Negli ultimi due anni le imprese hanno registrato crescenti dicoltà nella gestione dei riuti: sono aumentati i costi di smaltimento, così come i tempi del ritiro da parte degli operatori, e la distribuzione dei rincari è asimmetrica. L’economia circolare è una via ma va organizzata.
Da qualche tempo, l’espressione “economia circolare” è uscita dall’ambito degli esperti ed ha fatto il suo ingresso nel mondo dei media, tradizionali e
social. Molti ne parlano, molti meno, invece, hanno chiaro:
- che è importante entrare nel concreto della misurazione e dei dati numerici per calare nella realtà le azioni da adottare per diventare “circolari”
- che per arrivare a una “circolarità” bisogna innanzitutto operare delle scelte e prendere decisioni strategiche che presuppongano investimenti consistenti a medio-lungo termine
- che sul piano dello sviluppo-Paese la questione dei riuti ha un peso notevole.
Partiamo, dunque, dai rifiuti, e da un dato che li riguarda: 32 miliardi di euro.
Questo è il valore monetario della produzione delle attività legate ai servizi di smaltimento dei rifiuti in Italia (considerando anche la gestione delle acque reflue). Per capire l’entità di questo valore – già in assoluto alto – è sufficiente dire che è identica a quella relativa all’attività di gestione delle risorse energetiche, di cui ci si occupa e si discute molto di più a tutti i livelli, di policy maker e di opinione pubblica. Una dimensione che racconta di un comparto sempre più strategico per l’economica nazionale e dal quale si deve partire quando si progetta e pianifica il futuro economico del nostro Paese.