La pubblicazione della proposta del PNGR (Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti) unitamente alle scelte in materia di classificazione degli impianti da parte delle Regioni (come integrati, minimi o aggiuntivi) sono destinati a impattare sul disegno di mercato della gestione dei rifiuti urbani. I flussi di rifiuto organico avviati a recupero vengono attratti in una logica di “autosufficienza” regionale, sacrificando un principio di libera circolazione a vantaggio di una gestione di prossimità. Accordi tra regioni per la gestione su base di macroarea sono invece possibili per i rifiuti urbani avviati a recupero energetico (indifferenziati, scarti delle RD e da trattamento). Un’impostazione che non sembra esente da vizi procedurali: il disegno di mercato andrebbe infatti demandato ad una Legge, piuttosto che alla programmazione regionale.
La gestione dei rifiuti nel PNGR
Il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) costituisce una delle riforme principali previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il settore dei rifiuti. Pur non prevedendo interventi diretti o progetti puntuali – demandati invece ai Piani Regionali di Gestione dei Rifiuti (PRGR) – il Programma, che copre gli anni 2022-2028, costituisce uno dei pilastri degli interventi per il settore, unitamente alla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare (si vedano Position Paper n. 204 e n. 200). Benché il documento non sia ancora definitivo (lo sarà alla fine di giugno di quest’anno), vi sono stati dei recenti aggiornamenti, contenuti nella proposta di Programma diffusa dal MiTE a metà dello scorso mese di marzo.
Tra le altre questioni, il PNGR chiarisce il ruolo del recupero energetico nel percorso di infrastrutturazione, sottolineando come in alcune aree del Paese la dotazione di impianti non è adeguata a gestire il rifiuto urbano indifferenziato. Al contempo, tra le azioni regionali per colmare il gap impiantistico nazionale, si rimanda alla necessità di individuare un fabbisogno impiantistico residuo di recupero energetico anche per gli scarti dei trattamenti della selezione delle frazioni secche della raccolta differenziata e del trattamento delle frazioni organiche avviate a compostaggio e/o digestione anaerobica. Così facendo, anche per queste ultime, si garantisce un’alternativa allo smaltimento in discarica.
Nello stesso tempo, il Programma spinge perché si privilegino le scelte impiantistiche indirizzate al recupero energetico “tal quale”, senza attività di pretrattamento, allo scopo di massimizzare la valorizzazione energetica del rifiuto. Tuttavia, con i fondi del PNRR non sarà possibile finanziare nuovi termovalorizzatori, in coerenza con quanto attualmente indicato anche dalla Tassonomia europea delle attività ecosostenibili.
Tra le novità, vi sono anche i criteri per la definizione delle macroaree (indicate dall’Art. 198-bis del D.Lgs. 152/2006, TUA-Testo Unico in materia Ambientale) nell’ambito delle quali razionalizzare l’impiantistica, da definirsi mediante accordi tra le Regioni. Al riguardo, il PNGR evidenzia la centralità dei principi cardine di autosufficienza e prossimità.
Decisamente stringente appare l’indicazione per cui i rifiuti organici devono essere gestiti all’interno del territorio regionale nel rispetto del principio di prossimità, così da limitarne il più possibile la movimentazione.
Ciò sembra porsi in conflitto con le prescrizioni normative dell’Art. 181, comma 5, del TUA in cui si stabilisce che “per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale […], al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando, anche con strumenti economici, il principio di prossimità agli impianti di recupero”. Se, dunque, nel TUA è presente un invito a privilegiare la gestione in prossimità della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), che si colloca naturalmente in un mercato i cui confini sono nazionali, nel nuovo PNGR questa stessa frazione viene – nei fatti – ricompresa in un perimetro di autosufficienza regionale nel trattamento, che in parte “riscrive” le regole e i confini del mercato individuati dalla Legge.
A rinforzo di questa impostazione, nel PNGR, la possibilità di definire accordi di macroarea per il trattamento del rifiuto organico è espressamente esclusa, mentre è prevista per il recupero energetico dei rifiuti urbani indifferenziati, degli scarti da raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati.
La regolazione ARERA degli impianti di trattamento
L’ARERA ha approvato il Metodo Tariffario Rifiuti per il secondo periodo regolatorio o MTR-2 (si vedano Position Paper n. 186 e n. 183), con cui vengono delineati i criteri per il riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e investimento del servizio integrato dei rifiuti, per gli anni 2022-2025 (Deliberazione 363/2021/R/rif). Al contempo, si stabiliscono i criteri per determinare le tariffe di accesso agli impianti di trattamento.
Con il MTR-2, si registra l’introduzione di nuove componenti tariffarie, all’interno del quadro del primo Metodo. A ciò, si aggiunga il superamento dell’aggiornamento annuale delle predisposizioni tariffarie, come avvenuto sin qui, che si ripeterà ora ogni due anni. L’Autorità ha seguito un approccio asimmetrico per il riconoscimento dei costi alla base delle tariffe degli impianti di trattamento, distinguendo tra impianti “integrati”, “minimi” e “aggiuntivi”.
Relativamente agli “integrati”, si tratta di impianti di trattamento che chiudono il ciclo dei rifiuti e il cui governo è affidato al gestore integrato, ovvero l’operatore che gestisce almeno uno dei servizi a monte e a valle della catena del valore del settore. Gli impianti sono in questi casi ricompresi nell’affidamento.
Gli impianti “minimi” sono, invece, infrastrutture ritenute indispensabili alla luce di determinate condizioni. In primo luogo, si deve trattare di impianti che operano in un mercato con rigidità strutturali; quindi, si deve essere in presenza di una capacità impiantistica dedicata a flussi pianificati, individuati in sede di programmazione.
Infine, vi sono gli impianti cosiddetti “aggiuntivi”, infrastrutture alternative alle casistiche precedenti, che dunque rispondono ad una logica di impianti che offrono sul libero mercato la propria capacità in contesti non caratterizzati da deficit di offerta.
In base alla tipologia, si hanno le seguenti opzioni regolatorie:
- Una regolazione tariffaria tout court per gli impianti “integrati”.
- Una regolazione dei costi riconosciuti e delle tariffe per gli impianti “minimi”.
- Obblighi di trasparenza sulle condizioni di accesso agli impianti “aggiuntivi”.
Allo scopo di sostenere una gestione conforme ai principi della gerarchia dei rifiuti, ARERA ha poi introdotto delle componenti perequative ambientali per tutte le tipologie impiantistiche, da applicarsi in sede di fatturazione ai soggetti che conferiscono agli impianti. La logica è quella di incentivare il ricorso agli impianti di compostaggio/digestione anaerobica e di recupero energetico, come alternativa preferibile all’incenerimento senza recupero di energia e allo smaltimento in discarica.
Le scelte di regolazione delle tariffe di accesso agli impianti delle Regioni
Sulla base delle informazioni disponibili nel momento della redazione di questo articolo, il processo di attribuzione delle diverse opzioni regolatorie agli impianti risulta avviato nelle seguenti regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Puglia. Tutte le altre Regioni sono, comunque, tenute a classificare gli impianti in tempo utile per la trasmissione ad ARERA del PEF, che dovrà avvenire entro il 30 aprile 2022.
Le due cartine dell’Italia mostrano le scelte compiute, distinguendo tra frazione organica e rifiuto indifferenziato. L’assetto che emerge è fortemente diversificato, coerente con la regolazione asimmetrica delineata dall’Autorità. È chiaro sin d’ora che le decisioni prese dalle Regioni impatteranno pesantemente sull’assetto di mercato, giacché gli impianti individuati come strategici godranno di flussi garantiti dalla pianificazione, e dunque sottratti al libero mercato, in particolare per la gestione della FORSU.

Da un lato, rileva quanto deciso dalla Regione Lombardia, che ha identificato unicamente impianti “aggiuntivi” per la chiusura del ciclo di gestione, tanto per l’organico quanto per il rifiuto indifferenziato. Dall’altro lato, la scelta della Regione Puglia, che ha individuato impianti “minimi” sia per il trattamento del rifiuto organico sia per l’indifferenziato.
In una posizione intermedia, si collocano le scelte di Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Toscana, ove sono stati identificati impianti “minimi” e/o “aggiuntivi” in relazione ai singoli flussi. Infine, la Regione Emilia-Romagna ha evidenziato la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti in merito al rifiuto organico, definendo invece come impianti “minimi” le infrastrutture per il trattamento del rifiuto indifferenziato.
Per quanto attiene gli impianti “intermedi” i cui flussi sono destinati ad impianti di chiusura del ciclo “minimi”, in Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Puglia questi sono parimenti tenuti alla predisposizione del PEF, relativamente ai flussi ricevuti sulla base della programmazione.
Alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Toscana, hanno confermato scelte in continuità con la programmazione previgente, seppur partendo da situazioni diversificate. Altre, come Liguria e Puglia, che si trovano in fase di aggiornamento delle rispettive pianificazioni regionali, evidenziano un chiaro cambio di rotta rispetto al passato, avendo deciso di cogliere l’opportunità offerta dalla regolazione ARERA per sopperire – almeno in parte – al deficit di trattamento lì presente.
Le restanti Regioni, invece, non si sono al momento espresse (e forse non lo faranno), scegliendo di rinunciare alla leva della regolazione incentivante per ridurre i divari e superare le carenze impiantistiche.
PNGR e impianti “minimi”: quale mercato?
L’esclusione della possibilità di stipulare accordi di area vasta (macroarea) per la gestione della FORSU indica che tale frazione dovrà essere trattata in regione: un sacrificio del principio concorrenziale in cambio di una gestione in prossimità, pensata per minimizzare la movimentazione di rifiuti putrescibili.
Un’impostazione che non sembra esente da vizi procedurali. In primo luogo, la definizione di un assetto di mercato andrebbe demandata alla legge, piuttosto che agli strumenti di programmazione. Ciò è vero in particolare per le frazioni a recupero, laddove l’indirizzo contenuto nel PNGR sembra porsi in contrasto con l’Art. 181, comma 5 del TUA, che indica la libera circolazione sul territorio nazionale delle frazioni avviate a riciclaggio e a recupero.
In secondo luogo, sebbene motivato da esigenze di carattere ambientale e dalla volontà di favorire implicitamente una più attenta azione di pianificazione da parte delle singole Regioni, l’indicazione del PNGR di restringere al perimetro regionale il trattamento del rifiuto organico avrà inevitabili conseguenze sul mercato attuale della FORSU e sul suo sviluppo futuro.
Quanto meno nell’area del Nord, ove l’offerta è più capiente e strutturata rispetto al resto del Paese, sarebbe stato opportuno privilegiare una gestione a mercato su area vasta, che valorizzasse le economie di scala degli impianti a tecnologia complessa, riservando al Centro-Sud un assetto regolato su base regionale volto alla chiusura dei divari nelle aree carenti di impianti. Ciò avrebbe permesso di traguardare un ciclo di gestione dell’organico territorialmente contiguo, ma maggiormente tarato sull’effettiva dotazione infrastrutturale nei territori.
In conclusione, l’individuazione degli impianti “minimi” e l’avvio di un processo di infrastrutturazione, anche sotto la spinta del PNRR, lasciano presupporre che la gestione del rifiuto organico tenderà a chiudersi nel perimetro regionale, riducendo progressivamente i flussi extra-regionali.
L’equilibrio di lungo periodo che sembra delinearsi per la FORSU è, quindi, quello di una progressiva saturazione del mercato nazionale, basata sulla sottrazione dei flussi “bacinizzati” e sul graduale aumento dell’offerta nei territori attualmente in deficit. Gli impianti del Nord, che attualmente accolgono flussi dalle altre aree del Paese, si vedranno costretti ad accogliere rifiuti di provenienza extra-nazionale o di origine extra-urbana.
I tempi e le modalità con cui potrà essere raggiunta tale condizione dipendono essenzialmente dalla velocità e dalla rapidità con cui verranno realizzati i nuovi impianti di trattamento nelle regioni del Centro-Sud.
Appare centrale, all’interno di tale framework, evitare che gli impianti “minimi” assumano i connotati di uno strumento meramente protezionistico dello status quo. Le restrizioni alla concorrenza possono essere tollerate unicamente in via transitoria, e se funzionali ad un disegno di infrastrutturazione (si veda Position Paper n. 159). Più in generale, occorre sostenere quelle iniziative che dimostrino di assicurare benefici ambientali e costi inferiori, scoraggiando parallelamente quelle iniziative di mera opportunità che poggiano sulla sottrazione dei rifiuti alle regole di mercato, senza offrire costi competitivi ed evidenti vantaggi ambientali.
Nel complesso, un equilibrio futuro maggiormente auspicabile vede l’identificazione di una quota parte di capacità impiantistica come minima, che funga da valvola di sicurezza per assicurare il trattamento nelle aree deficitarie, da individuarsi mediante ricorso a procedure ad evidenza pubblica (aste). Parimenti, la restante parte dei flussi dovrà essere allocata sulla base di meccanismi di mercato. Le scelte operate da talune Regioni di ancorare alla programmazione solo una parte del fabbisogno di trattamento dell’organico appaiono lungimiranti: da un lato, consentono di garantire continuità e sicurezza al trattamento, dall’altro permettono di traguardare un benchmarking competitivo tra tariffe di accesso regolate ed esiti di mercato.