Negli ultimi 20 anni, l’incentivazione delle fonti rinnovabili ha consentito di assicurare da queste fonti almeno il 20% del fabbisogno energetico nazionale. La produzione di energia elettrica dai rifiuti è stata poco sostenuta, principalmente perché gli impianti di WTE sono stati osteggiati. I rifiuti potranno però giocare un ruolo nella decarbonizzazione al 2050. Occorre continuare a sostenere il WTE, indirizzandolo verso tecnologie innovative, efficienti e a basso impatto ambientale.
Ripreso su Staffetta Rifiuti e FIRSTonline.
Waste-To-Energy: una soluzione controversa
Produrre energia elettrica, calore o carburanti utilizzando ciò che non serve più. Il cosiddetto “Waste-To-Energy” (WTE), o valorizzazione dei rifiuti rappresenta un altro aspetto dell’economia circolare, spesso meno pubblicizzato rispetto a riciclo o riuso, e comunque rispetto a questi ultimi meno preferibile. Un aspetto anche controverso che non manca di generare dubbi e incertezze sul suo utilizzo, visto che l’incenerimento non è tra le soluzioni ottimali per arrivare a un ciclo dei rifiuti ambientalmente sostenibile. In una gerarchia delle azioni da preferire nella gestione rifiuti, il recupero di energia occupa, infatti, la penultima posizione, dopo la prevenzione nella produzione di rifiuti, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio.
Una soluzione che, tuttavia, rimane sempre migliore dello smaltimento in discarica, valutando gli impatti che quest’ultima opzione ha sull’ambiente. E proprio per questa ragione, il WTE potrebbe continuare a dare un contributo all’ambizioso percorso europeo di decarbonizzazione che prevede di rendere l’Unione Europea neutrale dal punto di vista delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050[1].
Ma qual è, allora, la posizione dell’Unione europea, sapendo quanto sia profondo l’impegno delle istituzioni comunitarie per attuare politiche green e quanto esse abbiano prodotto – in termini legislativi – per promuovere l’adozione di una piena circolarità? Se guardassimo a importanti Direttive come la 851/2018, lo spazio lasciato all’opzione “incenerimento dei rifiuti” sarebbe residuale. Gli obiettivi veri sono la prevenzione, la raccolta differenziata e il riciclo, mentre soluzioni quali incenerimento e soprattutto smaltimento in discarica dovrebbero essere disincentivate da tasse e restrizioni.
Eppure – ascoltando le parole del Commissario europeo all’Ambiente, Virginijus Sinkevičius – il WTE può ancora ritagliarsi il suo spazio nell’ambito del ciclo dei rifiuti. Come? Per esempio ottenendo finanziamenti green della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Ovviamente ciò può accadere a patto che la scelta di realizzare progetti di Waste-To-Energy non porti a trascurare soluzioni più circolari (quelle sopra citate), non crei altri impianti e ovviamente, riduca al minimo le emissioni, rispettando lo stringente criterio di 250 grammi di CO2 per KWh, quale nuovo limite alle emissioni consentite.
Quindi, volendo riassumere si ha che:
- L’incenerimento e lo smaltimento in discarica andranno scoraggiati, prediligendo forme più sostenibili e circolari di gestione del rifiuto, a partire dal riutilizzo e dal riciclaggio (come prescrivono le Direttive del Pacchetto Economia Circolare, di recente recepita nel nostro ordinamento, e dal nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare).
- Ma il WTE avrà comunque un ruolo nel processo di decarbonizzazione della gestione dei rifiuti, complemento a quel 65% di riciclaggio e all’obiettivo di ridurre sotto al 10% lo smaltimento in discarica, come ha spiegato in più occasioni e in maniera molto pragmatica il Commissario Sinkevičius.
Se trasformiamo le percentuali in tonnellate, il recupero energetico dovrà applicarsi a circa 7,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, ossia al 25% degli attuali 30,2 milioni. Senza con questo escludere che la termovalorizzazione potrà coprire integralmente quanto non riciclato, salendo così dal 25% fino ad un massimo del 35%, ovvero poco meno di 10,6 milioni.
Ad oggi, purtroppo, siamo ancora lontani da questo obiettivo, dato che si fa ricorso alla discarica nel 22% dei casi a cui vanno sommati gli scarti provenienti dalla raccolta differenziata, con il livello di riciclo che si attesta al 45%.
Combinando le due diverse impostazioni, la via da percorrere potrebbe essere quella di mantenere gli incentivi al WTE, vista l’importanza che rappresenta il recupero di energia nella transizione green, ma di modularli in ragione della distanza che ci separa dagli obiettivi di lungo termine.
In sintesi, prima occorre centrare e incentivare gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclo, residualmente il WTE può essere promosso laddove rappresenta la soluzione di ultima istanza per gli scarti e i rifiuti non differenziati, evitando il più impattante smaltimento in discarica.
La discarica – si è più volte ripetuto – è davvero l’ultima opzione sul tavolo, visti i suoi impatti negativi sull’ambiente. I numeri non danno spazio a dubbi: dei 18,3 milioni di tonnellate di gas serra prodotte dalla gestione dei rifiuti nel nostro Paese in un anno (dato 2018), ben 13,7 milioni – il 75% – è riconducibile a operazioni di smaltimento in discarica. Seguono, a grande distanza, il trattamento delle acque reflue con 3,8 milioni, il trattamento biologico con 0,6 milioni e l’incenerimento senza recupero energetico con 0,2 milioni di tonnellate equivalenti. Una situazione che, se si osservano i dati dagli anni Novanta in poi, non è affatto mutata nel tempo, con la discarica sempre detentrice di questo triste primato.


Un cambio di paradigma è dunque urgente. Anche solo pensando al rispetto degli obiettivi del Piano Energia e Clima (PNIEC) fissati al 2030, che prevedono una riduzione delle emissioni nazionali di gas serra pari al 40% rispetto ai valori del 1990, se non addirittura del 55% secondo quanto riferito da Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione.
Per l’Italia ciò significherebbe un taglio del 46% rispetto ai livelli attuali che, rapportato al solo settore dei rifiuti, si tradurrebbe in una riduzione auspicata del 51%; con le emissioni delle discariche che dovranno raggiungere il target di 6 milioni, rispetto ai 13,7 attuali. È evidente che di fronte a uno sforzo di tal genere, risulta essenziale anche il contributo del WTE, soprattutto nell’evitare la dispersione in atmosfera di gran parte delle emissioni di metano non captato (cosa che accade invece con le discariche).
Cosa accade in Italia. Gli incentivi al WTE
Nel nostro Paese sono previsti incentivi per chi sceglie la soluzione la produzione di energia da rifiuti in luogo della discarica. Essi attualmente rientrano fra i ben più noti strumenti di incentivazione di cui sono oggetto le fonti rinnovabili. Da diversi anni, queste ultime sono fortemente sostenute nel loro sviluppo e diffusione con il denaro di noi cittadini tramite quote presenti nelle bollette elettriche.
Per dare un ordine di grandezza delle risorse dedicate, diciamo che nel 2019, su 13 miliardi di euro di incentivi alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, al solare sono stati destinati 6,6 miliardi di euro, oltre il 50% del totale. Se poi calcoliamo un costo medio dell’incentivazione per unità di energia elettrica prodotta, espresso in €/MWh, è sempre il solare ad aver ricevuto l’incentivo più consistente per singola unità di energia (293 Euro/MWh), seguito dal biogas – anche da discarica – (225 Euro/MWh), dai bioliquidi (175 €/MWh) e dalle biomasse e dai rifiuti (101 €/MWh).
Dati eloquenti, che raccontano di come la produzione di energia elettrica dai rifiuti sia stata poco sostenuta, oltre che avversata da ogni forma di sindrome nimby. Dei già citati 13 miliardi, agli impianti che trattano rifiuti per produrre energia sono stati erogati 679 milioni di euro, il 5% del totale. Era più di un miliardo di euro nel 2014.
Oltretutto, parte di queste risorse hanno anche incentivato modalità di gestione dei rifiuti, come la cattura del metano in discarica, che pur avendo un qualche beneficio ambientale si collocano ad un gradino gerarchicamente meno preferibile delle forme di gestione.
Cosa significa tutto ciò? Che ai rifiuti non è stato ancora riconosciuto un ruolo centrale nel percorso di decarbonizzazione, coerente con il potenziale. La produzione di energia da rifiuti riveste un ruolo nel percorso di decarbonizzazione, e continuerà a giocarlo in futuro anche nella promozione dell’economia circolare, atteso che il complemento allo sviluppo del riciclaggio e alla minimizzazione dello smaltimento in discarica è rappresentato proprio dal recupero di energia dai rifiuti. Infatti, benché l’Ue spinga per un graduale abbandono degli incentivi per incenerimento e discarica, concentrando gli sforzi su prevenzione e reimpiego dei prodotti, viene comunque ribadito il peso specifico per il WTE nella chiusura del ciclo di gestione, quale soluzione ambientalmente preferibile alla discarica. Soprattutto se lo si indirizza verso tecnologie di nuove generazione in grado di assicurare maggiore efficienza e di contenere gli impatti ambientali. Assicurare, dunque, continuità ai programmi di incentivazione della produzione di energia dai rifiuti, calibrati in funzione della distanza dagli obiettivi comunitari e promuovendo allo stesso tempo le migliori tecnologie (Best Available Technologies – BAT) al fine di contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione.
[1] Per maggiori informazioni, si rimanda al Contributo n.141 del Laboratorio REF Ricerche: “Green Deal. Cose da fare nell’acqua e nei rifiuti”, gennaio 2020.