Gli investimenti programmati si portano a 70 euro pro capite nella programmazione 2020-2023. Emerge un generale miglioramento delle perdite di rete, della qualità dell’acqua erogata e depurata, dell’adeguatezza della fognatura, mentre aumenta il ricorso alla discarica per lo smaltimento dei fanghi. Il Centro traina i miglioramenti e il Nord continua ad esprimere livelli di qualità superiori alle altre aree del Paese. Nelle aree con i maggiori ritardi la chiusura dei divari è avviata.

Gli investimenti rappresentano un aspetto chiave per mantenere in buono stato le infrastrutture, migliorare la qualità e ridurre gli impatti sull’ambiente. Un’evidenza vera sia per il sistema-Italia in generale sia per quanto riguarda il servizio idrico, caratterizzato per lungo tempo da investimenti troppo bassi per garantire a pieno la continuità del servizio e fare fronte alla vetustà delle reti. Ma non solo. In anni più recenti la necessità di investimenti è diventato un elemento centrale nella lotta al cambiamento climatico, al raggiungimento degli obiettivi nazionali e sovranazionali di decarbonizzazione e alla promozione dell’economia circolare.

Non è un caso che ARERA li abbia sostenuti con decisione, definendo obiettivi di mitigazione delle ricadute ambientali del servizio e promosso una pianificazione basata sulla misurazione e sulla conoscenza dello stato delle reti, al fine di chiudere i divari territoriali. In particolare, con l’introduzione della regolazione della qualità tecnica (RQTI), sul finire del 2017, e con l’approvazione del nuovo metodo tariffario per il terzo periodo regolatorio (MTI-3), si è aperta una nuova fase.

Come spesso accade quello che oggi si vede è un percorso con luci e ombre, dove agli apprezzabili miglioramenti si affianca la difficoltà a chiudere il water service divide di alcune aree del Mezzogiorno.  

Per avere un quadro completo e definito della situazione ci si è serviti della documentazione riguardante le approvazioni delle predisposizioni tariffarie MTI-3 da parte degli Enti di Governo d’Ambito (EGA). In questo modo è stato possibile rilevare: i livelli degli investimenti realizzati nel biennio 2018-2019 e programmati nel quadriennio 2020-2023, la capacità realizzativa dei gestori e gli ostacoli alla piena realizzazione degli interventi programmati.

Investimenti in crescita. Ma non in maniera omogenea

Le informazioni a disposizione per il quadriennio 2016-2019 mostrano investimenti realizzati al lordo dei contributi pubblici che passano dai 40 € ab./anno del 2016 ai 56 € ab./anno del 2019, in crescita del 39% in 3 anni. Un percorso progressivo di avvicinamento delle gestioni industriali del Paese verso i valori di investimento degli altri Paesi europei, che si attestano sugli 80-90 € ab./anno. Il tasso di realizzazione degli investimenti programmati raggiunge il 93,5% nel 2018, per poi scendere all’86% nel 2019. Si osserva dunque una chiara tendenza alla crescita del tasso di realizzazione degli investimenti nel biennio 2018-2019 rispetto al biennio 2016-2017.

A livello di area geografica, a trainare i miglioramenti del servizio idrico sono le gestioni del Centro Italia, sia in termini di tasso di realizzazione sia in termini volume degli investimenti realizzati, seguite da quelle del Nord-Ovest e del Nord-Est. Degno di nota è il valore raggiunto dalle gestioni del Mezzogiorno, dove le poche gestioni industriali presenti sviluppano investimenti per 43 € ab./anno, con un tasso di realizzazione del 75%.

La situazione rimane comunque diversificata anche all’interno delle singole macroaree: le gestioni con i tassi più elevati di realizzazione degli investimenti programmati (>95%) sono localizzate prevalentemente nelle regioni del Nord. Al contrario, 1|5 delle gestioni analizzate non raggiunge il 60% di realizzato rispetto a quanto programmato. Si tratta di operatori localizzati del Mezzogiorno ma anche nel Nord-Est e nel Centro.

Focalizzando l’attenzione sul livello di investimenti realizzati, un numero ridotto di gestioni è in grado di fare investimenti per oltre 80 € ab./anno, mentre una gestione su 6 tra quelle analizzate non supera i 30 € ab./anno. Nuovamente il Mezzogiorno presenta un’alta incidenza di gestioni con un basso livello di investimenti realizzati, seguita dal Centro. La maggior parte delle gestioni si colloca nelle fasce intermedie di realizzazione tra i 30 e i 49 € ab./anno e i 50 e i 79 € ab./anno, rispettivamente il 39% e il 35% delle gestioni analizzate.

I freni agli investimenti

I risultati incoraggianti ottenuti devono, tuttavia, fare i conti con la presenza di ostacoli che frenano il processo di investimento e di realizzazione delle opere.

Tra le cause che potremmo definire “esterne”, come già riscontrato in precedenti ricerche [si vedano i Paper n. 162 e 133], vi sono i ritardi sono dovuti alle procedure amministrative per l’affidamento dei lavori e il loro iter autorizzativo. Per quanto riguarda gli affidamenti, invece, viene lamentato un appesantimento delle procedure di appalto e criticità riconducibili alle difficoltà introdotte con la nuova disciplina del Codice degli appalti, a cui si possono aggiungere contenziosi e ricorsi al TAR a valle delle gare e dell’affidamento degli incarichi.

Ad incidere in maniera rilevante sulla capacità realizzativa vi sono anche aspetti legati all’ottenimento dei contributi pubblici, quali attese di conferme di disponibilità di finanziamenti pubblici, carenza di fondi e ritardi nell’assegnazione e nell’accreditamento rispetto alle previsioni. In alcuni casi i ritardi vengono spiegati come conseguenza dei tempi dilatati nel subentro a gestioni cessate o in economia, o con la carenza di informazioni sullo stato delle infrastrutture.

Tuttavia, vi sono anche criticità connesse all’organizzazione interna. Tra le principali si annoverano questioni legate alla programmazione con la necessità di investimenti extra-pianificazione o anticipati, pianificazioni aleatorie e necessità di riprogrammazione dell’esecuzione delle opere o revisione tecnica dei progetti, o ancora programmazioni molto frammentate, con “micro” cantieri che hanno assorbito molte risorse umane e tempo. Lato progettazione ed esecuzione, sono emerse problematiche tecniche e realizzative durante i lavori con ritardi e imprevisti di cantiere o nei collaudi e maggiori complessità nell’esecuzione delle opere rispetto a quanto progettato.

Sono emerse anche criticità legate alla mancanza di risorse umane, con procedure selettive e concorsuali infruttuose, strutture tecniche con deficit di competenze, ritardi di varia natura dovuti a riorganizzazioni interne.

 “Qualità tecnica”. Un progresso con luci e ombre

Con l’adozione della regolazione della qualità tecnica a fine 2017 (Delibera n.917/2017), ARERA ha introdotto un percorso di miglioramento progressivo con 6 aspetti di rilievo o macro-indicatori (M1-M6) sui quali concentrare i propri sforzi: perdite di rete, interruzioni di servizio, qualità dell’acqua distribuita, adeguatezza del sistema fognario, gestione dei fanghi di depurazione e qualità dell’acqua depurata [per approfondire si vedano i Paper n. 120 e 103].

A distanza di qualche anno, le approvazioni delle predisposizioni tariffarie MTI-3 permettono di avere una prima panoramica dell’evoluzione degli indicatori di qualità tecnica.

Il quadro che emerge mostra progressi da parte di più della metà delle gestioni analizzate per ciascun macro-indicatore. Per tutti gli aspetti indagati si ha il miglioramento o il raggiungimento degli obiettivi per una percentuale di gestioni considerate che oscilla tra il 61%, relativamente alla qualità dell’acqua erogata, e il 74%, con riferimento all’adeguatezza del sistema fognario. Unica eccezione riguarda le performance delle perdite di rete per cui si riscontrano percentuali inferiori, con circa la metà delle gestioni (53%) che migliora le proprie prestazioni, l’11% che le mantiene sostanzialmente stabili, mentre il 36% le vede peggiorare.

Relativamente alle perdite di rete, sono i gestori del Centro a registrare i miglioramenti più marcati, con una riduzione delle perdite di rete lineari del 30% (da 50,63 a 35,52 mc/km) e di quelle percentuali del 6% (dal 49% al 46%). Buone prestazioni si riscontrano anche per le gestioni del Nord-Ovest, con una riduzione dell’8% delle perdite lineari (da 24,97 a 23,08 mc/km) e del 3% di quelle percentuali (da 31,8% a 30,8%). Pressoché stabili le performance del Nord-Est e degli operatori industriali del Sud e Isole.

Per quanto riguarda la qualità dell’acqua erogata si riscontra un miglioramento complessivo del settore con un calo dell’incidenza delle ordinanze di non potabilità (M3a), conseguenza di un’importante riduzione del numero e degli abitanti interessati da parte di alcune gestioni del Mezzogiorno, che hanno più che compensato incrementi dell’incidenza nelle altre macroaree. I deterioramenti della qualità dell’acqua distribuita hanno interessato meno della metà delle gestioni analizzate (35, il 40% del campione) e con intensità differenti. I più intensi si sono verificati nell’area centrale del Paese per l’emanazione di ordinanze di non potabilità dovute a presenza di arsenico e fonti di approvvigionamento soggette a fenomeni di torbidità in caso di precipitazioni molto forti. Incrementi meno pronunciati si riscontrano anche nel Nord-Est dove eventi legati ai cambiamenti climatici hanno portato a situazioni emergenziali di tipo straordinario (si pensi agli effetti della tempesta Vaia dell’ottobre 2018). Senza dubbio l’M3 è, tra gli indicatori, quello più sensibile ai cambiamenti climatici, all’industrializzazione e al grado di sfruttamento del territorio, aspetti che hanno modificato e modificheranno le condizioni a contorno delle fonti di approvvigionamento rendendole più vulnerabili ad agenti inquinanti. SI tratta di cause esterne fuori dal controllo dei gestori ma che possono trovare una prima risposta mediante l’implementazione dei Piani di sicurezza dell’acqua, i Water Safety Plan, chiamati a fornire un approccio predittivo e di manutenzioni programmate fondato sull’analisi del rischio e finalizzata alla prevenzione di eventi di contaminazione dell’acqua [si veda Paper n. 184].

Per l’adeguatezza della rete fognaria (macro-indicatore M4) si riscontra un consistente miglioramento in tutte e quattro le macroaree del Paese, con il Centro che mostra i maggiori progressi e il Mezzogiorno che progredisce in maniera meno pronunciata.

Considerando la gestione dei fanghi (M5), si rileva una crescita del tasso di smaltimento in discarica del 16%, in aumento di 2,8 punti percentuali. Il Nord-Est è l’unica macroarea che mostra una riduzione della percentuale dei fanghi indirizzati a tale destinazione. I gestori del Centro sono invece quelli che mostrano le maggiori criticità, con un tasso di smaltimento in discarica superiore al 30% del quantitativo di fanghi prodotti. Il Nord-Ovest mantiene un valore medio contenuto, ben al di sotto del 15%. Mentre i gestori del campione del Mezzogiorno aumentano la percentuale di fanghi smaltiti in discarica superando la soglia del 25%. Infine, relativamente alla qualità dell’acqua depurata (M6) è possibile riscontrare un significativo miglioramento complessivo del tasso di superamento dei limiti normativi dei campioni di acque depurate analizzati. Un progresso diffuso e trasversale alle macroaree, pur con intensità diversificate.

In sintesi, le gestioni del Nord-Ovest mostrano una situazione generalmente stabile, con significativi avanzamenti riguardanti l’adeguatezza della fognatura e la qualità dell’acqua depurata. È stabile la situazione delle perdite di rete e della qualità dell’acqua depurata per le gestioni del Nord-Est, con progressi per l’adeguatezza della fognatura, i fanghi smaltiti in discarica e qualità dell’acqua depurata, mentre si denota un deterioramento della qualità dell’acqua distribuita.

Le gestioni del Centro mostrano apprezzabili sforzi di miglioramento per quanto riguarda la riduzione delle perdite di rete, l’adeguatezza della fognatura e la qualità dell’acqua depurata, anche se devono affrontare un peggioramento della qualità dell’acqua distribuita e un aumento della quota di fanghi smaltiti in discarica. Le gestioni del Mezzogiorno mostrano importanti sviluppi per quanto riguarda l’adeguatezza della fognatura, la qualità dell’acqua erogata e depurata, mentre mantengono sostanzialmente stabili le perdite di rete e l’adeguatezza della fognatura e aumentano la percentuale dei fanghi destinati alla discarica. Il Nord continua ad esprimere livelli di qualità migliori del Centro e del Sud e Isole, ma per alcuni indicatori la chiusura dei divari è avviata.

Ad esprimere le maggiori criticità a livello di Paese rimangono la qualità dell’acqua erogata e depurata e l’adeguatezza della fognatura.

Uno sguardo al futuro (prossimo)

È con la programmazione 2020-2023 che ci si aspetta che la regolazione della qualità tecnica, entrata a regime, possa dispiegare il suo potenziale nel guidare le priorità di investimento potendo portare a progressi più marcati rispetto a quelli registrati fino ad oggi. Osservando il quadriennio 2020-2023 è possibile riscontrare una crescita degli investimenti programmati al lordo dei contributi a fondo perduto. La pianificazione per l’anno 2020 risulta prudenziale, riflettendo probabilmente i rallentamenti e le ripercussioni sull’operatività dei cantieri dovuti allo scoppio della pandemia da Covid-19, non superando i 56 € ab./anno e denotando una battuta di arresto. Con il triennio 2021-2023 la programmazione riflette una ripresa degli investimenti che si attestano attorno ai 70 € ab./anno. Livelli superiori a quelli programmati per l’anno 2019. Le previsioni di disponibilità di finanziamenti pubblici rappresentano il 18% di quanto programmato. A livello territoriale gli investimenti programmati più alti si riscontrano al Centro (74 € ab./anno), mentre il buon livello registrato dal Mezzogiorno risente della disponibilità dei dati per le gestioni industriali di grandi dimensioni.

Un ulteriore impulso potrà provenire dal PNRR grazie alle linee di finanziamento che interessano il settore con una previsione di risorse pari a 3,5 miliardi di euro [si veda Paper n. 170].

Approfondendo la ripartizione degli investimenti programmati 2020-2023, la quota maggiore, il 20%, rimane destinata ad interventi volti a contenere le perdite di rete (M1), seguita dagli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata (M6), che incidono per il 17%, nonché per l’adeguamento del sistema fognario (M4), circa il 13%.

Si confermano quindi importanti sforzi per proseguire nel miglioramento di tali indicatori, che già nel biennio 2018-2019 hanno registrato sensibili progressi. Rispetto al biennio 2018-2019 sembra inoltre emergere un fabbisogno maggiore di investimenti infrastrutturali non riconducibili direttamente agli specifici obiettivi di qualità tecnica fissati dall’Autorità, e una crescita meno marcata dell’incidenza di quelli volti a migliorare la qualità dell’acqua distribuita e la quota di fanghi smaltiti in discarica. Si registra inoltre una crescita degli investimenti volti a ridurre le interruzioni di servizio (M2), pari al 13% di quelli programmati, come possibile effetto anche dell’attivazione del meccanismo incentivante per tale macro-indicatore a partire dall’anno 2020.

A livello territoriale si denotano priorità di investimento diversificate. Le gestioni del Nord-Ovest concentrano i maggiori sforzi nel miglioramento dell’adeguatezza del sistema fognario (20%), della qualità dell’acqua depurata (20%) e successivamente nella riduzione delle perdite di rete (17%). Per le altre tre macroaree le perdite di rete si confermano la priorità, pur con un’intensità maggiore nell’area centrale del Paese (23%). Anche il fabbisogno destinato ad adeguare il sistema fognario assume un’importanza rilevante tra le macroaree (19-20%), ad eccezione del Nord-Est (11%). In quest’ultima macroarea hanno un’incidenza preponderante gli investimenti infrastrutturali non collegati a specifici obiettivi di qualità tecnica (22%). Una situazione che si riscontra ancora più marcata nel Mezzogiorno (28%). Un aspetto peculiare del Nord-Est è una quota di investimenti legati al miglioramento della qualità dell’acqua erogata (10%) superiore alle altre aree. Così come emergono fabbisogni maggiori riguardo la riduzione delle interruzioni del servizio (18%) da parte delle gestioni del Centro.