Avere affidato all’Arera la regolamentazione e la vigilanza sul servizio dell’acqua ha portato notevoli vantaggi: rimesso in moto gli investimenti, favorito il recupero dei costi senza eccessi tariffari. Con più gradualità e meno forzature di quanto in Inghilterra e Galles ha fatto l’Ofwat. Lo afferma uno studio di Ref che guarda anche al futuro di Autostrade
Se il Ponte Morandi di Genova fosse stato affidato al controllo di un’Authority indipendente, sarebbe ugualmente crollato? E’ lecito dubitarne. Perché? Prendendo ad esempio la vicenda dell’acqua affidata dal 2012 alla regolamentazione e controllo dell’Autorità per l’Energia. Sei anni dopo, il giudizio sul lavoro svolto è decisamente positivo: i prezzi si sono riallineati ai costi, la qualità è migliorata grazie alla ripresa degli investimenti, è stato introdotto un bonus per sostenere le fasce più disagiate. A promuovere a piene mani l’attività dell’Arera (Autorità indipendente per Energia, reti e Ambiente) è uno studio dil Ref.ricerche, il laboratorio fondato a suo tempo da Carlo Dell’Aringa per indagare su settori che vanno dalla finanza pubblica, alle infrastrutture, ai prezzi.
30 ANNI DI REGOLE IN INGHILTERRA E GALLES
Per valutare l’operato della nostra Authority i ricercatori di Ref hanno messo a raffronto l’esperienza realizzata in Inghilterra e Galles con Ofwat, l’Authority pubblica indipendente che ha preso in mano il settore dell’acqua nel 1991 ed è considerata un punto di riferimento in Europa. Le differenze tra la situazione italiana e quella inglese sono abissali: sostanzialmente il nostro Paese ha 30 anni di ritardo rispetto all’Inghilterra; non solo, ma mentre oltre Manica Ofwat si è trovata di fronte dieci gestori, qui Arera ne ha dovuti fronteggiare un migliaio, quasi tutti piccoli o micro, fatta eccezione per le grandi utility come Hera, Acea, Iren che si contano sulle dita di una mano. Risultato? “L’allievo ha superato il maestro” è il verdetto di Ref che spiega il perché.
“In Inghilterra e Galles – si legge nelle conclusioni della ricerca – nei primissimi anni seguiti alla privatizzazione (avvenuta nel 1989 e seguita dal Water Act del 1991) la priorità è stata sin da subito data al rilancio degli investimenti. Il modello inglese ha avuto il pregio di assicurare immediatamente e per lungo tempo un ingente flusso di risorse finanziarie a sostegno degli investimenti delle gestioni. Tuttavia l’Autorità inglese è stata aspramente criticata per alcune scelte troppo generose che possono avere sostenuto i profitti delle gestioni a discapito degli utenti”. E in Italia? Qui Arera ha intrapreso “ un percorso di recupero dei costi del servizio e di adeguamento delle tariffe a lungo compresse per motivi di consenso, operato scelte in grado di fare ripartire gli investimenti oltre che a migliorare la qualità del servizio”. L’approccio italiano “ha privilegiato la gradualità senza forzature” anche per la forte attenzione sul settore dell’acqua sottoposto anche a referendum e afflitto da polemiche interminabili. L’impalcatura disegnata dall’Area insomma, spiega lo studio Ref, è riuscita a disegnare un quadro di regole prudenti e graduali che ha funzionato, dati alla mano, e evitato aumenti ingiustificati dei prezzi promuovendo invece investimenti necessari in un settore profondamente arretrato (salvo alcune eccezioni).