Sei anni dopo il referendum sull’acqua, il Consiglio di stato ha convalidato il metodo tariffario individuato dell’Autorità. Si possono così finanziare gli investimenti necessari, compresi quelli richiesti dalle procedure comunitarie di infrazione.
La sentenza del Consiglio di stato
A distanza di sei anni dal referendum sull’acqua, a fine maggio 2017 il Consiglio di stato ha messo la parola fine a ogni discussione e ha convalidato il metodo tariffario dell’Autorità. Ora, gli investimenti resi necessari anche dalle procedure di infrazione comunitarie possono trovare il loro finanziamento.
Il nostro paese ha già subito condanne da parte della Corte di giustizia europea per il mancato rispetto della direttiva 1991/271/Ce sul trattamento delle acque reflue urbane, con sanzioni per quasi 500 milioni dovute a violazioni in oltre mille agglomerati urbani. Il metodo tariffario messo a punto dal regolatore era stato tacciato di avere reintrodotto in modo surrettizio (oneri finanziari) l’adeguata remunerazione del capitale, abrogata dal referendum del 2011. Una situazione che ha allontanato gli investitori e impedito che opere necessarie e imprescindibili potessero essere avviate.
Ora la sentenza del Consiglio di stato toglie tutti i dubbi sul metodo tariffario idrico: il Consiglio afferma che i ricorrenti hanno confuso il concetto di «copertura integrale dei costi», prevista dall’ordinamento comunitario e confermata dal referendum, con quello di «adeguata remunerazione» del capitale, che presuppone un riconoscimento certo e predeterminato della remunerazione del proprio investimento.
Secondo il Consiglio di stato il nuovo metodo tariffario risponde quindi allo spirito referendario del 2011 perché sostituisce a una remunerazione fissa e garantita un costo finanziario standard che dipende da tassi di mercato pagati da attività prive di rischio e da un premio per la rischiosità specifica degli investimenti nel settore idrico. Una remunerazione “congrua” e coerente con la provvista finanziaria per fare gli investimenti.
La sentenza del Consiglio di stato chiarisce che la regolazione indipendente è strumento di tutela degli utenti. E che gli investimenti, laddove coerenti con il fabbisogno ed efficienti, vanno fatti nell’interesse delle generazioni future. Il dibattito, in questa prospettiva, si riduce alla contrapposizione tra coloro che vogliono tariffe basse a ogni costo, facendo prevalere il benessere delle generazioni correnti su quello delle generazioni future, e coloro che auspicano scelte e direzioni rispettose del benessere sociale intergenerazionale.
I benefici di quattro anni di regolazione indipendente
La scelta di delegare a un’Autorità di riconosciuta reputazione la riscrittura delle regole, franate sotto il referendum del 2011, ha contribuito a restituire credibilità a un settore industriale penalizzato da quasi 2mila operatori, gran parte dei quali gestioni dirette degli enti. Le competenze del regolatore riguardano molti aspetti: la definizione di costi efficienti, il metodo tariffario, le fissazione di standard minimi di qualità contrattuale, la verifica dei piani d’ambito, la predisposizione delle convenzioni tipo per l’affidamento del servizio.
In questi anni, l’Autorità per l’energia elettrica il gas e i servizi idrici ha gestito il difficile equilibrio tra recupero dei costi pregressi, figli di una stagione politica nella quale la tariffa idrica è stata anche strumento di gestione del consenso, miglioramento del ritardo infrastrutturale accumulato e sostenibilità per le utenze, in particolare le più deboli.