L’intervento di Donato Berardi, Antonio Massarutto e Samir Traini su Lavoce.info.

Anche il Rapporto Asvis cade nella trappola di attribuire le carenze del sistema idrico al mancato rispetto della volontà popolare espressa col referendum del 2011. Mentre la responsabilità è di chi ancora si oppone al processo di modernizzazione.

Il sistema idrico nel Rapporto Asvis

L’Associazione italiana sviluppo sostenibile (Asvis) è una meritoria organizzazione non governativa che si è posta l’obiettivo di monitorare il percorso, tortuoso e accidentato, che deve portare l’Italia a raggiungere gli impegnativi traguardi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. I rapporti di Asvis sono da anni un punto di riferimento prezioso perché offrono in modo indipendente una disamina attenta dei risultati raggiunti e di quelli ancora da raggiungere, agendo come stimolo alle politiche pubbliche e all’azione dei governi.

Dell’Agenda 2030 fa parte anche un obiettivo specificamente riferito alle risorse idriche, ed è di questo capitolo del denso Rapporto Asvis 2021 che vogliamo qui discutere.

Il rapporto snocciola i dati che fotografano le molte carenze che affliggono il settore, ancora parecchio distante dagli obiettivi di sostenibilità, soprattutto per quel che riguarda l’impatto degli usi antropici sugli ecosistemi idrici (“anche la cacca è un bene comune”, avrebbe chiosato Giacomo Vaciago).

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