Le regioni dovrebbero valutare i reali fabbisogni di smaltimento e recupero dei rifiuti del loro territorio. Servirebbe a far fronte a situazioni di emergenza e a realizzare impianti efficienti e sostenibili da un punto di vista economico e ambientale.
La distinzione tra rifiuto urbano e rifiuto speciale
Ogni anno, in Italia, si producono 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Per dare un’idea della grandezza del fenomeno possiamo dire che equivalgono al peso di 15 milioni di automobili di media cilindrata.
Lo stesso stupore non scatta quando vengono comunicati i dati relativi ai cosiddetti rifiuti “speciali”, quelli prodotti cioè dalle attività produttive, come il settore industriale. I rifiuti speciali – categoria tutta italiana –in grande maggioranza non sono pericolosi: su 140 milioni di tonnellate annue di produzione, quelli pericolosi sono solo 10 milioni. Per un’ampia parte, quelli speciali sono rifiuti da costruzione o demolizione (40 per cento).
Per i rifiuti di origine “urbana” ogni regione italiana è tenuta a garantire l’autosufficienza nello smaltimento di quelli non pericolosi e la prossimità dello smaltimento e recupero di quelli indifferenziati. Ciò significa che devono essere presenti nella regione impianti in grado di soddisfare il fabbisogno del territorio. Si intende così ridurre la circolazione dei rifiuti, limitando al massimo i disagi e l’inquinamento che derivano dal trasporto.
I rifiuti “speciali” possono invece circolare liberamente, così da essere trattati in impianti idonei secondo una logica di mercato. Anche in questo caso lo smaltimento e il recupero devono avvenire quanto più possibile in “prossimità” del luogo di produzione, sempre nell’ottica di minimizzarne gli spostamenti. Ma non c’è alcun obbligo.
Tuttavia, la maggior parte delle regioni italiane non ha impianti in grado di gestire questi rifiuti e, di conseguenza, deve fare affidamento sul mercato, chiamando impianti localizzati in altre regioni a farsi carico di smaltimento o incenerimento. In realtà, il mercato interessa anche i rifiuti di origine urbana. Infatti, con un trucchetto che serve ad aggirare il principio di prossimità, dopo semplici operazioni di trattamento, i rifiuti urbani vengono classificati come “speciali” e dunque possono circolare liberamente.