Il “Pacchetto Economia Circolare”, approvato dal Parlamento Europeo ed in via di recepimento da parte degli stati membri, si presenta come il fine a cui tendere nella gestione del rifiuto urbano al 2035. La direttiva quadro stabilisce infatti gli obiettivi minimi di riciclaggio (65%) e di smaltimento in discarica (10%) da raggiungere, stilando anche un percorso di crescita della percentuale di riciclaggio: 55% entro il 2025 e 60% entro il 2030.

Gli ultimi dati italiani, fotografati dal Rapporto Ispra sui rifiuti urbani, lasciano ben sperare: nel 2017 la produzione di rifiuti è diminuita, la raccolta differenziata è arrivata al 55,5% (+3% rispetto al 2016) e la quota di rifiuti riciclata è salita al 43,9%, ancora lontana dai target UE ma su un percorso di crescita coerente con l’obiettivo. Anche la frazione dei rifiuti urbani smaltiti in discarica è diminuita (-2%), come conseguenza dell’incremento della raccolta differenziata e dell’aumento dei rifiuti destinati a riciclaggio, sebbene a trovare collocazione in discarica sia ancora il 23% dei rifiuti urbani prodotti.

Nonostante la direzione intrapresa sia quella giusta, vi sono limiti strutturali nel Paese che rischiano di porre un serio freno alla prosecuzione del percorso di crescita delle percentuali di riciclaggio e di riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica. Il deficit impiantistico di riciclaggio e di trattamento delle frazioni indifferenziate che caratterizza vaste aree del Paese si presenta come un limite sostanziale nel raggiungimento degli obiettivi, ed è frutto di scelte errate intraprese in passato a cui oggi, anche per problematiche di tipo autorizzativo, non è facile porre rimedio.

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