L’analisi di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Roberto Bianchini, Alessandra Motz, Samir Traini (REF Ricerche).
Un’Europa all’idrogeno? La Commissione ci crede
In un contesto in cui, finalmente, il climate change è entrato nel novero delle priorità globali, la ricerca di fonti energetiche che favoriscano la Transizione verso un’era in gran parte decarbonizzata è ormai aperta. Il gas naturale è sempre stato indicato come l’unico vero candidato a sostituire il petrolio in attesa di una ampia e solida diffusione delle rinnovabili. Un’idea certamente non tramontata, ma che deve fare i conti con il crescente interesse per l’idrogeno. L’International Energy Agency (IEA), in uno studio di quest’anno, ha stimato che nello scenario di un’economia globale a zero emissioni, il peso dell’idrogeno da elettrolisi sarà intorno al 62%, mentre quello dell’idrogeno da combustibili fossili con cattura e stoccaggio del carbonio arriverà intorno al 38%. Con la dimensione complessiva della domanda mondiale di circa 6 volte quella attuale.
Che sia, per davvero, arrivato il momento dell’idrogeno? Non che in passato – periodicamente – questo elemento non abbia attirato l’attenzione di scienziati alla ricerca di un “vettore energetico” (più corretto che “combustibile”) alternativo e competitivo rispetto alle fonti fossili. Ma fino ad oggi si era rimasti nel campo dell’esperimento in laboratorio o del prototipo, a cui in genere non seguiva l’impegno di soggetti di “peso” – Stati, organismi sovranazionali o multinazionali del settore energy – verso l’elaborazione di politiche di investimento per uno sviluppo in scala.