La sostenibilità ambientale, sociale e di governance è il “faro” che guida la strategia delle aziende del servizio idrico e dei rifiuti. Il Piano di sostenibilità individua gli obiettivi e le azioni per il loro raggiungimento. Tuttavia, solo una minoranza di operatori integra la pianificazione di sostenibilità nella gestione aziendale con obiettivi chiari e misurabili nel tempo.
1. Pianificare la sostenibilità in azienda
Che il tema della sostenibilità ambientale non sia più una questione accessoria è evidente nei più disparati ambiti delle nostre società: politica, attività produttive, finanza, scelte di consumo, moda e cultura. Ciò non significa che non vi siano ancora delle resistenze da parte di un gruppo di soggetti scettici – per convinzione o convenienza – ma che ormai la tutela dell’ambiente è considerato uno dei pilastri su cui fondare qualunque strategia. Anche in azienda. E non solo per ragioni di comunicazione-marketing come accadeva con frequenza negli anni passati o per spinte individuali e volontaristiche di singoli imprenditori o manager illuminati, ma per questioni di opportunità che hanno a che fare con la strategia e la guida di una società. E, in ultima analisi, con i risultati economici e le prestazioni finali date ai clienti-utenti.
Ad esempio, a testimonianza di quanto il tema sia oggi “sentito”, vi è la lettera che annualmente BlackRock – la finanziaria che gestisce un patrimonio di oltre 8.000 miliardi di dollari nel mondo – indirizza ai CEO. Anche nel 2021 – e con più forza rispetto a quanto fatto nel precedente – il numero uno Larry Fink ha dichiarato l’orientamento a investire sempre più in società che attuano, con decisione, politiche di sostenibilità.
Perché questo divenga pratica il più possibile duratura nel tempo, non va trascurata l’importanza dell’interiorizzazione della sostenibilità all’interno dell’azienda e la sua elezione a linea direttrice delle scelte strategiche. Senza dimenticare, poi, che una vera trasformazione può arrivare solo attraverso un percorso di cambiamento culturale interno alle organizzazioni, alimentato dalla pianificazione e che va a coinvolgere tutte le funzioni aziendali.
Tra gli strumenti che possono servire a una consapevole e piena interiorizzazione di pratiche sostenibili vi è il Piano di Sostenibilità (PdS), attraverso il quale l’azienda comunica agli stakeholder la propria strategia in materia, le linee di azione, gli obiettivi e l’impegno delle diverse funzioni aziendali, e il cui monitoraggio si allinea per modalità e tempistiche a quello che segue la realizzazione del piano industriale.
Diversi sono i benefici che possono derivare dall’adozione di un PdS: dal miglioramento delle performance, ad un coinvolgimento attivo di tutti i portatori d’interesse. Inoltre, grazie all’integrazione di una governance di sostenibilità nella “macchina” aziendale, tutti gli sforzi delle diverse funzioni convergono verso un unico scopo, con un rafforzamento dell’impegno e ricadute positive in termini di coordinamento ed efficacia delle azioni intraprese, con effetti positivi lungo tutta la catena del valore e generando la capacità di cogliere anche opportunità di innovazione.
Al fine, poi, di non rendere vano lo sforzo intrapreso, è necessario garantire una comunicazione esterna a supporto, attraverso una chiara definizione di obiettivi e azioni di miglioramento e di tempistiche che rispondano alle esigenze di trasparenza con le aspettative degli stakeholder. Un fattore chiave è, infatti, il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse interni l’azienda e, auspicabilmente, anche di quelli esterni.
Ma come si arriva a un Piano strategico di Sostenibilità? Benché non esista una metodologia codificata, il primo passo è quello dell’analisi esterna, del contesto in cui l’azienda opera, e quindi dell’analisi interna, dei processi aziendali.

Conclusa l’analisi, si individuano le tematiche materiali rilevanti sulle quali incanalare il Piano. Tale attività può essere organizzata in momenti di confronto con stakeholder interni ed esterni. A questo punto, il primo passo è la definizione della strategia e l’identificazione di uno o più pilastri, aree o linee di indirizzo nelle quali far convergere una o più tematiche materiali, in linea con gli obiettivi strategici.
Successivamente, si procede all’identificazione degli obiettivi di sostenibilità di medio-lungo periodo, in linea con le tempistiche del piano industriale, attraverso un coinvolgimento diretto.
Una volta circoscritti gli obiettivi e i relativi target, si rende necessario definire una serie di azioni, generalmente trasversali rispetto alle funzioni aziendali, da implementare per il raggiungimento degli stessi. A ciascun obiettivo vengono affiancati uno o più indicatori di performance (KPI) per la misurazione dei risultati e per il monitoraggio dello stato di avanzamento delle azioni da implementare rispetto ai target stabiliti.
In ogni caso, è fondamentale che gli obiettivi prescelti siano misurabili, verificabili e anche monitorabili nel tempo. Solo così si può raggiungere una maggiore consapevolezza in merito alla loro adozione, rendendone evidenti i benefici, economici ma non solo, per l’azienda e per tutti i portatori di interessi (utenti, cittadini, lavoratori, finanziatori, etc.).
2. Acqua e rifiuti: la sostenibilità non sempre è un elemento strategico
Se dunque, l’ambiente e la sua tutela divengono fattori centrali per società impegnate nei più diversi settori, ancora più decisivi saranno per quelle che erogano servizi di pubblica utilità e che hanno nella gestione delle risorse ambientali un elemento core. Così, almeno, ci si aspetta che dovrebbe essere, anche se nel nostro Paese le cose vanno un po’ diversamente. Osservando i soggetti che gestiscono ciclo idrico e dei rifiuti si nota come sia ancora piuttosto lunga la strada che conduce a una piena integrazione della sostenibilità nelle strategie aziendali dei gestori.
Il cambiamento, per ora, coinvolge in special modo le gestioni industriali più avanzate come emerge da una nostra indagine condotta per capire la diffusione delle buone pratiche di sostenibilità, e soprattutto della pianificazione strategica di sostenibilità.
Tradotto in dati significa che sono state individuate 48 esperienze virtuose, come certificato dal materiale documentale aggiornato presente nei rispettivi siti internet. Di questi, 27 sono operatori del settore idrico, 8 della gestione dei rifiuti e 13 sono multiutility che operano almeno in entrambi gli ambiti.
Dei gestori che con regolarità predispongono un report di sostenibilità, solo il 44% (21 operatori) fornisce una descrizione qualitativa e/o quantitativa di una pianificazione di sostenibilità nell’ambito di una reportistica specifica[1] o all’interno del proprio piano industriale: si tratta di 9 operatori multiutility, di 8 operatori idrici e di 4 dei rifiuti. Tra queste sono presenti le multiutility quotate e le esperienze più avanzate di in house industriale che da anni promuovono il loro impegno attraverso una pianificazione di sostenibilità coerente con le priorità e le tempistiche del piano industriale.
Per gli operatori “più giovani” per costituzione, la pianificazione di sostenibilità viene codificata attraverso la presenza nel piano Industriale di obiettivi legati a tematiche strategiche di sostenibilità e in particolar modo agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda Onu 2030.
Tra questi, 4 operatori, promuovono la pianificazione strategica di sostenibilità all’interno del bilancio di sostenibilità, senza tuttavia fornire una descrizione e una comunicazione adeguata delle singole attività messe in atto o degli obiettivi da conseguire. In 4 casi il PdS è pubblicato in un report separato, mentre nei restanti casi la descrizione della pianificazione viene incorporata nei bilanci di sostenibilità, all’interno di un capitolo o sezione dedicati agli interventi strategici e agli impegni per il futuro.
A livello geografico, si ha una buona diffusione della pianificazione strategica di sostenibilità nel Nord Italia, in particolare, in Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana. Nel Sud Italia, Acquedotto Pugliese, si conferma uno dei principali player industriali del Mezzogiorno, con un report integrato nel quale documenta la propria strategia di responsabilità adottata nel Piano triennale 2019-2021.
Infine, con riferimento ai 27 operatori che non sono dotati di una pianificazione strutturata, poco meno della metà (13) comunica il proprio impegno attraverso un’indicazione delle misure intraprese, ovvero macro-obiettivi declinati in azioni qualitative, senza però alcun riferimento a target o obiettivi di medio-lungo termine. Tra coloro che non prevedono una pianificazione di sostenibilità strutturata, vi sono quindi gestioni che all’interno del bilancio di sostenibilità adottano ambiti di intervento in linea con gli SDGs misurandone i relativi impatti (Acquevenete), o comunicano le proprie strategie associando ad esse obiettivi per il 2020 (Gruppo Astea).
Dai documenti analizzati, emerge che le tempistiche dei singoli PdS sono in linea con quelle del piano industriale e coprono nella maggior parte dei casi un arco temporale di medio periodo (3-5 anni). Diverso il dettaglio con cui viene declinata la pianificazione di sostenibilità, in pochi casi trasposti in strategie aziendali. In linea generale, è diffusa la pratica di declinare obiettivi, azioni e KPI all’interno di pilastri o linee di indirizzo strategiche o macro-aree.
Con riguardo ai 17[2] operatori analizzati, tutti individuano in alcuni pilastri/linee di indirizzo strategiche o macro-aree gli obiettivi da raggiungere, indicandone le modalità attraverso le quali ottenerli. Nei casi in cui non vi sono dei driver individuati dal gestore, sono gli SDGs a fornire la chiave di lettura per la strategia di sostenibilità e a guidare le aziende nell’integrazione della sostenibilità nel business in chiave di valore condiviso. Tre operatori (Acea, Acquedotto Pugliese e Brianzacque) indicano le tematiche emerse dall’analisi di materialità come driver delle priorità strategiche. A differenza di quanto avviene per la definizione dei pilastri/linee di indirizzo strategiche/macro-obiettivi, ciò che non può essere assolutamente omesso, nella predisposizione di una pianificazione strategica di sostenibilità, è la definizione degli obiettivi misurabili e i relativi target di breve periodo. In questo senso, un numero molto ristretto di operatori (3) indica le azioni di miglioramento, senza tuttavia declinarle in metriche quantificabili; a questi si aggiungono altri 3 operatori che non forniscono una definizione di indicatori di performance per il monitoraggio degli obiettivi nel tempo. In assenza di target e di indicatori di performance risulta difficile ogni forma di verifica e monitoraggio degli avanzamenti per valutare il grado di realizzazione del piano nel medio e lungo termine.
Chi ha indicato obiettivi ambiziosi e target di riferimento non necessariamente risulta più sostenibile degli altri, ma certamente offre ai propri stakeholder gli strumenti per verificare con continuità e nel tempo il rispetto degli impegni assunti, magari partendo da pratiche già consolidate e da indicatori già rendicontati (utilizzando gli indicatori di performance ambientale previsti dalla regolazione della qualità tecnica ARERA).
Relativamente alle azioni da implementare, si documentano attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità così come iniziative legate a temi materiali o agli SDGs di riferimento, in sinergia con la strategia aziendale, l’agire organizzativo e il quadro normativo di riferimento.
3. Quali elementi guidano la pianificazione di sostenibilità?
I driver della pianificazione di sostenibilità riguardano diversi aspetti che spaziano dall’economia circolare alla centralità del cliente-utente, dalla tutela del territorio alla salute e sicurezza sul lavoro, ponendo in primo piano il ruolo chiave che i gestori ricoprono nella promozione di una gestione sostenibile nel territorio in cui insistono e nel raggiungimento dei target europei promossi dal Green Deal.
La tutela del territorio e della biodiversità è funzionale allo sviluppo sostenibile in quanto rientra nelle iniziative di contrasto al cambiamento climatico e di decarbonizzazione; la definizione di un nuovo modello economico volto alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è una sfida che vede impegnate tutte le organizzazioni.
Gli obiettivi definiti dai gestori vertono anche sul raggiungimento di target e KPIs relativi all’economia circolare e alla tutela della risorsa idrica, e la stessa rilevanza viene data all’innovazione tecnologica e di processo e alla trasformazione digitale al fine di rifocalizzare la centralità del cliente. Aspetti che vengono approfonditi all’interno di altre macro-aree riguardano la promozione del benessere e lo sviluppo delle competenze dei dipendenti e la salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. Circa la metà dei Piani analizzati include obiettivi e target per l’investimento in soluzioni smart con lo scopo di aumentare l’efficienza e la sicurezza dei servizi.
La creazione di valore condiviso, che riconosce il legame tra benessere sociale e benessere economico-finanziario, è dichiarata dalla gran parte degli operatori come caposaldo della strategia di sostenibilità, pilastro e indirizzo strategico a cui tendere. Dall’analisi dei PdS emerge anche un chiaro legame con gli SDGs che per gran parte degli operatori rappresentano il fil rouge del percorso di integrazione della sostenibilità all’interno della strategia di impresa. Tra di essi vi sono: il raggiungimento di città e comunità sostenibili, l’integrazione tra industria, innovazione e infrastrutture, la lotta al cambiamento climatico e le azioni volte a promuovere un consumo e produzione responsabili, per arrivare ad assicurare acqua pulita, adeguati servizi igienici sanitari e alla creazione di un contesto lavorativo dignitoso votato alla crescita economica.
Tra le aziende più virtuose emergono le multiutility e le maggiori monoutility idriche che hanno alle spalle una lunga esperienza nella rendicontazione di sostenibilità, mentre la strada da percorrere per gli altri (gestori idrici medio-piccoli e gestori del ciclo dei rifiuti) è – come si diceva – ancora lunga. Quello della pianificazione di sostenibilità rimane dunque un tema sfidante e poco conosciuto dagli operatori, che dovrà trovare una risposta adeguata con l’imminente entrata in vigore della Tassonomia UE (a regime entro la fine del prossimo anno) con l’adozione di obiettivi che spaziano dall’adattamento e mitigazione ambientale, alla tutela della risorsa idrica e degli ecosistemici acquatici, alla prevenzione dell’inquinamento, all’economia circolare sino alla tutela della biodiversità. Un percorso tracciato ed ineludibile che porrà anche la necessità di un auspicato coordinamento tra regolazione ARERA e framework UE nella definizione di metriche e criteri condivisi per la misurazione della performance ambientale, valutando gli effettivi potenziali di miglioramento anche in considerazione delle specificità territoriali.
[1] Bilancio di sostenibilità, Dichiarazione non finanziaria, Bilancio Sociale, o altra reportistica pubblica.
[2] 17 sui 21 pocanzi citati. Sono stati esclusi 4 operatori che non forniscono una descrizione completa del piano all’interno del proprio bilancio di sostenibilità.