L’industria idrica è chiamata a coniugare il miglioramento della qualità del servizio con l’efficienza. ARERA ha introdotto per il periodo 2020-2023 una matrice di schemi regolatori basata sulla distanza dalle frontiere di costo. L’analisi di questa prima sperimentazione può essere utile sia per comprenderne il funzionamento sia per suggerire qualche direzione di sviluppo per il periodo regolatorio 2024-2027
Maggiore efficienza, più benefici
Nessun risultato potrà dirsi davvero positivo se per raggiungerlo è stata sacrificata l’efficienza. Il raggiungimento dell’efficienza – operativa o gestionale – si è ormai posto sia come elemento irrinunciabile nello sviluppo di ogni processo sia come modalità per giungere all’accrescimento del benessere in generale. Quest’ultimo obiettivo può essere inteso come un “dividendo” di cui beneficia l’intero sistema economico. Per questi motivi non solo è importante studiare le modalità tramite le quali si accresce l’efficienza, ma anche indagare come i benefici si ripartiscono tra i vari portatori di interessi, mantenendo adeguati incentivi affinché l’efficienza sia perseguita, e divenga motore di equità e sostenibilità ambientale.
Ciò vale anche per il servizio idrico integrato (SII). In questo contesto, vi sono soggetti quali i cittadini-utenti e l’ambiente che possono godere dei vantaggi di una maggiore efficienza del sistema. Per esempio, i primi beneficeranno di un servizio di quantità e/o qualità superiore a fronte di una tariffa uguale o inferiore. L’ambiente, invece, trarrà giovamento dalla pressione del processo produttivo sugli ecosistemi. Anche gli operatori (gestori) partecipano ai benefici derivanti dalla ricerca dell’efficienza, ma nel caso dei servizi pubblici e locali è lecito credere che agiscano come abilitatori piuttosto che come beneficiari, trasferendo parte o totalità dei benefici ai mandatari del servizio (es. i cittadini, i territori) ovvero agli stakeholder che necessitano di protezione (l’ambiente, le generazioni future).
Nello specifico del SII, poi, è evidente come la ricerca dell’efficienza debba essere considerata uno dei pilastri imprescindibili, uno stimolo che non può essere lasciato solo all’impegno volontario degli operatori, ma un vero e proprio criterio guida alla base della spinta allo sviluppo industriale del settore, come già indicato nella Legge Galli dell’ormai lontano 1994.
Non solo. Come noto, il servizio idrico si presenta con una tipica configurazione di monopolio naturale a causa degli alti costi fissi legati alla costruzione delle infrastrutture, in particolare delle reti acquedottistiche e fognarie. Il monopolio ha tipicamente natura locale, rendendo problematico l’approvvigionamento da bacini idrografici diversi. In questo senso, le caratteristiche del territorio influiscono, sotto diversi aspetti, sui costi per assicurare la fornitura del servizio: gli oneri di potabilizzazione dipendono dalla tipologia di provenienza della risorsa captata (falda, superficie), mentre i costi di gestione della rete (es. i costi dell’energia) derivano dalle caratteristiche orografiche e di densità abitativa.
In questo contesto, inoltre, il gestore del servizio idrico fronteggia una domanda fondamentalmente inelastica (ossia che la quantità domandata da parte delle utenze non subisce variazioni al variare del prezzo), almeno nel breve periodo, in un ambito ad elevata intensità di capitale.
La scelta dell’assetto del settore si presenta dunque assai complessa dovendo rispondere tendenzialmente a tre obiettivi:
- l’efficienza economica del servizio, al fine di ridurne i costi
- il perseguimento di finalità sociali nell’accesso alla risorsa, anche attraverso sussidi rivolti alle fasce più deboli della popolazione
- la sostenibilità ambientale attuale e futura, con il fine di preservare l’equilibrio del territorio e la riproducibilità della risorsa.
È sulla base di queste motivazioni che il servizio idrico è regolamentato in modo pervasivo, anche se la forte eterogeneità delle esperienze internazionali testimoniano la difficoltà nel definire un modello ottimale di regolazione del comparto idrico.
Con l’avvio della regolazione indipendente – dal 2012 – l’Autorità ARERA ha introdotto i primi rudimenti di efficientamento nel meccanismo tariffario, nel pieno rispetto del principio del full cost recovery. Elementi però che in un contesto gestionale storicamente frammentato e sacrificato dalle scelte del passato non potevano giocoforza essere troppo incisivi. La soluzione del regolatore è stata dunque quella di affiancare al metodo tariffario una regolazione output based nelle performance di qualità del servizio fornito (con aspetti di sunshine regulation tesi a stimolare il confronto tra gestioni e la promozione delle migliori pratiche – si vedano Position Paper n. 179 e 116).
Tuttavia, come già sperimentato in Paesi con una regolazione più matura come quella inglese, il settore sta evolvendo verso un assetto industriale in cui la richiesta di efficienza operativa diviene via via più stringente. Ed è in questo senso, che ARERA ha introdotto un meccanismo esplicito di efficientamento nell’ambito del terzo periodo regolatorio 2020-2023 che presenta caratteristiche peculiari. Un meccanismo però ancora “acerbo” e che potrà evolvere in maniera più o meno incisiva, anche alla luce dei risultati di questa prima applicazione.
Infatti, l’analisi dell’efficienza dei gestori italiani restituisce margini di miglioramento importanti. La distanza media nazionale dalla frontiera efficiente stimata dal modello si attesta attorno al 20%: come dire che si potrebbe ottenere lo stesso risultato in termini di quantità e qualità del servizio, con un livello dei costi inferiore di circa un quinto. Tuttavia, la situazione nazionale è piuttosto eterogenea: lo studio puntuale degli score di efficienza stimati dai modelli econometrici permette di appurare con precisione quali sono i fattori che maggiormente concorrono a determinare le prestazioni dei gestori.
Una prima considerazione che si può fare circa il grado di efficienza riguarda la distribuzione dimensionale dei gestori: laddove la popolazione servita è maggiore, si osserva anche un più elevato livello di efficienza. Dunque, le gestioni con più di 700.000 abitanti serviti presentano un grado di inefficienza pari al 14% circa, valore che sale al 28% per le gestioni con meno di 250.000 abitanti serviti. È interessante osservare che le gestioni piccole sono caratterizzate da un grado di inefficienza che non sembra discendere dalla localizzazione geografica, essendo pressoché uniforme lungo le tre macroaree territoriali. Mentre nel caso delle gestioni sopra i 250.000 abitanti serviti le performance tendono a divaricarsi, in favore delle regioni settentrionali.
Per quello che riguarda la distribuzione geografica dei gestori, si osserva che le aziende di dimensioni maggiori (top) localizzate al Nord, hanno un livello di efficienza maggiore (13% dalla frontiera efficiente). Le gestioni del Centro Italia appaiono invece essere caratterizzate da un grado di efficienza minore, indipendentemente dalla dimensione del bacino servito, ad eccezione delle piccole gestioni, laddove però la scarsità delle osservazioni disponibili rischia di risultare in bias e distorsioni. I risultati relativi al Mezzogiorno, invece, sono sicuramente influenzati dall’esiguo numero di osservazioni disponibili, le quali sono anche riferite a gestioni di maggiori dimensioni e a carattere industriale, restituendo così una fotografia parzialmente distorta del reale stato di efficienza delle gestioni del Sud.
A questo punto, due possono essere i percorsi di evoluzione partendo dall’attuale regolazione: stimare una nuova frontiera di costo efficiente e utilizzare un diverso target rispetto ai costi operativi. L’analisi degli score di efficienza presentata nella versione estesa di questo Position Paper racconta alcuni limiti nella modellistica in essere, e che dunque appaiono come ambiti di potenziale miglioramento della stessa. La relazione negativa fra RAB (Regulatory Asset Base) ed efficienza ne è un esempio. Quale incentivo ad investire per i gestori, se poi questo risulta in un peggioramento del giudizio di efficienza? Oppure ancora: se la qualità contrattuale non ha ricadute sull’efficienza e sui costi, non significa che questa dimensione non debba essere promossa anche in un ambito di ricerca dell’efficienza. Inserire più variabili connesse con il tema della qualità, tecnica e commerciale, nella stima della frontiera dei costi potrebbe risultare in un meccanismo premiante verso quei gestori che degli investimenti hanno fatto un loro “pilastro gestionale”. La presenza di relazioni che legano caratteristiche morfologiche del gestore (es. la presenza di Comuni litoranei fra i comuni appartenenti ad un gestore) allo score di efficienza, suggerisce che tale caratteristica debba essere presa in considerazione nella stima della frontiera, proponendo un miglioramento dell’indicatore parametrico per la popolazione fluttuante.
Nella regolazione attuale proposta da ARERA sono i Costi Operativi (OPEX) a essere il cardine su cui innestare il processo di efficientamento. Ciò potrebbe risultare in due distorsioni. Innanzitutto, il concentrare le operazioni di efficientamento esclusivamente su una quota dei costi, con riferimento particolare ai COtot. In secondo luogo, il meccanismo regolatorio cosiddetto “price cap + rate of return” genera una forte spinta a realizzare investimenti: tale fenomeno è pienamente coerente con la contestualizzazione storica in cui l’MTI-3 è stata proposta, ossia con la necessità di “alimentare il motore degli investimenti”. Tuttavia, a maturazione del settore, potrebbe generare incentivi al sovra-investimento.
Innovare quindi l’intero quadro regolatorio riconfigurando il meccanismo di efficientamento tramite la valutazione dei Totex può essere coerente con l’avvento di una regolazione più matura e orientata all’innovazione. Inoltre, mutuare le esperienze del modello inglese, articolato attorno ai Totex, consentirebbe di realizzare un quadro regolatorio nuovo, capace di integrare la pianificazione industriale con bisogni e auspici degli stakeholder, al fine di contemperare la ricerca dell’efficienza con la voce dei territori. Pur tuttavia, occorre considerare che ancora oggi il Servizio Idrico Integrato in Italia si pone in una fase di transizione verso assetti di governance e industriali non ancora compiuti, e con una regolazione impegnata a sostenere la riduzione della frammentazione gestionale e la chiusura dei divari territoriali di qualità. Visto da questa prospettiva il SII beneficerebbe in misura maggiore di un consolidamento delle regole di ingaggio, rimandando ad un momento futuro l’approdo a forme di regolazione più mature e incentivanti. Quella del raggiungimento dell’efficienza è la sfida cui è chiamato oggi il servizio idrico: è questo uno dei pilastri del prossimo MTI-4 per il quarto periodo regolatorio 2024-2027.