reuse.htm

[3] Regolamento (UE) 2020/741(link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2020.177.01.0032.01.ITA&toc=OJ:L:2020:177:TOC)

[4]I regolamenti sono direttamente vincolanti su tutto il territorio UE a partire dalla data indicata nella Gazzetta ufficiale.

[5] Solo un numero limitato di Paesi Europei avevano adottato disposizioni legislative o norme nazionali prima dell’adozione del Regolamento: tra di essi figurano l’Italia, la Spagna, la Francia e Cipro.

[6] https://www.water-reuse-europe.org/the-state-of-the-sector/#page-content