Il 1° gennaio 2023 è entrato in vigore il TQRIF, che segna l’avvio del percorso di regolazione della qualità contrattuale e tecnica del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La complessità insita nel settore ha indotto ARERA ad implementare un modello regolatorio asimmetrico, ponendo in capo agli ETC il compito di definire gli obblighi e gli standard di qualità a cui assoggettare la gestione. Un percorso regolatorio che in questa prima tornata ha certamente definito un primo riferimento minimo comune per le prestazioni e i relativi standard. Ciò nondimeno gli incentivi al miglioramento sono apparsi ancora blandi, portando a scelte conservative da parte degli ETC.
Rifiuti: 2023, al via la regolazione della qualità del servizio
Il 1° gennaio 2023 è entrato in vigore il TQRIF ovvero il Testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Voluto da ARERA e mutuato dalla regolazione del Servizio Idrico Integrato, segna l’avvio di un iter regolatorio pensato per condurre il settore verso un miglioramento generalizzato della qualità grazie ad un quadro di regole comuni, differenziate in funzione del livello di partenza.
Il TQRIF va visto come un traguardo importante, anche perché frutto di un lavoro lungo e articolato, partito nel 2021 con l’ampio processo di consultazione degli stakeholders e condottoin un settore dagli elevati livelli di frammentazione, complessità e disomogeneità e nel quale un percorso a “geometrie variabili” sembra essere l’unica opzione percorribile.
Benché appena entrato in vigore, il TQRIF ha coinvolto i gestori e gli Enti Territorialmente Competenti (ETC) già dai primi mesi del 2022, quando le gestioni hanno dovuto adeguarsi agli obblighi e agli standard minimi di qualità derivanti dallo schema regolatorio di pertinenza e individuare i costi connessi all’adeguamento agli obblighi all’interno del Piano Economico Finanziario (PEF) 2022-2025. Tutto ciò in un anno – quello appena trascorso – per molte ragioni “travagliato”, specialmente per un settore che ha dovuto predisporre per la prima volta dei PEF su un orizzonte pluriennale, fare fronte ai rincari degli input energetici e dei materiali, “mettere a terra” le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e seguire le innovazioni introdotte dal nuovo quadro comunitario in materia di economia circolare.
2022: la regolazione all’avvio
Con l’introduzione del TQRIF, ARERA ha dunque deciso di disciplinare la qualità contrattuale e alcuni primi aspetti di qualità tecnica,rinviando a successivi approfondimenti e provvedimenti per i restanti profili di qualità tecnica.
Come ricordato, già l’anno passato gli ETC sono stati chiamati in causa. Infatti, entro il 31 marzo dovevano collocare le gestioni nella matrice degli schemi regolatori, scelta dalla quale discendono gli obblighi e gli standard di qualità applicabili alle medesime gestioni per il periodo 2022-2025, ovvero per l’intero orizzonte del PEF. La valutazione, come stabilito dal TQRIF, si doveva basare su quanto previsto nel Contratto di servizio e/o nella Carta della qualità vigente, fornendo quindi una fotografia dello stato dell’arte della qualità del servizio nel Paese.
Tale attività è stata svolta da una pluralità di ETC, che in alcuni casi hanno affiancato all’attività di valutazione degli atti anche verifiche “sul campo”, richiedendo la compilazione di questionari volti a valutare il rispetto degli obblighi previsti dal TQRIF. Cosa ne è emerso? Da una nostra ricognizione delle scelte effettuate (su un numero di ETC rappresentante il 48% della popolazione italiana), si evidenzia che il 77% della popolazione risiede in territori affidati a gestori che si collocano nello Schema I, quindi al livello più basso della qualità del servizio. Seguono gli Schemi III e II, corrispondenti ad un livello di qualità intermedio, rispettivamente con il 13% e il 4% della popolazione, e infine lo Schema IV, con livelli avanzati di qualità rinvenibili solo in gestioni che servono il 5% della popolazione.

In generale, il quadro che emerge dalla ricognizione sembra suggerire che il livello di partenza della qualità del servizio erogato nel Paese è sostanzialmente basso, e tale da non essere adeguato rispetto agli obblighi minimi previsti dal TQRIF. Tuttavia, lo spaccato di area geografica consente di leggere alcune tendenze diversificate, relative in particolare alle motivazioni che hanno indotto gli ETC ad optare per uno Schema piuttosto che un altro.
Peculiare è il dato del Nord Italia, dove il 79% della popolazione del campione si colloca nello Schema I, quindi una diffusione del livello qualitativo basico anche superiore a quella media dell’intero campione. Il dato appare non coerente, almeno per il versante della qualità tecnica, con gli indicatori sul tasso medio di raccolta differenziata, che nel 2021 ha raggiunto al Nord il 71%, contro il 60,4% del Centro e il 55,7% del Sud e Isole. Il disallineamento tra le performances nello svolgimento del servizio e il collocamento nello schema regolatorio è un primo elemento che deve fare riflettere, anche rispetto alla portata dell’onere di rendicontazione previsto dal TQRIF.
Scendendo a livello territoriale, appaiono singolari, ad esempio, le scelte di due EGATO regionali come ATERSIR e AUSIR, che hanno collocato rispettivamente l’Emilia-Romagna e il Friuli-Venezia Giulia in Schema I: due territori storicamente virtuosi nella gestione dei rifiuti urbani e con tassi di raccolta differenziata che si collocano rispettivamente al 72% e al 68%. Una valutazione simile potrebbe essere estesa anche al caso della Lombardia, dove alcuni grandi centri come Milano e Bergamo sono stati posti in Schema I a fronte di tassi di raccolta differenziata che hanno raggiunto rispettivamente il 62,5% e il 76,7%.

Dagli ETC una scelta “conservativa”
Come interpretare questi dati? La spiegazione di tali scelte, in particolare per quelle che sono ricadute sullo Schema I, è la forte frammentazione del servizio, in particolare modo per il ruolo che i Comuni ancora svolgono nell’ambito della gestione delle tariffe e dei rapporti con l’utenza. A fronte di una diffusione ancora limitata della tariffa corrispettiva (TCP e TARIP), i Comuni si trovano a gestire la riscossione del tributo (TARI) e a doversi occupare di un’ampia e differenziata serie di adempimenti, quali quelli concernenti la regolazione tariffaria e le attività di revisione dei regolamenti e delle modulistiche a seguito degli ultimi interventi normativi, che rendono ulteriormente difficoltoso l’adeguamento agli obblighi definiti dal TQRIF. Per questo motivo, in alcuni casi, l’adesione allo Schema I può essere interpretata come la volontà di limitare, almeno in sede di prima applicazione, l’onere in capo ai Comuni per gli adempimenti conseguenti.
Una seconda spiegazione è legata alla situazione economica e alle dinamiche inflattive, laddove ETC e aziende, in alcuni casi anche in virtù degli ottimi risultati già raggiunti, hanno deciso di posporre i costi connessi agli oneri di rendicontazione e a rimandare gli investimenti in sistemi informativi e informatici, che non si traducono in via diretta in un miglioramento della qualità erogata a beneficio degli utenti.
Punti di forza e criticità nell’applicazione del TQRIF
Punti di forza
L’entrata in vigore del TQRIF nel gennaio 2023 rende senza dubbio prematura un’analisi compiuta degli effetti del TQRIF sul settore. Tuttavia, è possibile fornire una prima valutazione dei punti di forza e di alcuni elementi di criticità dell’impostazione regolatoria, anche alla luce dell’impatto del provvedimento sulle gestioni nel loro percorso di adeguamento ai nuovi indirizzi in materia di qualità.
Tra i punti di forza, il TQRIF ha indubbiamente posto le condizioni per l’avvio di un processo di convergenza e omogeneizzazione della qualità del servizio.
Secondariamente, il TQRIF consente di portare una maggiore trasparenza in merito agli oneri connessi al miglioramento della qualità del servizio, indirizzando le risorse verso il perseguimento di obiettivi comuni nel Paese.
In terzo luogo, la regolazione della qualità costituisce una leva per promuovere nuovi investimenti nel settore, specie nel campo della digitalizzazione, e per la riorganizzazione dei processi. Tale impulso risulta particolarmente evidente nelle gestioni che ricadono negli Schemi II-III-IV, laddove è necessario implementare un sistema di registrazione delle informazioni e dati concernenti le prestazioni soggette a livelli generali di qualità, realizzato in modo da consentirne la verificabilità in sede di controllo da parte delle Autorità competenti.
Infine, la compliance al TQRIF non ha impatto esclusivamente sulla qualità del servizio erogato, ma fornisce anche una spinta indiretta verso l’aggregazione industriale, il completamento della governance e il passaggio da logiche tributarie a corrispettive.
Per quanto riguarda l’aggregazione industriale, la definizione di obblighi e standard sfidanti si pone come un elemento di favore per le gestioni più virtuose, capaci di adeguarsi al TQRIF in condizioni di maggiore efficienza e beneficiando di economie di scala.
Relativamente al completamento della governance, le prescrizioni del TQRIF richiedono un presidio costante da parte degli ETC. È evidente, dunque, che la piena operatività di un regolatore di secondo livello, da un lato, e il passaggio a tariffa corrispettiva o l’affidamento a terzi del servizio di gestione del tributo, dall’altro, possono sgravare i Comuni dagli adempimenti ricadenti sugli ETC e sui gestori delle tariffe e dei rapporti con l’utenza, orientando il settore verso un sistema di governance meno parcellizzato e verso un modello tariffario più aderente al principio comunitario del “chi inquina paga” (per questo tema, si rimanda al Position Paper n. 207).
Punti di debolezza
I punti di debolezza emersi in questa prima fase di applicazione del TQRIF sono speculari ai punti di forza, trattandosi di un modello regolatorio che ha creato molte difficoltà di implementazione negli Enti locali e in generale presso le gestioni di minori dimensioni e meno strutturate in termini di competenze.
La principale criticità del TQRIF risiede nella generale predilezione per lo Schema I da parte degli ETC, anche nei territori nei quali il livello di partenza poteva essere coerente con Schemi più avanzati.
Da questo punto di vista, le leve in mano al regolatore sono di due tipi: da un lato, rivedere il TQRIF in occasione del prossimo periodo regolatorio, introducendo meccanismi di premialità e di penalità volti ad incentivare gestori ed ETC ad inquadrare percorsi di miglioramento della qualità ed eventualmente rendere più stringente il percorso di convergenza verso schemi più evoluti; dall’altro, la possibilità di sfruttare le leve che ARERA ha già individuato, a partire dall’introduzione di strumenti di sunshine regulation, mutuando ad esempio quanto previsto nel caso del servizio idrico con la pubblicazione di infografiche sulla qualità contrattuale e sulla qualità tecnica a benefici di cittadini e utenti.
Un’ulteriore criticità è la difficoltà riscontrata dai Comuni, laddove gestori «in economia» del servizio, nel rispondere agli adempimenti richiesti dal TQRIF, perché si può tradurre in maggiori costi in capo ai cittadini per adempiere ad alcuni obblighi, come ad esempio quelli connessi al servizio di contatto telefonico.
In terzo luogo, sono emerse delle problematiche nell’implementazione del disegno regolatorio nei territori dove la governance non è stata completata (EGATO non individuati o non operativi) o dove il ruolo dell’ETC coincide con il Comune.
Infine, nel 2022 l’attività dei gestori del servizio è stata fortemente influenzata dall’aumento dell’inflazione e dal rincaro dei costi energetici e dei materiali che ha eroso spazi in tariffa che potevano essere destinati al miglioramento della qualità del servizio e a nuovi investimenti. Tale criticità, che ha caratterizzato le predisposizioni tariffarie 2022-2023, è destinata a persistere anche in questo 2023 (si veda anche il Position Paper n. 224).