In Italia, in anticipo rispetto al resto d’Europa, si va verso l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili. L’analisi di Ref ci dice che non siamo pronti: gli impianti di raccolta attrezzati sono pochi, manca una strategia di valorizzazione dei rifiuti e politiche di incentivazione sui materiali riciclati.
“A meno di due mesi dall’avvio dell’obbligo sulla raccolta differenziata dei rifiuti tessili in Italia c’è sconcerto, perché non ci sembra che il Paese sia pronto. Alla semplice raccolta manca una vera cabina di regia”. Antonio Pergolizzi, analista ambientale e collaboratore di EconomiaCircolare.com, da tempo lancia l’allarme. Ora un rapporto stilato col laboratorio Ref mette in fila le problematicità e le proposte per creare una vera filiera del riciclo.
Il Piano d’Azione per l’Economia Circolare, approvato dal Parlamento europeo lo scorso 10 febbraio, prevede che la strategia per l’economia circolare sia applicata anche al settore tessile da tutti i Paesi europei entro il 2025. Anticipando i tempi però, l’Italia, con il decreto legislativo n.116, ha istituito l’obbligo di raccogliere separatamente questi rifiuti. La domanda è sempre quella: se non siamo pronti, cosa succederà tra un mese e mezzo?
“Personalmente non credo ci saranno grandi cambiamenti in quella data non essendo stato istituito un regime di EPR (responsabilità estesa del produttore) e nemmeno un target di raccolta differenziata – spiega Andrea Fluttero, presidente E.C.O. srl -. Penso che nei Comuni nei quali non sia ancora attiva la raccolta di questa frazione, che si è consolidata negli anni grazie alle tante cooperative sociali che la propongono, saranno installati alcuni cassonetti per ottemperare all’obbligo, peraltro non sanzionato in caso sia disatteso”.