Dei 3,1 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione prodotti in Italia, la maggio parte finisce in discarica, solo una quota minoritaria viene avviata a recupero, ricavando energia e nutrienti. Lo racconta il report “Nutrienti ed energia dai fanghi: l’economia circolare alla prova dei fatti”, di Ref Ricerche.
C’è un caso in cui produrre rifiuti è un fatto positivo: è quello della depurazione delle acque reflue cittadine, i cui rifiuti – i fanghi di depurazione – possono essere avviati a recupero producendo energia e ricavando nutrienti. Infatti il ciclo idrico “si chiude” quando l’acqua prelevata dalla fonte torna in natura debitamente depurata: più la gestione delle acque è virtuosa e il sistema di depurazione efficiente ed efficace, tanto maggiore è la produzione di fanghi. Più fanghi si producono meglio è, perché vuol dire che gli scarichi sono trattati nel rispetto degli standard ambientali. Se poi – come racconta Ref Ricerche, che al tema ha dedicato il position paper “Nutrienti ed energia dai fanghi: l’economia circolare alla prova dei fatti” – vengono trattati correttamente, i benefici ambientali sono evidenti, soprattutto per la tutela della vita nei fiumi e nei mari.
18 mila depuratori e 1,6 milioni di persone ancora senza
In Italia, spiega il documento della società di ricerca e consulenza, sono in esercizio oltre 18 mila impianti di depurazione delle acque reflue urbane, un numero che, pur in aumento, non è tuttavia sufficiente a soddisfare i fabbisogni della popolazione: ancora oggi, 1,6 milioni di italiani vive in aree prive di depuratore – fatto che ci è costato un procedure di infrazione da parte dell’Unione europea.