L’aggiornamento tariffario per il periodo 2022-2023 si è concluso non senza ritardi e facendo emergere alcuni limiti della metodologia tariffaria. La logica consuntiva non sembra in grado di assicurare l’equilibrio economico-finanziario delle gestioni, esposte a forti cambiamenti: vale per l’aumento dei costi dell’energia elettrica, per l’impennata dell’inflazione che impatta sui costi operativi e anche per le oscillazioni dei volumi. Aspetti che chiamano una “revisione” della metodologia in vista del quarto periodo regolatorio.
2020-2023: il terzo periodo regolatorio
Il biennio 2022-2023 ha rappresentato un banco di prova per la regolazione incentivante che si è trovata a gestire le conseguenze degli sconquassi causati dalla pandemia prima, dalla ripresa post pandemica poi, e in ultimo dallo scoppio del conflitto russo-ucraino. In prospettiva, anche l’avvio delle politiche monetarie restrittive, con l’aumento dei tassi di interesse nel tentativo di frenare le economie e l’inflazione, sembra minacciare il cammino del settore. In particolare – ancor più che durante gli anni della pandemia – i problemi sembrano essere emersi di recente, in seguito all’aumento dei costi dell’energia e dei materiali: da livelli eccezionalmente bassi di inizio 2020, inferiori a 30 euro/MWh, i prezzi dell’energia elettrica hanno toccato picchi anche di 20 volte superiori (si vedano i Position Paper n. 156 e 223). In questo quadro, ARERA è più volte intervenuta, cercando di far fronte all’impennata dei costi energetici e di garantire ai gestori il mantenimento di un equilibrio finanziario. Parallelamente al tema energetico, l’aggiornamento tariffario ha interiorizzato le conseguenze della pandemia su costi, ricavi e investimenti, e i provvedimenti di sostegno varati nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Va da sé che la rapida successione degli shock ha impattato anche sugli iter di approvazione delle predisposizioni tariffarie, con tempistiche dilazionate.
Quindi, in continuità con i precedenti metodi, per il biennio 2022-2023 ARERA ha confermato l’intelaiatura della metodologia regolatoria, basata sul Vincolo ai Ricavi riconosciuti al Gestore (VRG) come somma delle componenti di costo ammissibili, e sull’utilizzo degli schemi regolatori, per tenere conto delle differenti condizioni di contesto. Al suo interno sono valorizzate voci di diversa natura quali:
- costi di capitale (Capex), composti da ammortamenti, oneri finanziari e oneri fiscali e rappresentano il costo per le immobilizzazioni, anche se in modo parziale
- costi operativi (Opex) del servizio si suddividono in base alla loro natura in: costi endogeni – detti anche efficientabili, costi aggiornabili – riconosciuti secondo una logica consuntiva in quanto non dipendono dal gestore, e costi per specifiche finalità definite dal metodo
- ERC, ovvero i costi ambientali e della risorsa: pur essendo rendicontati distintamente, il metodo prevede le medesime distinzioni
- Fondo Nuovi Investimenti è una componente destinata appunti a finanziare i nuovi investimenti: componente che, qualora non impegnata, deve essere restituita all’utenza. Il FoNI è costituito da tre voci: un’anticipazione finanziaria, una che valorizza l’ammortamento degli interventi realizzati mediante contributi a fondo perduto e una relativa ad investimenti realizzati da soggetti terzi, diversi dal gestore
- l’ultima voce che compone il è quella relativa ai conguagli (Rc).
Nel corso del terzo periodo regolatorio, il mostra una crescita costante, passando da circa 145 euro pro capite nel 2020 a 165 nel 2023, con un aumento del 13,8% nel quadriennio e un incremento annuo massimo, pari al 5,6%, registrato tra il 2022 ed il 2023.
Costi dell’energia: l’impennata del 2022
Come già anticipato, ARERA è intervenuta per calmierare gli aumenti del costo dell’energia inserendo nella metodologia tariffaria alcuni correttivi specifici a sostegno dell’equilibrio economico-finanziario delle gestioni.
Un primo intervento ha riguardato la facoltà per i gestori di presentare istanza per il riconoscimento di un anticipo del 25% sui costi dell’energia elettrica, in aggiunta a quanto riconosciuto dal meccanismo sulla base dei costi sostenuti nel 2020 e 2021. Tale componente, è stata richiesta da 72 gestori nel 2022 e 74 nel 2023, per un importo pro capite rispettivamente di 3,89 e 4,06 euro: si tratta quindi di una misura utilizzata dalla quasi tutti i gestori analizzati, indice della necessità di un sostegno su questo versante.
In secondo luogo, ARERA ha introdotto un principio di recupero completo dei costi effettivamente sostenuti nel 2021, senza tener conto dell’eventuale superamento del limite massimo previsto alla regolazione, riconoscendo l’eccezionalità degli aumenti di costo registrati da alcuni operatori che avevano sottoscritto contratti di fornitura di energia a prezzo variabile. Inoltre, sul versante finanziario, nel medesimo provvedimento l’Autorità ha previsto la possibilità per l’Ente di Governo d’Ambito, su richiesta del gestore, di formulare una istanza alla CSEA per attivare una anticipazione finanziaria a favore del gestore con cui far fronte alle spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica.
Nella stessa occasione ARERA si è impegnata a pubblicare il costo medio del 2022 (a valere sulla tariffa 2024) entro il primo trimestre del 2023.
Accanto alle misure straordinarie per fronteggiare l’aumento dei costi, nell’aggiornamento infra-periodo è stata confermata la componente denominata ΔRisparmio, introdotta in MTI-3, che ha lo scopo di promuovere attività legate alla riduzione nel consumo di energia. Il valore del risparmio è tuttavia molto modesto, tra i 15 e i 25 centesimi di euro/abitante in ciascuna delle due annualità, tanto che, pur trattandosi di uno strumento interessante poiché premia i gestori in grado di apportare soluzioni di efficientamento energetico, il meccanismo ancora troppo debole e non privo di limiti. Complessivamente, il costo dell’energia elettrica cuba oltre 20 euro pro capite in entrambe le annualità, con un peso decisamente rilevante anche sul VRG: 13%
La pandemia da Covid-19 e le sue ripercussioni sulla tariffa idrica
Il secondo shock è quello riconducibile alla crisi pandemica. Già nel corso del primo biennio ARERA aveva introdotto alcune misure per fronteggiare la crisi epidemiologica, tra cui l’istituzione di una componente aggiuntiva che prevedeva il riconoscimento in via previsionale di costi aggiuntivi per la sola annualità 2020. Per tale componente era stata prevista, in quella stessa sede, una voce di conguaglio sulla base dei dati consuntivi da calcolare in occasione dell’aggiornamento tariffario. Visto il perdurare della pandemia, ARERA ha esteso la possibilità di riconoscimento di costi aggiuntivi al 2021, adottando però in questo caso una logica consuntiva. Si tratta di una misura a cui hanno fatto ricorso pochi gestori e che ha, complessivamente, pesato in maniera marginale sui costi del servizio, come era già emerso anche in sede di MTI3.
La crisi pandemica potrebbe aver influito sui costi legati alla morosità, in quanto i gestori hanno introdotto in questi anni misure di sostegno alle utenze più vulnerabili, quali la sospensione delle attività di recupero credito e la rateizzazione delle bollette in scadenza, con una conseguente allungamento dei tempi di incasso. Nel biennio 2022-2023, infatti, questa componente ha giocato un ruolo non secondario all’interno dei costi operativi aggiornabili, con un’incidenza media del 13,5%.
Il ruolo del PNRR
Il PNRR rappresenta una opportunità cruciale per il servizio idrico, attraverso l’implementazione di riforme e la realizzazione di investimenti mirati alla chiusura dei divari ancora oggi esistenti, specialmente nel Mezzogiorno. Nel complesso, le risorse destinate alle infrastrutture primarie per l’approvvigionamento idrico e alla riduzione delle perdite ammontano a 2,9 miliardi di euro; a queste si aggiungono 600 milioni, previsti per investimenti in fognatura e depurazione (investimento 4.4 della missione M2C4), e 450 milioni destinati all’“ammodernamento e realizzazione di nuovi impianti innovativi di trattamento/riciclaggio e lo smaltimento di materiali assorbenti ad uso personale (PAD), i fanghi di acque reflue, i rifiuti di pelletteria e i rifiuti tessili” (linea C, investimento 1.1 della missione M2C1).
Anche in questo caso si tratta, in un certo senso, di uno shock esogeno, seppur positivo, alla metodologia regolatoria, con impatti non secondari sulla tariffa. La programmazione degli investimenti per il biennio 2022-2023 è stata rivista in funzione delle risorse messe a disposizione a livello europeo per il settore idrico, determinando in alcuni casi una variazione del quadrante di riferimento e l’attivazione o il rafforzamento, ove presente, della componente di anticipo sugli investimenti. L’aggiornamento della pianificazione ha determinato poi un incremento degli investimenti, soprattutto per il 2023, con un livello che supera i 75 euro/abitante (+25% in un anno). Laddove realizzati, questi interventi potrebbero costituire una accelerazione effettiva per il servizio idrico italiano.
I costi operativi
Come sopra anticipato, i costi operativi rappresentano ancora una componente significativa del e sono suddivisi in tre categorie distinte, individuate in base alla natura del costo: costi operativi endogeni, esogeni e previsionali, ciascuna delle quali segue regole diverse.
L’efficientamento dei costi endogeni ha un impatto poco significativo, pur interessando numerose gestioni. Con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del settore idrico, ARERA ha confermato il meccanismo, introdotto nell’MTI-3, di efficientamento dei costi operativi attraverso il riconoscimento in tariffa di una componente, interpretabile come una restituzione all’utenza, calcolata a partire dal differenziale positivo tra costi endogeni sostenuti dal gestore e costi riconosciuti in tariffa in uno specifico anno base (2016). L’entità della restituzione dipende da quanto il gestore è distante dal costo ritenuto efficiente, calcolato sulla base di una stima econometrica che contempla numerose variabili. Si tratta tuttavia di un meccanismo che, se non ben calibrato, può disincentivare il gestore a efficientare i costi.
I costi esogeni, al di fuori del controllo diretto del gestore, quali il costo dell’energia elettrica e il costo per l’approvvigionamento di acqua all’ingrosso, costituiscono una quota rilevante dei costi operativi. La loro incidenza è cresciuta lievemente nel corso del quadriennio, passando dal 38,5% al 41,5%. In questo contesto, la gestione dei fanghi ha registrato un massimo del costo riconosciuto nel 2022.
L’ultima componente è costituita dai costi operativi legati a specifiche finalità, uno strumento importante a copertura di alcuni particolari costi del servizio non compresi nelle altre categorie, riconosciuti in via previsionale al verificarsi di determinate condizioni e poi soggette a conguaglio. Complessivamente, il peso di quest’ultima componente si assesta ad un livello pari al 5% rispetto costi operativi, con un lieve aumento nel corso del biennio 2022-2023.
I costi ambientali e le attività legate ad obiettivi energetici e ambientali
Sin dalla loro introduzione nel metodo tariffario, ARERA ha considerato i costi ambientali come una riclassificazione dei costi. Si tratta di una qualificazione che, tuttavia, non ha un impatto diretto dal punto di vista tariffario, ma che avvicina i gestori al principio di copertura integrale dei costi e ai principi della Tassonomia Europea delle attività eco-sostenibili.
In un primo momento, l’Autorità aveva previsto la classificazione ERC solamente per i costi operativi, mentre nel terzo periodo regolatorio ha esteso la sua applicazione ai costi di capitale. Nell’aggiornamento tariffario 2022-2023 si registra un aumento del livello degli ERC rispetto al precedente biennio, sia per quanto concerne le voci di costo operativo, anche di natura endogena, sia per i costi di capitale, con una crescita nel quadriennio di oltre tre euro pro capite per entrambe le tipologie di costo.
La rilevanza dei costi di capitale classificati come ERC emerge ancor di più dal rapporto tra questi e i Capex “tradizionali”. L’incidenza di investimenti legati alla sostenibilità ambientale e alla tutela della risorsa idrica, già significativa nel primo biennio dell’MTI-3 (per un livello pari al 38%), è ulteriormente cresciuta nel biennio successivo, attestandosi al 39,6% nel 2022 e al 41,3% nel 2023. Il settore idrico dovrebbe tendere, per natura, alla realizzazione di investimenti volti alla tutela della risorsa idrica e dell’ambiente: è lecito dunque attendersi che il peso dei costi di capitale classificati come ERC continui a crescere anche nel prossimo biennio 2024-2025, grazie alla spinta fornita degli interventi di adeguamento alla Tassonomia Europea. È auspicabile, peraltro, che riguardino sempre più interventi di ripristino e soluzioni innovative a tutela dell’ambiente. Sempre in riferimento all’aspetto ambientale, ARERA ha confermato uno strumento che promuove le Altre Attività Idriche relative alle quattro direttrici ambientali, attraverso il riconoscimento in tariffa del 75% della marginalità derivante da queste attività (rispetto al 50% delle Altre Attività Idriche tradizionali). Nonostante ciò, sono ancora poche le gestioni (15) che hanno implementato attività di questo tipo: ne consegue che i ricavi medi di tali attività sono ancora decisamente inferiori a quelli delle attività non ambientali seppur in lieve crescita.
La cassa di compensazione: la componente dei conguagli
L’ultima voce che compone il è relativa ai conguagli formata da diverse componenti legate sia ad alcuni voci di costo che ai volumi. Le componenti che contribuiscono in misura maggiore sono i conguagli relativi ai volumi e alla energia elettrica: si tratta di quelle voci che hanno subito maggiormente gli shock esogeni legati alla crisi epidemiologica e all’impennata dei prezzi dell’energia. Una importante caratteristica dei conguagli è che è l’unica voce che può essere rimodulata negli anni, con differenze in alcuni casi significative tra il valore calcolato nell’anno e quello riconosciuto in tariffa per lo stesso anno.
Nel 2022, su un campione di 81 gestioni, 47 presentano una componente di conguaglio riconosciuto in tariffa positivo, 22 negativa, mentre i restanti operatori (11) nulla; nel 2023 la numerosità di questi ultimi si riduce (6 osservazioni), andando ad aumentare la platea di gestori con conguagli totali positivi (53 osservazioni).
Conclusioni
L’aggiornamento della metodologia tariffaria per il quarto periodo regolatorio sarà chiamato a codificare percorsi per interiorizzare le conseguenze degli shock che hanno colpito il settore idrico nel periodo 2020-2023, primo tra tutti il forte aumento dei costi dell’energia elettrica. Nel corso del biennio 2022-2023 ARERA ha dovuto introdurre alcune soluzioni di emergenza che, insieme alla misura del credito di imposta adottata dal Governo, hanno consentito di mettere in sicurezza l’equilibrio economico-finanziario delle gestioni idriche. La scelta è stata quella di superare la logica consuntiva dei costi operativi esogeni, andando ad inserire una componente “previsionale” nel costo di energia elettrica. In aggiunta, il regolatore ha introdotto uno strumento di anticipo finanziario attraverso la Cassa Servizi Energetici e Ambientali. Soluzioni che però, in molti casi, non sono state sufficienti ad evitare ripercussioni sul periodo regolatorio 2024-2027.
L’impatto degli aumenti nei costi dell’energia elettrica nel prossimo periodo regolatorio, nello specifico attraverso la componente dei conguagli, dipenderà dalle modalità di riconoscimento dei costi che il regolatore andrà ad adottare e dal trattamento del credito di imposta.
Un secondo aspetto da tenere in considerazione è quello dell’inflazione. Se dal primo metodo ad oggi la dinamica inflattiva non ha generato significative conseguenze sulla tariffa, il forte innalzamento registrato tra il 2022 e i primi mesi del 2023 impone una riflessione sul trattamento dell’inflazione in tariffa. Infine, i frequenti episodi di siccità e alluvione connessi al cambiamento climatico impongono una più chiara individuazione degli interventi di ripristino ambientale ammissibili, interventi sino ad oggi relegati alla sensibilità dei territori e in massima parte trascurati, più per mancata conoscenza che per mancanza di volontà.