La riforma della gestione dei servizi idrici prevista nel Pnrr è piuttosto promettente e, complici anche gli obblighi europei, sembra procedere di buon passo. Sarà compito del nuovo governo attuarla nei tempi stabiliti.
La diffusione da parte del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) del Rapporto “Gli investimenti e le riforme Pnrr per le infrastrutture idriche” è l’occasione di fare il punto sull’avanzamento del percorso, fatto di risorse e riforme, pensato per mettere in sicurezza l’approvvigionamento idrico, completare la catena di governo dell’acqua e assicurare che ogni territorio del Paese possa dotarsi di gestori “industriali”, in grado di affrontare le sfide di un clima che cambia, ridurre l’inquinamento e la pressione dell’uomo sull’ambiente.
In un precedente intervento, avevamo sottolineato la necessità di codificare una strategia per il governo dall’acqua e anche alcune direzioni promettenti di intervento.
Il recente Rapporto Mims ci ricorda che sono 4,7 i miliardi di euro di investimenti nelle infrastrutture idriche resi disponibili (Fondi Pnrr, React Eu, Fondi per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2014-2020 e 2021-2027 e altre risorse nazionali). Di questi, 3,9 sono già stati ripartiti o assegnati, di cui il 60 per cento alle regioni del Mezzogiorno. Si tratta di cifre che aiutano in parte a coprire il forte fabbisogno infrastrutturale che il servizio idrico esprime, comunque più ingente e quantificato nel Def 2022 in almeno 12 miliardi di euro, necessari ad allineare lo stato delle reti e delle infrastrutture idriche agli standard internazionali.