In Italia il numero di famiglie povere è costantemente cresciuto negli ultimi 10 anni. Anche le tariffe del servizio idrico sono aumentate, chiamando a forme di intervento sociale più capienti. Dal 2021 il bonus idrico nazionale è riconosciuto in modo automatico, raggiungendo 3,2 milioni di famiglie. L’agevolazione è stata estesa alle quote variabili di fognatura e depurazione e ora copre circa 26% della bolletta. Dove è stato istituito il bonus integrativo locale porta il sostegno a oltre il 60% della bolletta. Purtroppo, il bonus integrativo locale è previsto solo per un italiano su tre.

Povertà diffusa: la difficoltà a pagare le bollette

Ogni anno, all’annuncio sui dati della povertà in Italia, dai media e dall’opinione pubblica trapela un certo stupore per un fenomeno che si ritiene non possa più toccare una società del benessere come la nostra.  I poveri, tuttavia, esistono e secondo l’ISTAT sono circa 5,6 milioni di persone, il 7,7% delle famiglie (2020). Una condizione che negli ultimi quindici anni si è progressivamente ampliata con un aumento di tutti gli indicatori di povertà e disagio sociale: la crisi del 2008 con i suoi profondi e lunghi strascichi, l’austerity necessaria per rimettere in sesto i conti dello Stato e gli effetti della pandemia ci hanno resi più fragili dal punto di vista economico. Con una distribuzione della povertà che, ancora una volta, spezza in due la Penisola, con il Mezzogiorno a ospitare il maggior numero di famiglie in condizioni estremamente precarie.

Le ristrettezze in cui molti versano si ripercuotono – e non poteva che essere così – anche sulla possibilità di pagare le bollette per servizi essenziali, come energia elettrica, gas, rifiuti e naturalmente, servizio idrico. Si parla dunque di water poverty, o incapacità delle famiglie meno abbienti di sostenere un costo crescente della fornitura di acqua potabile.

Ma quanto costa il servizio qui da noi? Nel 2021, la bolletta idrica di una famiglia di 3 persone che consuma 150 mc di acqua in un anno è pari a 316 euro; una cifra più bassa nelle regioni del Nord (269 euro/anno) e più elevata in quelle del Centro (357 euro/anno) e del Sud e Isole (373 euro/anno).

Se si guarda all’andamento delle tariffe, negli ultimi 10 anni le bollette del servizio idrico sono cresciute del 65%, ovvero circa del 50% in termini reali: un aumento medio del 4% all’anno. Non poco in termini assoluti, ma non bisogna dimenticare che questa crescita è la naturale conseguenza dei ritardi accumulati nei precedenti 20 anni di politica delle tariffe, di mancati investimenti e di gestioni lontane da una logica finalmente industriale.  

Ad ogni modo, il tasso di morosità – cioè la quota di chi non paga – è andato ampliandosi: la percentuale di insoluti a 24 mesi si attesta al 4,3% nelle regioni del Nord Italia, sale al 5,5% nelle regioni del Centro e si impenna al 13,5% nelle regioni del Sud e nelle Isole (Utilitatis, 2019).

L’autorità ARERA si è trovata a un bivio: da un lato, vi era la necessità di allineare le tariffe ai costi del servizio e promuovere gli investimenti necessari a migliorarlo. Dall’altro, il desiderio di assicurare un percorso sostenibile alla tariffa del servizio idrico.

Il regolatore ha agito optando per il riconoscimento di una percentuale standard di insoluti, differenziata per area geografica, nella consapevolezza dei forti divari sociali ed economici presenti nel Paese. Cosa significa? Il tasso di insoluto è calcolato a 24 mesi e si applica sul fatturato dei due anni precedenti. I valori massimi riconosciuti nel MTI3 sono: 2,1% al nord, 3,8% al centro e 7,1% al sud e isole. Laddove la morosità ecceda questi valori, il mancato incasso diviene un costo non riconosciuto dalla tariffa, a totale carico del conto economico dei gestori del servizio.

Un problema che chiama in causa un’altra criticità presente nel settore idrico nazionale, ovvero il Water Service Divide tra Nord più evoluto e Sud ancora in stato di arretratezza. L’incidenza più elevata di famiglie povere nel Mezzogiorno si travasa in valori di “morosità involontaria”, dettata dallo stato di necessità, più elevati e crescenti, che si ripercuotono sull’equilibrio economico-finanziario delle gestioni idriche. A ciò si aggiunge il fabbisogno maggiore di investimenti del Mezzogiorno e delle Isole, necessario a ricucire i divari di qualità del servizio, che richiede un ulteriore aumento delle tariffe.

La tutela delle fasce più deboli della popolazione chiama dunque la necessità di strumenti dedicati, in grado di assicurare l’accesso all’acqua da parte di tutti i cittadini da un lato, e dall’altro sostenere una gestione industriale che si fondi sul principio di copertura dei costi efficienti da parte della tariffa.  Il bonus sociale idrico è parte della risposta a queste questioni.

Il bonus idrico nazionale: ora davvero per tutti

Per migliorare la sostenibilità della tariffa, nel 2017 ARERA ha, dunque, istituito due strumenti di contrasto alla povertà: il bonus idrico nazionale e il bonus integrativo locale, quest’ultimo disciplinato su base volontaria dagli Enti di Governo degli ambiti (EGA). In questo modo il regolatore ha allineato il servizio idrico all’esperienza dei settori elettrico e gas, in cui vige un bonus energia modulato in funzione del numero dei componenti e di valori soglia dell’indicatore ISEE. Infatti, ai 2 milioni di famiglie che versano in uno stato di povertà assoluta secondo ISTAT (dato 2020) si è aggiunto un numero pari a 1,2 milioni di famiglie che comunque convivono con qualche forma di privazione materiale e disagio economico, seppur meno gravi.

Una decisione importante ma che fino ad oggi ha faticato a tradursi in pratica. Infatti, nonostante si sia dimostrato uno strumento fondamentale per ridurre il disagio delle famiglie meno abbienti, la diffusione del bonus idrico nazionale, non ha mai raggiunto risultati pienamente soddisfacenti, tanto da spingere ad una rivisitazione delle modalità applicative degli stessi. Secondo i dati dell’ultima Relazione Annuale ARERA, nel 2020, circa 850mila famiglie hanno avuto accesso al bonus sociale elettrico, 540mila al bonus sociale gas e solo 460mila hanno chiesto e ottenuto il bonus sociale idrico: il sostegno sarebbe dunque stato erogato solo al 23% dei potenziali destinatari. Un dato che mette in luce la scarsa conoscenza dello strumento e, più in generale, documenta la mancanza di consapevolezza dei cittadini rispetto al servizio idrico e alle sue dinamiche, come più volte evidenziato nei nostri Position Paper (si veda il n. 166).

Da qui e per superare questi limiti nel 2021 è stato introdotto un meccanismo automatico di erogazione al sostegno, accompagnato da una rideterminazione del calcolo dell’agevolazioneche ne ha esteso il riconoscimento dalla sola quota variabile di acquedotto anche alle corrispondenti quote variabili di fognatura e depurazione (si veda Position Paper n. 122). Una misura che ha permesso di raggiungere le 3,2 milioni di famiglie sopra citate, con una copertura di circa il 26% dei costi della bolletta.

L’efficacia del bonus idrico

Quindi, quanto è efficace il bonus idrico nel sostenere l’accesso all’acqua delle famiglie povere?

Noi del Laboratorio REF Ricerche abbiamo effettuato una ricostruzione dell’incidenza del bonus idrico nazionale su un campione di 34,5 milioni abitanti (58% della popolazione) per i quali è disponibile l’articolazione tariffaria 2021: dall’analisi emerge che il bonus idrico nazionale copre una quota crescente della spesa annua al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare.

Nel caso della famiglia media di 3 componenti che consuma 150 metri cubi all’anno, il bonus idrico si attesta in media a 88 euro l’anno (come si diceva un abbattimento del 26% dei costi in bolletta).

Per quanto riguarda le quote fisse, al momento non coperte dal bonus idrico nazionale, incidono in misura maggiore sui bassi consumi e hanno un peso via via decrescente sulla bolletta al crescere di questi ultimi. Ne discende che nel caso di famiglie numerose, e con consumi non eccessivi, l’agevolazione delle quote variabili di acquedotto e l’intervento del bonus idrico nazionale consentono di abbattere la bolletta idrica in media del 32%.

Le agevolazioni alle utenze in condizioni di disagio seguono la logica della perequazione (gestito attraverso la Cassa per i servizi energetici e ambientali, CSEA) e sono pertanto finanziate da una maggiorazione dei corrispettivi del servizio di acquedotto, fognatura e depurazione applicati alle utenze non beneficiarie: una maggiorazione della quota variabile pari a 0,50 centesimi di euro al metro cubo per ciascuno dei segmenti di acquedotto, fognatura e depurazione (per un totale di 1,5 centesimi se si sommano i 3 comparti). Un valore che, complessivamente, corrisponde ad un contributo di solidarietà di 2,25 euro all’anno per la famiglia media.

Il bonus idrico locale. Uno strumento sottoutilizzato

Come anticipato, ARERA ha altresì demandato ai singoli territori,EGA e gestori, la facoltà di riconoscere un sostegno addizionale rispetto al bonus idrico nazionale, sulla base di criteri, requisiti e ammontare liberamente determinabili. Uno strumento che, tuttavia, sino ad oggi ha conosciuto una diffusione limitata: l’indagine da noi svolta indica che solo un terzo della popolazione italiana vive in territori in cui è stato istituito il bonus integrativo locale.

Con riferimento ai criteri di accesso, nella totalità dei casi censiti l’indicatore è l’ISEE: nella metà di essi ci si affida alle medesime soglie e criteri del bonus idrico nazionale, mentre nelle restanti si adottano soglie più elevate, nel desiderio di ampliare la platea dei beneficiari. Nelle esperienze “più generose” il bonus integrativo locale è riconosciuto sino ai 20 mila euro di ISEE.

A differenza del bonus idrico nazionale la cui erogazione avviene in modo automatico, il bonus integrativo locale è ancora riconosciuto su istanza dell’utente, secondo termini e condizioni stabiliti dall’Ente di Governo d’Ambito, in accordo con il gestore.

Tuttavia, a fronte di un criterio di accesso “universale”, l’indicatore ISEE, soglie differenziate, modalità di riconoscimento e importi differenziati per territorio sono i principali limiti alla diffusione del bonus integrativo locale.

Con riferimento all’ammontare possiamo rintracciare tre macro-casistiche: un ammontare fisso, una quota percentuale del consumo fatturato o una certa percentuale delle risorse disponibili.

Ad oggi la tipologia maggiormente diffusa è quella dell’importo fisso: il 60% della popolazione avente diritto al bonus riceve infatti l’agevolazione in bolletta calcolata come ammontare fisso, espresso in euro/anno, eventualmente differenziato per numero di componenti o valore dell’indicatore ISEE. Segue un 23% di popolazione che usufruisce di un’agevolazione commisurata ai consumi e,infine, un restante 17% che benefica di un’agevolazione calcolata in base alle risorse disponibili (fondi stanziati dal gestore il base al numero dei residenti nei singoli Comuni serviti) e del numero delle richieste pervenute.

L’insieme delle peculiarità descritte determina una forte eterogeneità sul valore del bonus integrativo locale nelle realtà esaminate: con riferimento alla famiglia tipo, con 3 componenti e un consumo annuo di 150 mc di acqua, si osservano valori che vanno da un minimo di circa 40 euro fino a oltre 300 all’anno, con una media di circa 80 euro. In generale, si hanno valori mediamente più elevati nelle Regioni del Nord, ma punte in alcuni territori del Centro Italia. Con riferimento ai territori del Sud e delle Isole, a parte i dati relativi alla Regione Sardegna, non si dispongono di sufficienti informazioni per stimare l’ammontare delle agevolazioni.

Come per il bonus idrico nazionale, una interessante lettura è quella che mette a confronto il valore del bonus integrativo locale rispetto alla spesa. Il bonus integrativo locale, in particolare, copre circa il 24% della spesa media annua per una famiglia di 3 persone, un sostegno equipollente a quello offerto dal bonus idrico nazionale.

Quindi, l’effetto dei due bonus congiunti, nazionale e locale, arriva a coprire fino al 60% della spesa annua per una famiglia con 5 componenti. Un sostegno importante, anche se ancora non risolutivo, nei confronti delle famiglie in difficoltà economica e che testimonia la volontà di assicurare una piena risposta ai temi dell’accesso all’acqua e della povertà idrica.

L’auspicio è che con il riconoscimento automatico del bonus idrico nazionale, previsto dal 2021, anche il bonus integrativo locale possa conoscere una diffusione. Rimane però ancora un passo da compiere, per tutti quei territori in cui il bonus integrativo locale viene erogato su istanza dell’utente, che è quello di estendere il riconoscimento del bonus integrativo locale ai beneficiari di quello nazionale.

(Si rimanda al testo integrale del Position Paper per unanalisi più approfondita del grado di diffusione del bonus integrativo locale)