La guerra in Ucraina ha messo in luce in modo ancora più evidente la forte dipendenza italiana dal gas russo. Una situazione che rende l’economia della Penisola più vulnerabile rispetto ad altri paesi avanzati. Per questo il governo con il decreto energia varato nelle scorse settimane ha deciso di dare una accelerata sulla produzione di metano dai pozzi italiani. Si punta ad aumentare le estrazioni di poco più di 2 miliardi, raddoppiando quasi la quota di gas preso dal territorio nazionale. Una quantità che comunque resta relativamente marginale rispetto ai circa 73 miliardi di metri cubi consumati complessivamente in Italia lo scorso anno provenienti quasi interamente dall’estero.

IL PIANO
La direzione presa dal governo per fronteggiare il caro-bollette contrasta comunque con le prescrizioni contenute le Pitesai, sigla abbastanza oscura che sta per “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee”, varato dal ministero per la Transizione ecologica solo pochi giorni prima del decreto energia dopo una attesa di qualche anno. Il piano è finalizzato «a individuare un quadro di riferimento delle aree, a terra e a mare, ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi» definendo inoltre la «“compatibilità” delle attività esistenti con il territorio interessato, secondo valutazioni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse». Il documento supera quindi la moratoria sulle trivellazioni che era stata introdotta tre anni fa proprio in attesa della messa a punto del piano. Le nuove linee guida però vanno sostanzialmente nella direzione di ridurre le estrazioni nella Penisola non di aumentarle perché restringe le aree dove sono consentite nuove esplorazioni (anche se secondo le associazioni ambientaliste lo fa in modo insufficiente).

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