Il contributo CONAI copre tra il 54% e il 90% dei “maggiori oneri” della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, a seconda della definizione utilizzata. Entro la fine del 2024 dovrà coprire il 100% dei costi efficienti di raccolta, trasporto, trattamento, informazione e comunicazione (in deroga almeno l’80%). Una prima stima dei “costi di gestione” dei rifiuti da imballaggio è di circa 1 miliardo di euro: il contributo ambientale CONAI è dunque destinato ad aumentare.
La crisi climatica e ambientale chiama tutti noi – sia come singoli individui sia come appartenenti a comunità o a gruppi d’interesse – ad agire per il cambiamento. In questo senso, si fa sempre più largo largo la convinzione che la responsabilità di chi produce un bene non possa più limitarsi alla sola fase di realizzazione, ma debba estendersi anche a quella di post-consumo, cioè quando il prodotto, terminato l’utilizzo, diventa un rifiuto da gestire.
Una convinzione ben espressa dal modello EPR o Extended producer responsibility che presuppone il passaggio da una“responsabilità condivisa” a unapiù propriamente“estesa”, ove i produttori sono chiamati a farsi carico dei costi della raccolta differenziata dei propri rifiuti, ai costi del loro trasporto e del trattamento, necessari al raggiungimento dei target di riciclo, alle ulteriori attività necessarie per garantire la raccolta e la comunicazione dei dati, e ad una congrua informazione ai consumatori. E non solo. Nato per risolvere il problema degli imballaggi – così connaturati alla nostra cultura dei consumi – esso parte dal presupposto che per ottenere dei risultati utili sia necessario intervenire a monte dei processi di produzione, fin dalla progettazione dei prodotti[1].
Una questione presa molto sul serio dall’Unione europea, come dimostrano le Direttive del Pacchetto Economia Circolare e quella dedicata alla plastica monouso (2019/904); nella legislazione comunitaria si trovano indirizzi specifici destinati ad allargare la portata del principio di EPR, con profonde ripercussioni sulla gestione dei rifiuti, a partire da quelli da imballaggio.
Decisioni che hanno un impatto anche nel nostro Paese e che vanno ad aggiungersi o integrarsi a politiche ambientali già esistenti. Tra queste, il versamento obbligatorio di un contributo economico annuale da parte delle aziende produttrici d’imballaggi al CONAI – il consorzio nazionale appositamente creato nel 1997 a seguito del noto Decreto Ronchi – proprio per sostere differenziata e riciclo.
Un ambito, quest’ultimo, complesso e sul quale è sempre stato difficile avere certezze di ordine numerico. Pur a distanza di tanti anni dalla promulgazione delle norme in materia ambientale (D.lgs 152/2006), il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto.
Le informazioni a disposizione sono poche e difficilmente confrontabili. La mancanza di una chiara contabilità dei costi si ripercuote sulla poca trasparenza al riguardo delle valorizzazioni riconosciute ai Comuni e, per complemento, sull’onere che rimane in capo agli utenti (la tassa sui rifiuti TARI), oltre che sulla congruità del contributo pagato dai produttori (il cosiddetto CAC). Una valorizzazione che non dovrebbe essere lasciata alla negoziazione tra le parti, al potere contrattuale degli uni nei confronti degli altri, piuttosto oggetto di un confronto aperto, basato su dati verificabili e documentabili.
Un passo importante verso la chiarezza passa dall’avere risposte puntuali alle seguenti domande.
- È davvero garantita, ad oggi, la copertura dei “maggiori oneri” per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio?
- Qual è la percentuale di copertura dei “costi efficienti” della raccolta differenziata degli imballaggi e del loro trasporto e trattamento?
- Quale sarà il costo in capo ai produttori e utilizzatori di imballaggi con l’entrata in vigore delle nuove regole?
Innanzitutto, entro la fine del 2024, secondo quanto disposto dalla Direttiva 852/2018, tutti gli Stati membri dovranno istituire regimi di EPR per tutti gli imballaggi. Questi dovranno garantire l’obbligo di copertura integrale dei costi o, in deroga, almeno dell’80% dei costi efficienti di gestione dei rifiuti di imballaggio: un’innovazione rilevante rispetto alla situazione attuale che pone in carico ai produttori ed utilizzatori di imballaggi, “il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi (…) di procedere al ritiro”. Una dicitura, quella dei “maggiori oneri”, di cui il legislatore non ha mai fornito una interpretazione autentica, e che è rimasta soggetta ad ampi margini di discrezionalità.
Oggi, i rifiuti da imballaggio conferiti al circuito CONAI sono circa 4 milioni di tonnellate: il 13,5% dei rifiuti urbani (e assimilati) raccolti in Italia, e il 24,3% di quelli raccolti in modo differenziato. Tenendo conto che la filiera degli imballaggi non è l’unica ad essere sottoposta a responsabilità estesa del produttore, ma che è di gran lunga quella più rilevante, appare evidente come il desiderio di “assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto” sancito dal legislatore comunitario investe una quota tutto sommato marginale dei rifiuti urbani raccolti nel Paese. Una evidenza che suggerisce l’opportunità di una estensione del presidio della responsabilità estesa del produttore ad altre categorie di rifiuti, secondo le prassi in uso nelle migliori esperienze europee, e come del resto auspicato anche dal Pacchetto Economia Circolare[2].
Consideriamo i costi, prendendo in esame ordini di grandezze che abbiamo cercato di ricostruire in un anno di analisi e ricerca. Confrontando dati provenienti da fonti diverse, siamo arrivati a stimare un valore di 891 milioni di euro per i costi della raccolta dei rifiuti di imballaggio conferiti ai consorzi del sistema CONAI.
Il Contributo CONAI versato ai Comuni italiani per la sola frazione imballaggi è pari a 478 milioni di euro: un importo che copre una percentuale compresa tra il 54 e il 90% dei “maggiori oneri” della raccolta dei rifiuti da imballaggio conferiti al CONAI, a seconda della interpretazione dei “maggiori oneri” utilizzata.
Un equilibrio destinato a mutare nei prossimi anni. Con il recepimento della Direttiva 852/2018, i produttori saranno tenuti ad assicurare la copertura dei costi efficienti di raccolta e di gestione dei rifiuti. Il passaggio dai “maggiori costi” della raccolta alla responsabilità sui costi di raccolta e gestione avrà impatti rilevanti. Il Contributo CONAI sarà dunque chiamato a coprire i “costi efficienti di gestione” dei rifiuti da imballaggio (o in deroga almeno l’80% di detti costi), riconoscendo anche i costi di trattamento e di capitale.
Una prima stima indica che i “costi di gestione” dei rifiuti da imballaggio potrebbero aggirarsi intorno a 1 miliardo di euro, ovvero più del doppio di quanto oggi riconosciuto dal Contributo CONAI.
Una maggiore trasparenza sulle quantificazioni appare oltre che necessaria, doverosa. ARERA, il regolatore per l’energia le reti e l’ambiente, ha più volte ribadito che la materia rientra tra le sue prerogative, e la volontà di fare chiarezza.
Se parliamo invece di “costi efficienti” l’intervento di ARERA è fondamentale.
La determinazione dei contributi finanziari che a carico dei produttori di imballaggi dovrà tener conto del concetto di “efficienza dei servizi di gestione rifiuti”. Tali contributi, non dovranno infatti superare “i costi che sono necessari per fornire servizi di gestione dei rifiuti in modo efficiente in termini di costi” (Direttiva 851/2018, Art. 8-bis, comma 4 lettera c). Come noto,i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti per il periodo 2018-2021 sono stati approvati con Delibera ARERA 443/2019 che ha introdotto il nuovo Metodo Tariffario (MTR).
L’applicazione del nuovo metodo tariffario rappresenta un decisivo passo in avanti sul piano della trasparenza perché consentirà di avere elementi utili per capire meglio l’annosa questione dei costi della raccolta e di gestione. La valorizzazione dei costi dovrà infatti riflettere costi effettivamente sostenuti, come risultanti da documentazione contabile, e i costi del personale direttamente impegnato nella raccolta dovranno figurare tra i costi variabili del servizio. Altrettanto importante è la previsione del fattore di sharing sui ricavi CONAI previsto dal metodo tariffario: un incentivo al gestore ad effettuare buone raccolte differenziate, e al contempo una condivisione del contributo del produttore tra utente e gestore.
Il nuovo MTR, tuttavia, non consente di rispondere ancora a tutti gli interrogativi sopra sollevati, giacchè non definisce i criteri per la determinazione della responsabilità finanziaria dei “produttori di imballaggi” nell’ambito della disciplina sulla responsabilità estesa del produttore. Bisognerà pertanto attendere la definizione da parte dell’Autorità dei “criteri specifici per l’individuazione dei maggiori costi sostenuti dai Comuni per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio” e, auspicabilmente, dei criteri per la determinazione dei “costi efficienti di raccolta, trasporto e trattamento” introdotti dalla Direttiva 851/2018 nell’ambito della riforma della disciplina in materia di EPR.
Il ruolo di un soggetto regolatore nazionale “super-partes”, nella definizione di tali criteri (e, di conseguenza, dei costi da coprire con i contributi finanziari versati dai produttori), assume un’importanza cogente nella situazione attuale, caratterizzata da una parte, da un importante cambiamento dell’impianto normativo (dai “maggiori oneri” di RD, ai “costi efficienti” di RD, trasporto e trattamento), dall’altra, dalla spinta verso la liberalizzazione del settore, con l’ingresso nel sistema dei consorzi di altri soggetti (i c.d. sistemi autonomi) che potranno avvalersi, ai fini dell’intercettazione dei rifiuti generati dai propri prodotti, delle stesse infrastrutture di raccolta organizzate e finanziate dai Comuni attraverso la tassa/tariffa sui rifiuti e che, ai fini della selezione degli stessi (per quanto riguarda in particolare i rifiuti di imballaggi in plastica) necessitano dell’accesso ai centri di selezione (CSS) condividendo i loro servizi con gli altri sistemi esistenti. In condizioni diverse dal monopolio, infatti, i costi efficienti riconosciuti da ARERA potrebbero rappresentare una sorta di floor, oltre il quale le utilities potrebbero negoziare prezzi di conferimento più elevati.

Tuttavia, la liberalizzione degli schemi di responsabilità estesa del produttore, da sola, non è sufficiente per raggiungere i target comunitari. Il nostro Paese necessita in primo luogo di impianti, per trattare e valorizzare i rifiuti raccolti, e in secondo luogo di un sostegno all’industria del riciclo.
[1] Laboratorio REF Ricerche , Contributo n.137, “La responsabilità estesa del produttore (EPR): una riforma per favorire prevenzione e riciclo”, Gennaio 2020 e D. Berardi, N. Valle, Più riciclo e meno rifiuti. L’economia circolare comincia anche da un diverso modo di concepire gli imballaggi, dicembre 2019