La pubblicazione delle performance di qualità contrattuale permette di analizzare l’impatto della regolazione nel triennio 2017-2019. Il bilancio è positivo. Si osserva una chiusura dei divari prestazionali nei territori del Centro Italia e nelle gestioni di maggiori dimensioni. Il 15% della popolazione italiana è servito da gestori che non hanno trasmesso i dati sulla qualità contrattuale al regolatore nel 2019. Un sesto del Paese rimane cittadino di Serie B.
Ripreso su Staffetta Acqua
1. Il lavoro di ARERA per promuovere la qualità contrattuale
A fine 2015 vi è stata una piccola rivoluzione nel settore idrico. In quell’anno l’Autorità di regolazione ARERA ha introdotto quella che viene chiamata disciplina della qualità contrattuale o – se si preferiscono le sigle – RQSII. Un cambio poco pubblicizzato tra gli utenti ma importante perché ha promosso e messo in primo piano questioni prima scarsamente considerate nell’ambito dei servizi pubblici quali l’obbligo di fornire un servizio di qualità nei rapporti di fornitura, di mostrare attenzione ai bisogni e alle richieste dell’utenza e il dovere di dare risposte e soluzioni rapide ed efficaci, così da generare nei cittadini soddisfazione prima e fiducia poi. Tutto questo secondo una logica che ricorda quella applicata nell’ambito della customare care delle aziende operanti in mercati concorrenziali.
Cosa ha fatto ARERA? È partita individuando 42 indicatori prestazionali e i rispettivi livelli minimi e omogenei per l’intero territorio nazionale che i gestori sono tenuti a rispettare. Essi prendono in considerazione aspetti relativi al rapporto tra gestore ed utente, valutando, per esempio, le modalità di avvio e cessazione del rapporto contrattuale o l’esecuzione degli allacciamenti e dei lavori, i sistemi di fatturazione, la gestione dei reclami e delle richieste scritte e, in generale, il servizio reso dagli “sportelli al pubblico” e dai servizi telefonici. L’Autorità ha poi previsto strumenti di enforcement a presidio dei livelli minimi di qualità ritenuti essenziali.
Pertanto, per 28 indicatori specifici il mancato rispetto dello standard implica il riconoscimento di un indennizzo automatico all’utente. Mentre per i restanti 14 indicatori generali il non raggiungimento dello standard per due anni consecutivi può condurre ad un procedimento sanzionatorio nei confronti del gestore.
Agli Enti di Governo d’Ambito è stata lasciata la facoltà di richiedere standard migliorativi rispetto ai minimi oltre a quelli stabiliti da ARERA.
Oggi, a più di cinque anni, le informazioni sulle prestazioni erogate e sul rispetto dagli standard diffuse da ARERA consentono di fare un bilancio.
Innanzitutto, nel triennio 2017-2019 si è registrato un generalizzato miglioramento della qualità. In questo lasso di tempo è, infatti, cresciuto il rispetto degli standard da parte delle gestioni a servizio dei capoluoghi di provincia, soprattutto nelle regioni del Centro Italia (Lazio, Toscana e Umbria), area del Paese nella quale sono anche maggiormente diffusi gli standard migliorativi.
A fine 2019, poi, ARERA è intervenuta nuovamente, per coordinare e armonizzare la disciplina della qualità contrattuale con i provvedimenti presi nel frattempo in merito a tariffe, fatturazione e morosità[1]. In questa occasione è stato introdotto un meccanismo incentivante di premi e penalità. Per sostenere il rispetto degli standard minimi l’Autorità ha indicato degli obiettivi annuali di miglioramento, validi a partire dalle prestazioni eseguite nell’anno 2020. Gli obiettivi dipendono dal livello raggiunto da due macro-indicatori nell’anno 2018: MC1 relativo a “avvio e cessazione del rapporto contrattuale” e MC2 relativo a “gestione del rapporto contrattuale e accessibilità al servizio”. Tanto maggiore è la distanza dalle migliori performance tanto maggiore è lo sforzo di miglioramento richiesto: l’obiettivo è chiaramente quello di favorire una convergenza dal basso verso l’alto, organizzata secondo classi di merito A, B e C (dalla migliore alla meno buona).
Nel corso del 2019 e quindi nel 2020, ARERA ha reso noti i dati sul rispetto degli standard da parte dei gestori per ciascuno degli anni compresi tra il 2017 e il 2019.
Una iniziativa di trasparenza euna prova di responsabilitàsull’operato delle gestioni che si è arricchita recentemente di alcuni strumenti interattivi presenti sulle pagine web di ARERA dedicate alla Qualità contrattuale del servizio idrico integrato.Navigandoè, infatti, possibile:
- visualizzare e confrontare le prestazioni erogate dagli operatori del servizio idrico agli utenti sintetizzate nei macro-indicatori MC1 e MC2 e relative classi (anno di riferimento 2018);
- interrogare i singoli standard di qualità contrattuale che gli operatori del servizio idrico si sono impegnati ad assicurare ai propri cittadini-utenti e il loro grado di rispetto (anno di riferimento 2019).
Un modo per sostenere il milgioramento, puntando su un sempre maggior empowerment del cittadino-utentee sulla promozione della qualità del servizio, che fa leva sulla reputazione del gestore (sunshine regulation).
2. Dati e numeri per capire cosa sta succedendo
A novembre 2020, ARERA ha reso note le performance di qualità contrattuale rese all’utenza per l’anno 2019. Le informazioni riguardano 327 gestioni al servizio di 51,3 milioni di abitanti (l’84% della popolazione residente italiana), in crescita rispetto alle 140 che avevano trasmesso i dati nel 2018 (77% della popolazione italiana).
Cosa è emerso? Un primo aspetto di interesse è il numero di prestazioni monitorate ed erogate in adempimento alla regolazione della qualità contrattuale: si tratta di 10,3 milioni di prestazioni richieste ed eseguite, al netto della fatturazione e dei servizi di call center. Sono numeri che indicano che nel corso del 2019 in media 1 residente su 5 si è rivolto al proprio gestore per richiedere una prestazione nel perimetro della qualità contrattuale: l’intensità è maggiore nelle regioni del Nord-Est e del Centro (con prestazioni richieste da circa 1 residente ogni 4), mentre il Nord-Ovest presenta una intensità minore (richieste da circa 1 residente su 7) e il Sud e le Isole si collocano a metà strada (1 prestazione richiesta in media ogni 6 residenti).
Le gestioni con più prestazioni richieste sono quelle di minori dimensioni (fino a 500 mila residenti): in media una richiesta ogni 4 residenti per le gestioni di medie, piccole e di micro dimensioni. L’incidenza delle richieste si riduce nelle gestioni di maggiori dimensioni (1 su 7 tra quelle con oltre 700 mila abitanti residenti).
Tra gli operatori che hanno trasmesso i dati, 26 gestioni al servizio di 16,7 milioni di abitanti (circa il 28% della popolazione italiana) hanno previsto almeno uno standard migliorativo, superiore ai minimi ARERA, assicurando tempistiche più vantaggiose per l’utenza.
L’area del Centro Italia si conferma quella con la maggiore diffusione di standard migliorativi: il 74% della popolazione beneficia di uno o più di essi. Nell’area del Sud e Isole meritevole di attenzione è l’ingresso di Abbanoa, gestore unico della regione Sardegna, nel novero dei gestori con standard migliorativi, dove solo all’8% della popolazione residente ne viene assicurato almeno uno.
Se si guarda a indicatori importanti come il rispetto dei tempi, il risultato 2019 è più che discreto: l’89,4% delle prestazioni erogate è stato eseguito entro lo standard; solo una minima parte dei casi di mancato rispetto è ascrivibile a causa di forza maggiore o di utenti e terzi (6,4%). A mostrare le migliori performance sono i gestori del Centro-Nord, intorno al 91-93% di rispetto, mentre l’area Meridionale sconta valori meno buoni. L’incidenza delle prestazioni con standard migliorativi pari al 40% nel Centro e del 19% nel Nord-Est, suggerisce che a parità di standard minimi da rispettare le percentuali di rispetto in tali aree sono più alte. A livello dimensionale l’incidenza maggiore dei fuori standard delle gestioni che servono oltre 700 mila abitanti e nelle gestioni tra 250 e 500 mila abitanti serviti sono influenzate dall’incidenza di standard migliorativi rispettivamente per il 37% e il 15%.
Più nel dettaglio, si osserva un grado di rispetto più elevato per gli standard specifici (28 indicatori), assistiti da rimborsi automatici, con una percentuale di rispetto del 96,6%, e performance meno brillanti per il caso degli standard generali (14 indicatori), con un rispetto pari all’ 88%. Per esempio, un indicatore come la “risposta alla chiamata di pronto intervento” è rientrato nel rispetto degli standard nel 95,8% dei casi al Centro Italia, mentre al Sud e Isole nel 83,1 %. Mediamente buono il risultato sull’attesa allo sportello e il rispetto della “fascia di puntualità negli appuntamenti (dati completi nel Position Paper).
Tra le prestazioni fuori standard, quelle che hanno implicato l’erogazione di indennizzi automatici sono state 59.757, pari al 2,5% delle prestazioni relative ad uno standard specifico.
3. L’avvio, la cessazione e la gestione del rapporto contrattuale
Per quanto riguarda il già citato meccanismo di premi e penalità non si hanno ancora dati ufficiali in grado di fotografarne l’andamento: si avranno nel 2022, a seguito dell’analisi dei numeri raccolti nel biennio 2020-2021. Tuttavia, le informazioni sui livelli degli standard e sulle performance già disponibili per il 2019 permettono di analizzare le tendenze in atto. Emergono, dunque, livelli prestazionali sostanzialmente stabili rispetto ai valori calcolati per il 2018, ma in miglioramento rispetto al 2017:
- 96,9% di rispetto, per quanto riguarda la voce “avvio e la cessazione del rapporto contrattuale”, collocando figurativamente il Paese in Classe B (96,7% nel 2018, 96,5% nel 2017);
- 95,4% di rispetto, per “la gestione del rapporto contrattuale e accessibilità al servizio”, collocando figurativamente il Paese in Classe A (95,5% nel 2018, 93,7% nel 2017).
Volendo entrare più nel dettaglio si ha che:
- per “l’avvio e la cessazione del rapporto contrattuale” il 38% della popolazione italiana è servito da gestioni che garantiscono prestazioni in Classe A, a cui è richiesto di mantenere il livello di performance raggiunto; la quota maggiore di popolazione, il 40%, è servita da gestioni che si collocano in Classe B, con obiettivi di miglioramento di 1 punto percentuale all’anno. Infine, una quota residua, il 5% della popolazione, è servita da gestioni che collocandosi in Classe C dovranno profondere uno sforzo maggiore per migliorare le proprie prestazioni, con un obiettivo di miglioramento di 3 punti percentuali all’anno.
- per “la gestione del rapporto contrattuale e accessibilità al servizio” la maggior parte della popolazione (58%) è servito da gestioni che garantiscono prestazioni in Classe A; mentre l’8% dei residenti è servito da gestioni che si collocano in Classe B, con obiettivi di miglioramento di 1 punto percentuale all’anno. Risulta più elevata la quota di popolazione servita da gestioni in Classe C (17%), impegnate ad un obiettivo di miglioramento di 3 punti percentuali all’anno.
Il miglioramento del servizio, oltre che da una più efficiente organizzazione e da un rinnovato o differente approccio con l’utenza è frutto anche di investimenti. Dall’analisi dei programmi degli interventi 2020-2023 emerge che 17 gestioni al servizio di 9,7 milioni di abitanti (16% della popolazione italiana) hanno previsto investimenti per migliorare le proprie prestazioni nei due macro-indicatori.
Gli investimenti programmati riguardano l’adeguamento dei sistemi informativi, le procedure di gestione dell’utenza e dei servizi rivolti alla clientela secondo le evoluzioni normative e di sviluppo tecnologico. Si tratta altresì di interventi per l’efficientamento e il monitoraggio dei processi, il rinnovamento e la modernizzazione dei sistemi digitali con piattaforme più evolute e strumenti di comunicazione telematici per migliorare l’accesso al servizio e il dialogo tra cittadino e gestore.
Parte delle risorse impiegate serviranno a realizzare nuovi allacci idrici, la sostituzione e ammodernamento dei misuratori o a seguito di verifica di guasto, l’ottimizzazione dei sistemi di misura dei volumi di utenza per la fatturazione e l’adeguamento di sportelli d’utenza.
La pubblicazione dei livelli prestazionali per l’anno 2019 consente anche di operare una prima analisi dinamica degli effetti della regolazione della qualità contrattuale e dell’andamento delle prestazioni delle gestioni nel triennio 2017-2019.
Per cogliere tale evoluzione, abbiamo circoscritto l’analisi a un numero di operatori dei quali si dispone dei dati per l’intero triennio. Si tratta di 120 gestioni al servizio di 45 milioni di abitanti, il 74,7% della popolazione italiana.
Che cosa raccontano i dati? Il primo elemento degno di nota è l’aumento del numero totale delle prestazioni richieste nel tempo: cresciuto del 9%. In livello il numero maggiore di richieste si concentra prevalentemente nelle aree del Nord-Est e del Centro, mentre gli incrementi maggiori nel numero di prestazioni richieste si registrano nel Nord: la macro area del Nord-Ovest, che partiva da valori più contenuti rispetto alle altre aree, registra l’aumento maggiore, con un incremento del 44% del numero di prestazioni richieste, seguita dall’area del Nord-Est, che mette a segno un aumento dell’11% delle richieste. Le richieste di prestazioni nelle aree del Centro e del Sud e Isole mostrano invece un andamento altalenante, in media abbastanza stabile e senza una chiara tendenza di fondo.
Guardando al rispetto dei tempi definiti dagli standard, si registra nel complesso un miglioramento delle prestazioni tra il 2017 e il 2018 (+5,5 punti percentuali), mentre il 2019 conferma sostanzialmente i dati del 2018.
I gestori operanti nelle regioni del Nord mostrano infatti prestazioni elevate e stabili, a dimostrazione che, una volta raggiunto un livello di qualità elevato, il beneficio, più che in termini di miglioramento, si concretizza in termini di mantenimento.
Mentre i gestori del Centro hanno chiuso il divario prestazionale mostrando ottime performance, al pari delle gestioni del Nord, soprattutto se si tiene in considerazione della presenza preponderante di standard migliorativi, per i gestori del Sud e Isole il percorso deve essere ancora sostenuto.
4. Mezzogiorno, fra luci e ombre
È necessario, tuttavia, spezzare una lancia a favore delle 24 gestioni del meridione che hanno accettato di misurarsi fin dall’inizio. A livello complessivo, infatti, coprono solo il 47% della popolazione residente nella macro area, mentre le percentuali di copertura di popolazione residente servita delle aree del Centro e del Nord si collocano tra l’88% e il 90%. Sono numeri che indicano come gran parte delle gestioni del Sud e Isole non hanno fornito i dati per il triennio. Seppur nel 2019 il grado di copertura per il Sud e Isole salga al 69%, rimane comunque molto distante dalle percentuali raggiunte nello stesso anno dalle gestioni del Centro e del Nord che hanno tramesso i dati (tra il 91% e il 95%).
Inoltre, le 24 gestioni del Sud e Isole che misurano le proprie prestazioni dal 2017 mostrano di avere performance migliori rispetto alle gestioni che hanno trasmesso i dati solo negli ultimi anni, con un livello di rispetto complessivo pari al 94,5% contro il 92,5% del campione 2019, e più vicino alle performance dei gestori del Centro e del Nord. Si tratta comunque di performance che superano il livello di rispetto del 90%, soglia indicata per distinguere tra una discreta e una buona qualità contrattuale.
Oltre alle luci, tuttavia, permangono delle ombre. In questo senso, infatti, fa riflettere che – ancora nel 2019 – il 15% di popolazione italiana sia servita da gestori che non hanno trasmesso i dati sulla qualità contrattuale al regolatore. Si tratta di operatori illegittimi, senza titolo, gestioni dirette degli enti locali resistenti, o ancora operatori non in grado di misurare e assicurare gli standard minimi delle prestazioni rese all’utenza. Come se un sesto del Paese fosse abitato da cittadini di “serie B” che hanno diritto a un servizio con minore qualità e di cui il 75% risiede nel mezzogiorno.